Stato dell'Unione: guardare avanti per superare la crisi

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Di Arianna Sgammotta Agenzie:  Margherita Sforza
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Altri 120.000, da aggiungere ai 40.000 di maggio. Questo il numero di rifugiati oggi in Italia, Grecia e Ungheria, da distribuire obbligatoriamente

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Altri 120.000, da aggiungere ai 40.000 di maggio. Questo il numero di rifugiati oggi in Italia, Grecia e Ungheria, da distribuire obbligatoriamente tra gli Stati membri. Nessun muro risolverà il problema. Intervenuto nel primo discorso sullo stato dell’Unione del suo mandato, Jean Claude Juncker ha ribadito davanti al Parlamento europeo la linea di azione della Commissione sull’emergenza rifugiati.

“160.000. E’questo il numero con il quale l’Europa deve confrontarsi. E mi auguro davvero che stavolta siano tutti d’accordo. Non c‘é più tempo per retoriche e parole, adesso c‘è soltanto bisogno di agire”. Le parole di Juncker hanno diviso l’aula di Strasburgo, dove siedono diversi eurodeputati contrari alla linea della Commissione sulle migrazioni.

Ne abbiamo parlato con Giovanni Grevi del Think tank Fride:“Credo che la Commissione avrà davvero giorni difficili. Molte delle elezioni in diversi Paesi europei hanno portato al governo partiti euroscettici, o comunque li hanno visti salire negli indici di gradimento. Dalla Danimarca alla Svezia, passando per il Front National in Francia. Abbiamo lo stesso dibattito anche in Italia, così come nel Regno Unito. Sarà molto difficile che questa proposta passi così com‘è”.

Sulla fermezza della Commissione a procedere non ci sono dubbi. Dalla presentazione dell’agenda sulle migrazioni di maggio ad oggi, l’esecutivo non soltanto ha confermato il suo approccio, ma lo ha rafforzato.

Per analizzare il contenuto del discorso sullo stato dell’Unione pronunciato da Juncker sono con Sophie intVeld , vicepresidente del gruppo dei liberali al Parlamento europeo.
Cosa pensa del meccanismo di ridistribuzione dei 160.000 richiedenti asilo annunciato da Juncker? E’ abbastanza ambizioso?

Sophie in’t Veld: “Si, credo sia molto ambizioso, se lo resterà dipende tutto da vedere e questo sulla base del numero degli arrivi. Perché non sappiamo quante altre persone vogliono arrivare in Europa. Sicuramente è un primo passo verso la giusta direzione. C‘è ora bisogno di ottenere il supporto dei governi nazionali, finora completamenti assenti sul tema. Mi ha scioccato vedere alcuni leader europei rifiutarsi di partecipare a un vertice straordinario”.

euronews: Siamo in grado di garantire la sicurezza dei cittadini europei davanti questo flusso di arrivi senza precedenti?

Sophie in’t Veld: Certamente. E’ probabile che tra loro ci siano malintenzionati o possibili terroristi, ma ce li abbiamo anche qui, tra i nostri cittadini nati e cresciuti in Europa. Non dimentichiamo, che mentre i cittadini di Monaco accorrevano alla stazione centrale per accogliere i rifugiati, un gruppo di neonazisti dava alle fiamme
alcuni centri di accoglienza. Le minacce ci saranno sempre in una società.

euronews: Si parla anche di proposte per aprire a nuovi canali legali di immigrazione. Cosa si aspetta dalla Commissione?

Sophia in’t Veld: Molti richiedenti asilo arrivano dai Balcani Occidentali, altri dall’Africa.Si tratta in un caso di persone che non stanno fuggendo guerre o persecuzioni, ma che vogliono venire in Europa per lavorare. Cosa assolutamente legittima. Dalla loro parte, però, non hanno nessuna via legale per farlo. Ecco perché vanno create, in modo da non incidere sulle richieste di asilo e poter quindi dare un riparo a chi ne ha bisogno. A chi vuole venire in Europa per lavorare dobbiamo offrire gli strumenti per farlo.

euronews: Cosa mancava nel discorso di Juncker?

Sophia in’t Veld: Non credo mancasse nulla nelle parole di Juncker, a mancare se mai è stata la presenza del Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e degli stati membri, perché sono loro che hanno messo in piedi il sistema per la richiesta di asilo nel 1999 e non hanno finito il lavoro. Quello che manca è il coraggio delle leadership a livello nazionale. Il fatto che manchi un’adeguata politica di asilo e accoglienza dei rifugiati, è il risultato di dieci anni di politiche anti europee e anti immigrazione. La tragedia lungo le coste turche del piccole Aylan non è un caso, ma il risultato di scelte politiche precise.

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