Continuano a chiamarlo Terence Hill

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Di Claudio Rosmino
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Gli 80 anni di una delle ultima star italiane di fama internazionale. L'attore fra poche settimane inizierà la dodicesima stagione di "Don Matteo". La storia dell'uomo, dell'attore, dell'amicizia con Bud Spencer

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Gli occhi di ghiaccio del cinema italiano compiono 80 anni. Dietro quello sguardo, non solo un attore, ma un’autentica icona: Terence Hill.

Trinità, Nessuno, Il Magnifico, Mister Miliardo, Poliziotto Superpiù, Don Camillo, Renegade, Don Matteo... Tante identità, ma un marchio di fabbrica fisso: una persona modesta e perbene, un attore professionale e appassionato.

Terence Hill compie 80 anni in gran forma. Fisico e sguardo sono ancora quelli del malizioso cowboy che con una rapida smorfia passava da un simpatico sorriso a un’espresione severa, che magari precedeva uno sganassone.

In questo articolo vi vogliamo raccontare l’attore e l’uomo, in un modo diverso, più approfondito, svelandovi aspetti inediti lontani dai soliti cliché su scazzottate e fagioli.

QUASI 70 ANNI DI CINEMA E TV

Dal suo esordio a 12 anni in “Vacanze col gagster” (1951) di Dino Risi, alla sua ultima pellicola per il grande schermo, “Il mio nome è Thomas” (2018), dedicato all’amico Bud Spencer, sono passati quasi sette decenni, cadenzati da una quarantina di apparizioni in ruoli minori, come Mario Girotti (il suo vero nome), oltre 30 film per il cinema e sei serie televisive, tra cui “Don Matteo”.

I suoi percorsi umano e professionale si racchiudono in una parola: coerenza. Dall'incredibile successo della coppia con Bud Spencer alle interpretazioni da solo, Terence Hill non ha mai tradito né i suoi fan, né il suo modo di fare l’attore.

L’uomo, nettamente più riservato del personaggio, non è stato da meno; votato ai valori della famiglia, dell’amicizia, dello sport, ha sempre vissuto la celebrità con un profilo da antidivo, proteggendo la sua vita privata e senza mai essere protagonista di scandali o dire frasi fuori luogo.

1967: IL DOPPIO INCONTRO CON L’AMICO E LA SPOSA DI UNA VITA

Il legame tra i mondi di Mario Girotti e Terence Hill si ritrova in un doppio incontro: nel 1967, sul set del western “Dio perdona, io no”, incontra Carlo Pedersoli, alias Bud Spencer, suo futuro partner di scena per quasi 30 anni; in quella stessa occasione, conosce e si innamora di Lori Zwicklbauer, che all’epoca lavorava per la produzione. Mario e Lori si sposeranno pochi mesi dopo e il loro matrimonio dura tuttora (un record per una coppia dello star-system).

Dalla loro unione nascerà Jess, che in pochi sanno di aver visto in qualche scena di “Lo chiamavano Trinità”, dove “interpretava” il figlio di una famiglia di mormoni a cui Bud e Terence prestano aiuto.

1990: IL DRAMMA DI UN PADRE

I coniugi Girotti adottarono in seguito un altro bambino, Ross, che divenne presto una presenza fissa sul set, a fianco di Terence (fu protagonista di “Don Camillo” e “Renegade – Un osso troppo duro”).

Ross ha perso la vita in un incidente stradale, assieme ad un amico, il 30 gennaio del 1990. In quel periodo stava girando col padre un episodio della serie tv “Lucky Luke”. Quella tragedia fu una delle prove più dure, umanamente e professionalmente per Hill: dovette finire di produrre la serie, e in seguito cadde in un periodo di profonda depressione che lo allontanò dal lavoro.

A quell’epoca, l'attore di origine veneziana viveva già da lungo tempo negli Stati Uniti (ancora una volta una scelta umana e professionale allo stesso tempo), la scomparsa del figlio contribuì a fargli cambiare gli orizzonti di vita. Qualche anno dopo lasciò la sua villa a Stockbridge (Massachussets), dove ancora resta un albero con un targa commemorativa: “the Ross tree” (l’albero di Ross).

IL RITORNO IN ITALIA

Hill partì per l’Italia con la moglie Lori, scegliendo di prendere casa in Umbria, regione d’origine del padre Girolamo (chimico, nato ad Amelia, provincia di Terni), e dove ancora vivono diversi parenti, tra cui i due fratelli Odoardo (geologo ed ex professore all’Università “La sapienza” di Roma) e Piero (attivista ambientalista ad Amelia e scrittore).

Quel ritorno coincise in modo speculare all’inizio di una nuova importante fase della sua carriera. Per decenni Terence Hill aveva costruito un’immagine di attore internazionale, andando a vivere negli States negli anni ’70, frequentando l’Italia solo per questioni private o il lancio dei suoi film, tanto da arrivare quasi a dimenticare la pronuncia italiana (da cui le difficoltà palesate nella prima stagione di “Don Matteo”, in cui si riconosceva l’accento “yankee”).

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IL SECONDO TEMPO DELLA SUA CARRIERA

Il "sogno americano" aveva rischiato di portarlo lontano dal personaggio che lo aveva reso famoso. Tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80 tentò il lancio sul mercato cinematografico a stelle e strisce. Partecipò a qualche produzione importante come “La bandera, marcia o muori” (1977), un film dal cast stellare (Gene Hackman, Catherine Deneuve, Max von Sydow) ma che ebbe poco successo; nello stesso anno ebbe anche il ruolo da protagonista di una produzione americana (“Mister Miliardo”), che era un “ibrido” tra azione, commedia sentimentale e avventura, ambientato tra Italia e Stati Uniti .

Anni dopo gli fu anche offerto di interpretare “Rambo” e il personaggio di un uomo violento in un film noir. Proposte che l’attore italiano declinò, scegliendo di non accettare compromessi con quella Hollywood che gli imponeva ruoli a lui non congeniali (apprezzava molto i film di Jack Lemmon) e rimanere fedele a quella carriera che aveva costruito fino ad allora.

Il Terence Hill “tornato” italiano è quello più simile a Mario Girotti. La seconda parte della sua carriera si costruisce sul personaggio di Don Matteo nell’amata Umbria o su serie come “Un passo dal cielo” che mostrano personaggi un po’ solitari, legati alla fede, ai valori tradizionali della vita, alla natura, ai cavalli... Tutto il mondo di Mario Girotti, uomo discreto, appassionato di cose semplici, come quella pasta al sugo di pomodoro che gli prepapava Maria Amato, moglie di Bud Spencer, quando Terence andava a trovarli a Roma.

Tutto il mondo di Mario e Terence è ben riassunto nella sua ultimo lavoro per il cinema, “Il mio nome è Thomas” (2018), prodotto e realizzato da lui stesso, come un omaggio alla sua vita e alla sua carriera. Numerose le citazioni al suo passato cinematografico con Bud e al suo presente da uomo riflessivo e credente. Un film che, benché non sia un capolavoro, rappresenta nel modo più sincero la vita e i valori di Mario Girotti, in arte Terence Hill.

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IERI, OGGI E... DOMANI

Terence Hill compie 80 anni, ma agli occhi dei suoi milioni di fans nel mondo resta ancora quel simpatico spaccone che volteggia sulla sella di un cavallo e spara più veloce della sua ombra, che si gioca una dune buggy con l’amico Bud in una sfida a birre e salsicce o che sfreccia su una moto della polizia sulle strade di Miami.

La gente lo ama da sempre, ma la critica ha lungamente snobbato sia lui che Bud Spencer. Il David di Donatello alla carriera assegnato alla coppia è stato un riconoscimento riparatore. Terence Hill e Bud Spencer hanno esportato in tutto il mondo uno stile di cinema inimitabile (nonostante i tentativi degli anni ’70 con pseudo coloni) e irripetibile. Oggi i loro film garantiscono ancora buoni risultati di audience, la loro popolarità resta enorme e in Italia come all’estero non si contano gli eventi a loro dedicati.

Quest’anno Terence Hill interpreterà per la dodicesima in 19 anni volta il ruolo di Don Matteo (inizio delle riprese ad aprile). Sarà l’ultimo ciak della sua carriera?

Da persona discreta e professionale quale è, non ha lasciato trapelare nulla sul suo futuro. Tempo fa ha dichiarato che “non può immaginare di vivere lontano dal set”; ma per un uomo che ha attraversato sette decenni sovrapponendo i valori di Mario Girotti alla carriera di Terence, qualunque sia la sua decisione, i fans continueranno a chiamarlo Trinità...

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