Restaurare le cattedrali con le nanoparticelle

Restaurare le cattedrali con le nanoparticelle
Di Euronews
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In fase di test al Duomo di Pisa la tecnica rivoluzionaria per "ricostruire" la pietra

Le pietre usate dall’undicesimo secolo nella costruzione della cattedrale vengono restaurate attualmente utilizzando tecnologie comuni come il laser.

Ma è in fase di test una nuova tecnica, che implica l’utilizzo di un prodotto composto da nanoparticelle. Il prodotto viene applicato con l’obiettivo di consolidare la struttura interna delle pietre, in questo caso principalmente marmo. Un tipo di pietra che presenta particolari difficoltà, spiega l’ingegnere Roberto Cela: “Questa porosità ridotta evidentemente necessita, affinché un trattamento sia realmente efficace, di particelle di tipo nanometrico per potersi infilare nelle porosità, garantire comunque una traspirabilità, ma garantire un’effettiva efficacia dei trattamenti”.

I chimici coinvolti nel progetto europeo Nano-Cathedral hanno realizzato diversi consolidanti tra cui del carbonato di calcio, ottenuto miscelando ossido di calcio, acqua e anidride carbonica. Le nanoparticelle sospese nella soluzione sono in grado di penetrare le pietre cementandone la struttura.

“È importante che la particella abbia la stessa natura chimica della roccia che dev’essere trattata – precisa “Dario Paolucci”, chimico presso l’Università di Pisa – affinché nel tempo questa non risenta di processi fisico-meccanici che possano riportare alla rottura della pietra trattata”.

Sono cinque le cattedrali europee coinvolte nel progetto di ricerca, tra cui quella di Santo Stefano a Vienna. Qui nella capitale austriaca sono state valutate le caratteristiche meccaniche delle varie pietre degli edifici. Ma i campioni disponibili sono limitati. Gli scienziati hanno quindi “invecchiato” artificialmente campioni di pietre comuni, spiega “Matea Ban” dell’Università della Tecnologia di Vienna: “Abbiamo fatto diversi esperimenti: abbiamo provato il congelamento, abbiamo provato sali e acidi, e alla fine abbiamo scelto l’invecchiamento termico: scaldiamo la pietra a determinate temperature, i minerali all’interno si espandono in certe direzioni, e quando si espandono trasmettono la tensione ai minerali vicini, e infine si crepano, e noi abbiamo bisogno di queste crepe per poterle consolidare”.

Sono stati quindi applicati diversi consolidanti su vari tipi di calcare, pietre arenarie e marmo, rappresentativi dei litotipi utilizzati nelle cattedrali europee. L’obiettivo era individuare determinate proprietà nei consolidanti prodotti. In particolare, dice “Johannes Weber” dell’Università di arti applicate di Vienna, “Innanzi tutto il consolidante deve essere assorbito bene dalla pietra. Poi, durante l’evaporazione, il prodotto consolidante deve precipitare nel posto giusto all’interno della struttura della pietra. Non deve restringersi troppo: tutti i materiali si restringono quando si asciugano, lo stesso vale per i consolidanti. I consolidanti devono aderire bene alle particelle della pietra, senza però otturarne completamente i pori”.

Attualmente sono in corso test nelle cattedrali. I ricercatori sperano con il loro lavoro di contribuire a una migliore protezione e promozione del patrimonio culturale europeo.

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