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Gaza, il gabinetto israeliano approva il piano di espansione dell'offensiva: prevista l'occupazione della Striscia

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Di Michela Morsa & Euronews Agenzie: AP
Pubblicato il Ultimo aggiornamento
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Da quando Israele ha ripreso le operazioni nella Striscia violando il cessate il fuoco a metà marzo, l'Idf ha preso il controllo di ulteriori territori dell'enclave, che ora ammontano a circa il 50 per cento di Gaza

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Nella notte tra domenica e lunedì il gabinetto israeliano ha approvato all'unanimità un piano per espandere le operazioni militari nella Striscia di Gaza, hanno dichiarato diversi fonti informate sui fatti ai quotidiani israeliani. Poche ore prima della votazione, il capo dell'esercito israeliano aveva dichiarato che l'Idf stava richiamando decine di migliaia di riservisti.

Secondo quanto riferito, il piano prevede, tra le altre cose, la "conquista" dell'intera Striscia e il mantenimento dei territori occupati per un periodo di tempo non specificato, lo spostamento della popolazione verso sud, la negazione ad Hamas della possibilità di distribuire rifornimenti umanitari e attacchi violenti contro i miliziani palestinesi.

Da quando Israele ha ripreso le operazioni nella Striscia violando il cessate il fuoco a metà marzo, l'Idf ha preso il controllo di ulteriori territori dell'enclave, che ora ammontano a circa il 50 per cento di Gaza.

Secondo i funzionari israeliani il nuovo piano dovrebbe aiutare Israele a raggiungere i suoi obiettivi di guerra: sconfiggere Hamas e liberare gli ostaggi detenuti a Gaza.

Come riporta Channel 13, il capo di Stato maggiore israeliano Eyal Zamir ha avvertito i ministri del governo che la nuova operazione potrebbe mettere in pericolo gli ostaggi. "Con un piano per una manovra su vasta scala, non necessariamente raggiungeremo gli ostaggi. Tenete presente che potremmo perderli", ha detto Zamir, secondo cui i due obiettivi della guerra "sono problematici l'uno in relazione all'altro".

Inoltre, l'espansione delle operazioni costringerebbe centinaia di migliaia di palestinesi a fuggire e stiparsi nel sud della Striscia ancora una volta, aggravando una crisi umanitaria già molto grave.

A inizio marzo Israele ha bloccato l'ingresso tutti gli aiuti umanitari nella Striscia, compresi cibo, carburante e acqua, scatenando quella che si ritiene essere la peggiore crisi umanitaria in quasi 19 mesi di guerra. Il blocco degli aiuti ha provocato una fame diffusa e la carenza di cibo ha scatenato i saccheggi.

Sarebbe stato approvato anche un piano per tornare a far entrare aiuti umanitari nell'enclave, ma con la distribuzione affidata ad aziende private. Il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir ha votato contro.

Il piano sarà attuato gradualmente dopo la visita del presidente degli Stati Uniti Donald Trump nella regione la prossima settimana. Fino ad allora, secondo le fonti citate dai media israeliani, si cercherà di raggiungere un accordo con Hamas.

La forte pressione esercitata da Tel Aviv sulla Striscia negli ultimi due mesi per indurre Hamas ad accettare condizioni più svantaggiose non ha finora smosso il gruppo dalle sue posizioni negoziali.

La risposta di Onu e Hamas al piano per gli aiuti umanitari

L'agenzia delle Nazioni Unite responsabile del coordinamento dell'ingresso degli aiuti umanitari a Gaza ha respinto il piano israeliano che intende cambiare radicalmente le modalità di ingresso e distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza.

Il piano prevede che venga abbandonata la distribuzione all'ingrosso e l'immagazzinamento degli aiuti e che, invece, organizzazioni internazionali e appaltatori di sicurezza privati distribuiscano il cibo alle singole famiglie, rappresentate ognuna da una sola persona che sarà controllata dall'Idf e raggiungerà i luoghi di distribuzione, dopo che la popolazione del nord e del centro della Striscia sarà evacuata nella zona tra i corridoi Morag e Filadelfia. 

L'Idf non sarà direttamente coinvolte nella distribuzione degli aiuti, ma le truppe avranno il compito di fornire un livello di sicurezza esterno per gli appaltatori privati e le organizzazioni internazionali che distribuiscono l'assistenza.

Anche Hamas ha commentato il nuovo piano israeliano, dicendo che equivale a un "ricatto politico".

"Rifiutiamo l'uso degli aiuti come strumento di ricatto politico e sosteniamo la posizione delle Nazioni Unite contro qualsiasi accordo che violi i principi umanitari", ha dichiarato Hamas, aggiungendo che "il continuo ostruzionismo all'ingresso degli aiuti" da parte di Israele dal 2 marzo lo ha reso "pienamente responsabile" della "catastrofe umanitaria" a Gaza.

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