Italia, respinta la mozione di sfiducia contro il ministro dei Trasporti Matteo Salvini

Il ministro dei trasporti italiano Matteo Salvini
Il ministro dei trasporti italiano Matteo Salvini Diritti d'autore Luca Bruno/AP
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La Camera respinge la mozione di sfiducia presentata dall'opposizione contro il ministro dei Trasporti e vicepremier Matteo Salvini, con 211 voti contrari e 129 a favore

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Matteo Salvini ha la fiducia della Camera dei deputati. Mercoledì sera ha bocciato la mozione di sfiducia contro il ministro dei Trasporti e vicepremier italiano con 211 voti contrari e 129 voti a favore.

L'esito era scontato, visti il sostegno garantitogli dalla maggioranza e le statistiche: delle 82 mozioni di sfiducia contro un singolo membro del governo, presentate nella storia repubblicana, solo una è sfociata nella rimozione di un ministro, quello della Giustizia Filippo Mancuso nell'ottobre del 1995 ai tempi dell'inchiesta Mani Pulite

Rimane tuttavia il percorso politico di cui il segretario della Lega viene accusato, a causa dei legami stretti in passato con il partito Russia Unita di Vladimir Putin e delle simpatie pubblicamente espresse per il presidente russo.

Sono ombre che pesano sulle elezioni europee dell'8 e 9 giugno e sulla corsa della Lega, che nell'attuale Parlamento conta su 23 deputati affiliati al gruppo sovranista Identità e Democrazia

La discesa della Lega e di Salvini all'ombra della Russia di Putin

Sembrano lontani i tempi in cui Salvini, 51 anni, emergeva come l'uomo forte del centrodestra e la Lega cresceva fino a raccogliere il 34,3 per cento dei votialle Europee del maggio 2019.

Salvini, eletto segretario nel dicembre 2013, era riuscito a trasformare un movimento per l'indipendenza del nord Italia nel primo partito nazionale e nel giro di pochi anni, costellati però da continui riferimenti politici a Putin.

Nel novembre 2015, dopo l'intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Parlamento europeo, Salvini scriveva su Facebook: "Cedo due Mattarella in cambio di mezzo Putin!", che elogiava per l'intervento militare in Siria in sostegno di Assad.

Quando Salvini indossò la maglietta con Putin a Mosca

"Se devo scegliere tra Putin e la Merkel, vi lascio la Merkel, mi tengo Putin!" dichiarava invece nel 2017, anno in cui si ricorda anche una foto del leader del Carroccio nella piazza Rossa di Mosca con indosso una maglietta con il ritratto di un giovane Putin in divisa militare.

È il momento chiave, ricordato in questi giorni dalla stampa italiana, perché il 6 marzo 2017 la Lega firmò a Mosca un accordo di partenariato politico con Russia Unita

Nel 2018 Salvini definì poi il presidente russo "uno dei migliori politici della nostra epoca", prima di incontrarlo nell'anno successivo e chiedere più volte la rimozione delle sanzioni europee alla Russia.

Nonostante l'occupazione del Donbass e della Crimea nel 2014 e le conseguenti sanzioni internazionali, la Russia poteva essere ancora un partner appetibile. Rimaneva infatti una buona destinazione per le esportazioni italiane e uno dei maggiori fornitori di gas dell'Europa. 

Quali sono i legami della Lega di Salvini con la Russia

Si trattava per lo più di esternazioni e di manovre politiche che non sono sconfinate in finanziamenti o sostegno occulto da parte di Mosca, come ipotizzato spesso in passato.

Un anno fa la magistratura di Milano ha archiviato, su richiesta della stessa Procura, il caso di tre esponenti leghisti accusati di avere intentato una compravendita di petrolio con lo scopo di creare un fondo nero da 58 milioni di euro per la Lega.  

Le indagini note come Russiagate, avviate da un'inchiesta del settimanale L'Espresso che l'ha difesa anche dopo l'archiviazione, vertevano su un incontro nell'ottobre del 2018 all'Hotel Metropol della capitale russa tra tre funzionari russi e la delegazione guidata da Gianluca Savoini, presidente dell’associazione culturale Lombardia-Russia e stretto collaboratore di Salvini.

A sei anni di distanza, di quel rapporto privilegiato con la Russia di Putin rimane poco, così come sono calati drasticamente i consensi della Lega. 

Nonostante sia parte della coalizione di governo di Giorgia Meloni, la Lega ha preso solo il 7,5 per cento nelle elezioni regionali di marzo in Abruzzo e il 3,8 in quelle in Sardegna di febbraio.

Per la Lega l'accordo con Russia Unita "non ha più valore" dopo l'Ucraina

Alla vigilia del dibattito in aula sulla sfiducia a Salvini, il partito del ministro ha diffuso una nota in cui ha negato iniziative comuni con la Russia e dichiarato che la collaborazione "puramente politica del 2017 non ha più valore dopo l'invasione dell'Ucraina".

"La guerra ha totalmente cambiato i giudizi e i rapporti politici con la Russia, che prima dell'invasione era un importante interlocutore di tutti i governi italiani" si legge nel comunicato diffuso martedì.

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La fine dichiarata dei rapporti privilegiati con Russia Unita, protagonista della repressione del dissenso nel Paese essendo il partito al potere, non è bastata alla Lega a scrollarsi di dosso le critiche di prossimità al regime di Putin. 

Le opposizioni accusano come l'accordo con il suo partito si sia in realtà automaticamente rinnovato per cinque anni (in base all'articolo 8 dell'intesa) a inizio marzo 2022, dunque dopo l'attacco all'Ucraina.

Dove si concentrano le influenze russe in Europa

Il caso più recente riguarda l'eurodeputata lettone, Tatjana Ždanoka, accusata in un'inchiesta giornalistica di essere un'agente dei servizi segreti di Mosca.

A inizio febbraio il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione (con il voto contrario di Identità e Democrazia e parte della Sinistra) in cui chiedeva di frenare i tentativi della Russia di interferire nel processo decisionale dell'Unione. 

Gli sforzi di Mosca di ricostruire una rete di alleati nel continente, si legge nel testo, rappresentano un "grosso pericolo per la democrazia", soprattutto in vista delle prossime elezioni europee.

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A marzo uno dei maggiori alleati di Salvini in Europa, la francese Marine Le Pen, ha pubblicamente condannato Mosca per l'invasione dell'Ucraina, provando a mettere alle spalle anni di sospetti di finanziamenti russi al suo Rassemblement national.

Tra glialtri politici europei ritenuti vicini agli interessi russi, figurano anche il primo ministro ungherese Viktor Orbán, che ha tentano più volte di bloccare gli aiuti dell'Ue all'Ucraina, e il premier slovacco Robert Fico.

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