In bici lungo la Cortina di ferro. Per scoprire se la Guerra fredda è davvero finita

In bici lungo la Cortina di ferro. Per scoprire se la Guerra fredda è davvero finita
Di Euronews
Condividi questo articoloCommenti
Condividi questo articoloClose Button

In bicicletta attraverso l’Europa, per scoprire se la Guerra Fredda è davvero alle nostre spalle. In questa puntata speciale di Reporter, euronews va a caccia di risposte lungo i resti della cortina di ferro, la linea di demarcazione che per decenni divise l’Europa in due blocchi e due opposte aree d’influenza.

La nostra prima tappa è a Hara, in Estonia. Sinistri scheletri di cemento sono quanto resta di una base sovietica. Scomparsi i sottomarini a propulsione nucleare, questi luoghi sono oggi frequentati soprattutto da pescatori locali appartenenti alla minoranza russofona.

“Non credo che alle porte ci sia una nuova Guerra Fredda – ci dice uno di loro -. Perché dovrebbe? La Russia non è certo l’Unione Sovietica, quella è una pagina che appartiene al passato. Anche se in Russia c‘è ancora un Partito Comunista non è più al potere. Oggi a comandare è un altro partito”.

A risvegliare in molti la cicatrice della Cortina di ferro sono qui oggi le crescenti tensioni fra Mosca e Occidente.

“Eurovelo 13” è il nome ufficiale del sentiero che corre lungo il tracciato di quella che fu la Cortina di ferro: oltre 10.000 km attraverso venti 20 paesi, che ci costringono a fare una scelta: Estonia, Lituania e Germania.

L’Estonia ha di recente denunciato la violazione del suo spazio aereo da parte di un velivolo militare russo. Mosca smentisce, ma la Nato sostiene di averne intercettati anche sul Mar Baltico.

I timori di oggi affondano qui spesso le radici in vividi ricordi della Guerra Fredda. Kalev Vapper è un campione di vela, che ha per anni coltivato la sua passione proprio lungo il confine marittimo che separava la sua Estonia dall’altro lato della cortina di ferro.

“In acqua c’erano delle grandi boe, del diametro di quattro, cinque metri – ci racconta -. Erano legate fra loro da catene di metallo, enormi catene di metallo. E sotto c’era una barriera contro i sottomarini. Era pericoloso. Quando avevo dieci o undici anni ho iniziato ad andare in barca a vela e una volta la partenza della gara era sul fiume. Io sono stato il primo ad arrivare in mare aperto e le guardie di frontiera che erano alla foce del fiume mi hanno fermato. Una di loro mi ha puntato il mitragliatore contro e mi ha detto: ‘Se ti inoltri in mare ti spariamo’”.

Il nostro viaggio sulle orme della cortina di ferro ci porta poi all’aeroporto di Tallinn. E’ qui che passato e presente tornano a sovrapporsi nei ricordi dell’ex numero uno dei servizi segreti estoni. Si chiama Eerik-Niiles Kross e ci parla anche del recente caso di un ufficiale, di cui le autorità hanno denunciato il rapimento da parte di agenti russi sul suolo estone.

Poi alle nostre telecamere affida la sua analisi: “La Russia sta chiaramente cercando di riaffermare la propria supremazia regionale – ci dice -. Ci troviamo in una posizione scomoda, con la Russia che considera la Guerra fredda ancora in corso – o di ritorno – e l’Occidente che fa invece finta che sia finita. Siamo in una situazione in cui l’Occidente non sa come rapportarsi a una Russia imprevedibile e aggressiva”.

I ricordi di Eerik-Niiles Kross ci portano dietro il filo spinato di un’antica prigione di Tallinn. E’ dietro alle sue spesse mura che il padre fu tenuto prigioniero dai Nazisti prima e dai Sovietici poi. Come tanti altri dissidenti e intellettuali estoni attese in cella la deportazione in Siberia. Un passato che, quasi senza volerlo, suo figlio ha poi contribuito ad allontanare.

“Avevo comprato un biglietto in pullman per Berlino – ci racconta ancora Eerik-Niiles Kross -. Il caso ha poi voluto che una volta lì sia caduto il Muro. Ho partecipato materialmente ad abbatterlo. Ricordo ancora le guardie di frontiera occidentali che ci passavano le bottiglie di champagne dai buchi aperti nel Muro”.

Passiamo poi in Lituania. A pedalare con noi tra foreste a perdita d’occhio c‘è l’ex Ministro della difesa Rasa Jukneviciene. Anche la sua famiglia è stata deportata in Siberia ed è lì che suo nonno ha trovato la morte. Lei stessa tra i firmatari della dichiarazione d’indipendenza lituana, ci fa visitare un’ex base missilistica sovietica. Un dedalo di sotterranei, che grazie anche al sostegno dell’Unione Europea, è oggi un museo dedicato alla Guerra Fredda. Un passato che secondo Rasa stenta a passare e proietta anzi la sua ombra sulle recenti politiche di Mosca.

“Ciò a cui assistiamo all’incirca dal 2008 – ci dice – è un riarmo della Russia, che da allora ha iniziato a rinnovare e a modernizzare tutti i suoi contingenti in prossimità degli stati baltici. A partire dal nord e poi giù fino alla regione di Kaliningrad. Il fatto è poi che dispongono non solo di un vastissimo personale, ma anche del più imponente arsenale nucleare della regione”.

Prima che il sentiero lungo la cortina di ferro sia interamente ciclabile ci vorranno ancora degli anni. Noi riusciamo comunque ad arrivare a Berlino. La pista ciclabile della cortina di ferro costeggia qui ovviamente i resti del Muro. E poi ci porta a incontrarne l’ideatore – ed europarlamentare dei Verdi – in un chiosco di Currywurst, la celebre salsiccia al curry, che qui fa capolino ad ogni angolo della strada.

Michael Cramer ci spiega come tutto sia nato dal successo della pista ciclabile lungo il tracciato del Muro. “Qui la pista costeggia per intero il tracciato originario Muro di Berlino – di dice carta alla mano -: 160 chilometri. Quassù può vederne la segnaletica: è esattamente alla stessa altezza del bordo superiore del Muro, a 3,60 metri dal suolo”.

Alla porta di Brandeburgo incontriamo poi Michael Paul. Lavora per la Fondazione per la Scienza e la Politica e coordina un gruppo a cui partecipano militari russi e ucraini.

“La Guerra Fredda è finita – ci dice -. Lo stesso Putin l’ha detto apertamente 13 anni fa al Bundestag: non ci sarà alcun ritorno della Guerra Fredda. Ora siamo piuttosto alle prese con una molteplicità di nuove forme di guerra – guerre ibride come quella a cui assistiamo in Ucraina, per esempio – e ci troviamo in una fase di insicurezza su scala globale. Non credo però che Putin stia cercando di restaurare l’Unione Sovietica. Non sta perseguendo obiettivi imperialistici. Contrariamente all’Unione Sovietica, la Russia di oggi non è più in grado di lanciarsi in una simile impresa”.

Il nostro viaggio fra presente e passato ci porta poi al celebre "Museo del Muro". E’ qui che incontriamo Rudi: un tempo guardia di frontiera a Berlino Est, che dopo essersi rifiutato di sparare ai fuggiaschi, decise un giorno di passare anche lui al di là del Muro. Da Ovest si impegnò poi per facilitare la fuga di molti altri ed è per questo che finì sulla lista nera.

“Il rischio più grande l’ho corso quando le autorità di Berlino Est hanno emanato l’ordine di uccidermi sul territorio di Berlino Ovest – ci dice mostrandoci il foglio che sentenziava la sua condanna a morte -. Era un pomeriggio e stavo tornando a casa. A un agente dei servizi dell’Est era stato ordinato di nascondersi dietro un cespuglio, a un altro di distrarmi, rivolgendomi la parola. In quel momento il primo avrebbe dovuto saltare fuori dal cespuglio e fracassarmi il cranio con un martello da un chilo… Tanto, poi, all’indomani i giornali avrebbero titolato: ‘Rapina finisce in tragedia’”.

E’ soltanto per caso che Rudi sfuggì ai suoi killer. Molti altri non hanno invece avuto la sua fortuna. L’ordine di sparare a chiunque tentasse la fuga ad Ovest restò in vigore fino a pochi mesi prima della caduta del Muro.

A parlarci dell’ultima vittima è di nuovo Michael Cramer. “Il 5 febbraio del 1989; durante la notte – racconta – Chris Gueoffroy venne ucciso dalle guardie di frontiera. Insieme a un amico stava cercando di scappare. Il suo amico venne arrestato. Lui fu invece abbattuto da davanti, con dieci colpi. Perché non limitarsi ad arrestare anche lui?”.

Far tacere le armi e lasciar spazio al dialogo, il messaggio che Chris rivolge anche ai potenti del mondo. Perché la Cortina di ferro resti ormai solo una pista ciclabile.

BONUS 1: Eerik-Niiles Kross

Retroscena della Guerra Fredda e analisi dell’attuale situazione geopolitica con l’ex numero uno dei servizi segreti estoni. Qui l’intervista integrale (in inglese) con Eerik-Niiles Kross.

BONUS 2: Rasa Jukneviciene

Nei sotterranei di un’antica base missilistica sovietica con l’ex Ministro della difesa lituano, Rasa Jukneviciene. La sua analisi delle attuali tensioni fra Russia ed Europa Occidentale nella nostra intervista integrale (in inglese).

BONUS 3: Rasa Jukneviciene

Nei sotterranei di un’antica base missilistica sovietica con l’ex Ministro della difesa lituano, Rasa Jukneviciene. Ai nostri microfoni la sua analisi dei possibili sviluppi delle tensioni fra Mosca e la Nato. Una nuova Guerra Fredda è alle porte? La risposta in questa intervista.

BONUS 4: Michael Paul, Senior Fellow, SWP

Dietro le quinte della geopolitica con Michael Paul della tedesca “Stiftung für Wissenschaft und Politik”. Qui l’intervista integrale con l’uomo che siede allo stesso tavolo con militari russi e ucraini (in tedesco).

BONUS 5: Rudi Thurow

“Quando l’ordine era di sparare ai fuggiaschi”. La testimonianza di Rudi Thurow, ex guardia di frontiera a Berlino Est, che dopo aver scavalcato il muro, aiutò tanti altri a farlo. E per questo venne condannato a morte dai servizi segreti comunisti. Qui l’intervista integrale (in tedesco).

Condividi questo articoloCommenti

Notizie correlate

Guerra Fredda: la fine della ''cortina di ferro'' su una nave da crociera

Che cosa la Francia ha imparato dagli attentati del 2015

La transizione energetica al centro della campagna elettorale in Germania