Canarie, la nuova frontiera dell'immigrazione in Europa

Canarie, la nuova frontiera dell'immigrazione in Europa
Diritti d'autore euronews
Diritti d'autore euronews
Di Valérie Gauriat
Condividi questo articoloCommenti
Condividi questo articoloClose Button
Copia e incolla il codice embed del video qui sotto:Copy to clipboardCopied

Al largo delle coste africane, le Isole Canarie sono diventate un nuovo vicolo cieco per i migranti, e la pandemia ha reso la situazione ancora più difficile sia per loro che per la popolazione dell'arcipelago spagnolo.

**Al largo delle coste africane, le Isole Canarie sono diventate un altro vicolo cieco per i migranti, e la pandemia ha reso la situazione ancora più difficile sia per loro che per la popolazione dell'arcipelago spagnolo. **

Canarie, carcere d'Europa

Il porto di Tenerife, nelle isole Canarie, è un importante snodo turistico. Ma non solo. Ogni notte le forze dell'ordine vanno alla ricerca di migranti nascosti nei camion in procinto di imbarcarsi per il continente. Decine di uomini vengono trovati ogni notte nei container. Alcuni ce la fanno, gli altri ci riproveranno domani.

La maggior parte viene rimandata sulle alture dell'isola, dove si trova il più grande centro di accoglienza per migranti dell'arcipelago spagnolo. I media non sono autorizzati a entrare. Ma si percepisce una cupa atmosfera. Un accampamento è stato improvvisato proprio di fronte all'ingresso.

Un simbolo, dice Roberto Mesa, che fa parte di un gruppo di abitanti dell'isola che vengono qui a dare una mano: "Volevano protestare per le condizioni all'interno. E perché sono nelle Canarie da mesi e nessuno ha detto loro che cosa succederà. Alcuni hanno il passaporto, altri hanno chiesto asilo e hanno una lettera d'invito da parte di parenti che possono ospitarli. Ma anche così non li lasciano viaggiare. Hanno trasformato le Canarie nel carcere dell'Europa".

Più di 20 mila persone partite dalla costa settentrionale dell'Africa sono sbarcate l'anno scorso nelle Canarie. Molti sono stati accolti dagli hotel di Gran Canaria, perché i centri d'accoglienza erano al limite delle loro capacità. In migliaia sono poi stati rimpatriati o sono riusciti a entrare nel continente. Quelli rimasti sono bloccati dal lockdown.

Sospesi fra espulsione e integrazione

Calvin Lucock e sua moglie Unn Tove Saetran, che gestiscono diverse attività commerciali sull'isola, hanno deciso di aprire le porte a giovani come Ousmane, arrivato dal Senegal sette mesi fa con un sogno: dare un futuro alla sua famiglia. Ousmane ci mostra le foto della moglie e della figlia nata da poco: "Il giorno in cui è nata ero qui a Gran Canaria - racconta -. Non l'ho ancora vista. Ecco perché voglio farcela a tutti i costi".

Ousmane non si perde mai una lezione dei corsi di lingua proposti in albergo. È in attesa di una risposta alla domanda d'asilo che ha presentato. Anche lui, come molti altri, sogna di andare a vivere sul continente. 

Per aiutare questi giovani a costruirsi una vita migliore, la coppia che li ha presi sotto la sua ala protettrice ha lanciato una fondazione, Canaria Mama Africa. È così che i loro ospiti chiamano la donna che considerano come una seconda madre. Per Calvin non ci sono molte opzioni: "Vedo solo due soluzioni alla sfida che abbiamo di fronte a noi. Mi rendo conto che l'espulsione è una di queste soluzioni. Ma anche l'integrazione è molto importante. Non fare nulla non è una soluzione perché poi si finisce con persone che vivono per strada, e allora diventa una sfida diversa".

Bloccati e indesiderati

Una sfida di troppo per una parte della popolazione locale. Alexis Julius Bosse, detto Alex, un membro del partito spagnolo di estrema destra Vox, riceve regolarmente reclami da residenti che sostengono che le loro vite sono sconvolte dalla presenza di stranieri indesiderati. Ci fa visitare un quartiere di Gran Canaria in auto, spiegando: "Questa è una zona residenziale, era una zona molto tranquilla, fino all'apertura di diversi centri di immigrati illegali. I vicini hanno paura a camminare nei pressi delle loro case. Qui a destra c'è il convento dei Gigli, che è stato convertito in un centro per 93 immigrati illegali".

Un'abitante del quartiere ci parla, ma sotto anonimato per timore di rappresaglie. Ci porta in terrazza e indica il muro di fronte: "Qui è dove ho la vista sul convento. All'altezza della prima finestra, dove ci sono i monitor, c'è una grande stanza dove ci sono sempre conflitti, litigano, con loro ci sono sempre problemi". Più lontano, ci mostra un altro luogo per lei problematico: "Quella casetta lì è un luogo di tossicodipendenza. Perché qui bevono, si drogano... Non mi sento sicura! Ogni volta che esci da casa, possono prenderti, derubarti, violentarti e così via. E non siamo abituati a vivere così. È una situazione davvero esasperante".

Un'Europa assente e una pandemia troppo presente

La tensione ha raggiunto l'apice alcuni mesi fa, quando sono stati segnalati attacchi di residenti contro migranti nei pressi di un'ex scuola trasformata in un centro d'accoglienza. Da allora la situazione si è calmata. Ma per Alex ci vogliono misure più forti da parte dello Stato spagnolo e dell'Unione europea per evitare situazioni di questo tipo: "La prima cosa che dobbiamo esigere è di fermare il traffico di esseri umani, confiscando le navi madri. D'altro lato, usarci per impedire ai migranti di entrare in Europa non è una soluzione. L'unico risultato che genera è un enorme spreco di fondi pubblici pagati dai contribuenti, mentre anche qui, nelle Canarie non c'è lavoro".

Per il rappresentante del governo spagnolo alle Canarie, Anselmo Pestana Padrón, va implementato il patto europeo sull'immigrazione e l'asilo: "L'Europa non può guardare ai territori di frontiera come se fosse solo un problema loro. È un problema dell'Europa. E se c'è un territorio le cui capacità non reggono, e questo può generare un problema sociale, visto che questa crisi migratoria coincide con una crisi economica anche nelle Canarie, l'Europa dev'essere solidale".

Una crisi in mezzo alla quale, comunque, un gruppo di volontari riesce a distribuire cibo ai più bisognosi. Roberto Gil, della Plataforma Somos Red Las Palmas, conferma: "I cittadini e le cittadine non hanno le risorse per condividere cibo e vestiti, siamo saturi. Non possiamo tenere la gente per strada, a dormire in strada, vivere in strada, mangiare in strada. Perché è una bomba a orologeria, ed esploderà".

Molto è dovuto alle restrizioni causate dalla pandemia. Doua, come molti altri, dorme in spiaggia. Ha cercato di lasciare l'isola quattro volte, con tutti i documenti necessari. Ma ogni volta è stato respinto. Ci mostra il biglietto aereo per la Spagna e la richiesta d'asilo, tutto in regola. Viene da un villaggio di pescatori in piena crisi a causa dei grossi pescherecci internazionali che non lasciano più spazio - né pesce - ai residenti. Dice di non avere scelta: "Se in Senegal ci fosse lavoro, resteremmo là! Ma in Senegal non c'è lavoro, non ce n'è per niente! Chiediamo solo al governo spagnolo: lasciateci partire, aiutateci a lasciare quest'isola, per favore!"

Condividi questo articoloCommenti

Notizie correlate

Canarie: il vulcano di Las Palmas non si placa, 5.000 evacuati

Alle Canarie una mostra fotografica racconta 20 anni di migrazioni

Focolai di Covid-19 nei centri d'accoglienza in Bosnia