Dalla mobilità elettrica alla semplice raccolta differenziata, diverse soluzioni sostenibili non sono ancora alla portata di tutti. Il padre della bioeconomia Patermann: “C’è il rischio che diventino appannaggio dei ricchi. E a peggiorare la situazione potrebbero essere i prezzi dell’energia”
Bioeconomia sì, ma per tutti? Riduzione dei rifiuti e tagli delle emissioni sono tra gli obiettivi chiave di un approccio circolare. Abitudini come l’approvvigionamento dal circuito corto e il ricorso alla mobilitàalternativa non sono però sempre alla portata di tutti. Le auto elettriche costano ancora più care di quelle con motore termico e la scarsità di punti di ricarica ne limita spesso l’acquisto a chi non abiti in appartamento.
Il padre della bioeconomia: “Il rischio è che diventi appannaggio dei ricchi”
“Soltanto nel cortile del mio complesso – ci dice il padre della bioeconomia, Christian Patermann – tre persone hanno l’auto elettrica. E perché? Perché hanno i mezzi per acquistare veicoli più cari tradizionali, ma anche perché dispongono di un garage dove ricaricarli. Non appena ci si sposta verso la città, si constata però che le auto elettriche scompaiono quasi”. Da qui l’altolà di Patermann: “C’è un rischio molto chiaro, in questo momento, che al pari di tante altre soluzioni ecologiche, alcune di quelle legate alla bioeconomia diventino appannaggio delle sole classi più abbienti e che la massa non possa invece permettersele”.
Portare la circolarità nei quartieri difficili: la sfida di Houseful a Sabadell
Anche gesti sempici come la raccolta differenziata, per chi appartiene a categorie socio-economiche disagiate, possono risultare complessi. Complici la scarsa educazione ambientale, ma anche alloggi popolari o di esigue dimensioni, in cui moltiplicare i contenitori è una sfida. Béatriz Medina è una scienziata socio-ambientale, che lavora per portare l’adozione di pratiche circolari in quartieri difficili. Nel quadro del progetto europeoHouseful, si occupa anche di una serie di alloggi popolari a Sabadell, non lontano da Barcellona, destinati a disoccupati, famiglie numerose di immigrati e persone in situazioni di difficoltà.
“Prima la soddisfazione dei loro bisogni fondamentali. Poi la differenziata”
“Una di loro una volta mi ha detto: ‘Tu non ti rendi conto della nostra realtà. Quello che ci racconti per noi è pura illusione’ – racconta Medina -. Per queste persone è una questione di priorità. Hanno anzitutto bisogno di un lavoro, di qualche soldo per riempire il frigo e vestire la famiglia. Soprattutto ora, con i prezzi dell’energia alle stelle, l’unico modo per attirarli verso pratiche sostenibile è fargli capire il vantaggio che otterrebbero in bolletta. Abbiamo dovuto anche rinunciare a fargli fare la raccolta differenziata perché era impossibile e ci siamo limitati a soluzioni passive, che riguardano l’ottimizzazione energetica degli alloggi, ma non richiedono la loro partecipazione. Finché i bisogni fondamentali di queste persone non saranno garantiti, non possiamo chiedere loro di essere proattive”.
“Imperativo aumentare gli investimenti. Ma attenzione all’impatto dei prezzi dell’energia”
Che alcune soluzioni circolari siano ancora più care di quelle tradizionali è al momento fisiologico, dice Chris Patermann, ma la dinamica è aggravata dalla crisi energetica: “Come per ogni novità tecnologica, all’inizio i prezzi sono più elevati. Tutto sta però ad accelerarne la discesa e fare in modo che presto divengano accessibili a tutti. L’unica soluzione è da questo punto di vista la loro produzione su scala industriale, ma per arrivarci servono molti più investimenti. Ad allungare i tempi potrebbero però essere i prezzi dell’energia. Spesso ce lo si dimentica, ma qualsiasi processo di riciclaggio richiede un consistente impiego di energia”.
Cosa fare? Dagli USA la pista del BioPreferred Programme
Tra gli altri interventi che potrebbero accelerare la “democratizzazione” di prodotti sostenibili e pratiche circolari, c’è secondo Patermann l’adozione di programmi come lo statunitense BioPreferred Programme. “A prezzo uguale o simile – ci spiega - le agenzie federali hanno di fatto l’obbligo di preferire, negli ordini delle loro forniture, prodotti bio. Non parliamo di pochi articoli, ma di una lista vincolante di circa 15.000 prodotti. L’impatto è quindi considerevole. Politica europea, nazionale e locale, è poi il parere condiviso anche da altri esperti, dovranno poi interagire di più con attori locali di istruzione, urbanismo e sociale.