Aung San Suu Kyi risponde alle accuse

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Di Alberto De Filippis
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Aung San Suu Kyi risponde alle accuse di chi chiede che restituisca il Nobel

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Chi è Aung San Suu Kyi?

Fu nel 1991 che una minuta leader dell’allora Birmania che si batteva contro la giunta militare del suo paese venne insignita del Nobel per la pace. Prima del suo intervento una sala in piedi le dedicò svariati minuti di applausi. Una donna confinata per anni agli arresti domiciliari, senza contatti con la sua famiglia e col resto del mondo, veniva così riportata al centro dell’attenzione – e con lei, la lotta per la democrazia in quello che poi è diventato il Myanmar. Una paladina dei diritti umani, eroina per caso, come ci tenne a sottolineare nel discorso di investitura.

“Man mano che si fece chiaro che avevo vinto il Nobel cominciai a capire cosa questo significasse,” dichiarò. “Mi ha resa viva ancora un volta e mi ha riportato nella comunità umana, ma la cosa più importante di tutte è stato che il Nobel ha risvegliato l’attenzione del mondo sul dramma del Burma.”

Ora, però, la sua gestione del dossier Rohyngia (minoranza musulmana massacrata e in fuga dal paese) è stata criticata. Fra le prime polemiche quella lanciata da Malala, la giovane afghana che su Twitter ha chiesto una risposta della San Suu Kyi. Altri hanno preteso che restituisse il Nobel accusandola di utilizzare gli stessi metodi liberticidi di chi l’aveva preceduta. La reale accademia di Svezia ha già detto che non è tecnicamente possibile.

San Suu Kyi, che continua a denunciare la “cattiva informazione”, non indietreggia e ribatte. “Dobbiamo preoccuparci dei nostri cittadini e di chiunque è nel nostro paese. Non importa che siano connazionali o no. Vogliamo fare di tutto per proteggerli e che restino sotto la protezione della legge”.

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