Un anno dopo l'Aquarius: l'UE ancora in alto mare

Un anno dopo l'Aquarius: l'UE ancora in alto mare
Di Elena Cavallone
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A giugno scorso il premier Conte si diceva soddisfatto per aver mobilitato i leader europei a trovare una soluzione comune per gestire la questione migratoria. Un anno dopo nulla è cambiato.

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Giugno 2018: la nave Aquarius trascorre 10 giorni nel Mediterraneo prima di essere autorizzata a sbarcare con più di 600 migranti in Spagna. Un anno dopo: stesse acque, un'altra nave di un'altra ONG con altri migranti si trova nella stessa situazione. La Sea Watch 3 dopo 14 giorni in mare chiede di poter sbarcare i 42 migranti a bordo a Lampedusa. I porti sono chiusi e il personale della ONG rischia di essere arrestato.

Le ONG che operano nel Mediterraneo oggi più di ieri incontrano forti resistenze da parte dei governi europei. Medici senza frontiere denuncia che sono diventate i capri espiatori dell'Unione europea.

"Le politiche europee migratorie hanno fallito e quindi adesso la colpa di questa situazione viene addossata alle ONG", esclama Aurelie Ponthieu di Medici senza frontiere.

Lo scorso giugno i governi dell'UE hanno annunciato di voler riformare il sistema di quote per la distribuzione dei richiedenti asilo tra gli stati membri.

Hanno inoltre pianificato di creare dei centri di smistamento al di fuori dell'Europa per pre-analizzare le richieste di asilo. Un'altra soluzione era quella di aprire dei centri di accoglienza nei paesi europei per fornire assistenza a quei paesi del Sud, maggiormente coinvolti dai flussi migratori.

Nessun accordo è stato raggiunto.

Al contrario, gli stati membri si sono scontrati ad ogni nuovo sbarco. La Commissione europea ha cercato di mediare caso per caso, spiega Sergio Carrera del centro per gli studi europei.

"Stiamo facendo un passo indietro nella cooperazione europea. Stiamo creando una solidarietà parziale. Ciò a cui dobbiamo mirare è una solidarietà equa, tutti gli Stati membri devono essere coinvolti e impegnati in una responsabilità che appartiene a tutti i membri Schengen".

Commissione europea ha proposto una riforma del regolamento di Dublino per mitigare il criterio del primo paese di ingresso, che impone allo Stato membro di primo arrivo di farsi carico della procedura legata alla domanda di asilo.

Approvato dal Parlamento europeo, il testo è stato bocciato dai governi europei. Nonstante i trattati europei prevedano una maggioranza qualificata per decidere su questo tema, l'allora presidenza austriaca del Consiglio europeo opto' per la decisione unanime. L'opposizione dei paesi del gruppo di Visegrad fece il resto per affossare la riforma, spiega Carrera.

Ed eccoci qui un anno dopo il caso Aquarius, a fare i conti: da giugno 2018 più di mille persone sono morte nel Mediterraneo. Nonostante il numero di migranti in arrivo in Europa sia diminuito, nelle ultime elezioni europee il contrasto all'immigrazione è stata una delle ragioni che hanno determinato la vittoria dei partiti nazionalisti in paesi come l'Italia.

"Non possiamo permetterci, come ha fatto il governo italiano in questi anni, di importare 700.000 clandestini che poi dovevano esere distribuiti tra gli altri stati membri perché così non funziona, perché gli altri paesi europei ti dicono di no. O l'Europa capisce che è tempo di risolvere il problema alle radici, oppure ci ritroveremo con altri casi Aquarius e altri casi Sea Watch", commenta l'eurodeputata leghista Mara Bizzotto.

I leader europei questa settimana si riuniscono a Bruxelles. L'immigrazione non sarà all'ordine del giorno, bensi' le nomine delle maggiori cariche europee. La speranza per molti è che la nuova presidenza del Consiglio europeo, guidata dalla Finlandia, rimetta al centro la questione migratoria e riesca a proporre un approccio integrato a un problema che non può più essere risolto caso per caso.

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