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Borse, New York apre ancora una volta in calo. Contrastate le piazze europee e asiatiche

Una trader alla Borsa di New York
Una trader alla Borsa di New York Diritti d'autore  AP Photo/Richard Drew
Diritti d'autore AP Photo/Richard Drew
Di Indrabati Lahiri
Pubblicato il
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Né i dati sull'inflazione né i profitti più importanti del previsto delle principali banche, come JPMorgan Chase e Morgan Stanley, sembrano rassicurare gli investitori

Le contrattazioni alla Borsa di New York hanno aperto in calo venerdì, il che lascia ipotizzare una chiusura negativa a seguito di una settimana estremamente difficile. A pesare su Wall Street non sono solo gli scossoni provocati dalla guerra commerciale, con le contromisure annunciate dalla Cina per rispondere ai dazi di Washington, ma anche il prezzo dell'oro, l'andamento del dollaro e le tendenze degli altri mercati finanziari.

L'indice S&P 500 risulta in calo di oltre mezzo punto percentuale alle 17:30 ora italiana, il che non fa che proseguire la fase negativa intervallata solo da un rimbalzo a metà settimana, quando è stata annunciata la sospensione dei dazi per 90 giorni per numerose nazioni di tutto il mondo. Allo stesso modo, il Dow Jones Industrial Average alla stessa ora risulta in calo dello 0,7 per cento. Il Nasdaq composite segue il trend con un -0,3 per cento.

"Una barzelletta nella storia dell'economia mondiale"

Difficile ipotizzare quale possa essere l'andamento non soltanto dei prossimi giorni ma anche la chiusura odierna, dal momento che la volatilità regna nei mercati, con ampie oscillazioni anche nel giro di pochi minuti. Gli investitori non sanno cosa aspettarsi dalla Casa Bianca e il rischio di una recessione globale incombe. La decisione di escludere la Cina dalla sospensione della guerra commerciale ha portato infatti Pechino a rispondere con dazi sulle esportazioni statunitensi del 125 per cento. "Gli Stati Uniti, che applicano dazi anormalmente alti sulla Cina, sembrano giocare con i numeri. Tutto ciò non ha alcun significato economico pratico e diventerà una barzelletta nella storia dell'economia mondiale", ha dichiarato un portavoce del ministero delle Finanze cinese in un comunicato nel quale si annunciava la replica a Trump.

"Tuttavia, se gli Stati Uniti insisteranno nel continuare a colpire in modo sostanziale gli interessi della Cina, quest'ultima si opporrà con determinazione e combatterà fino alla fine", ha aggiunto. Ma le crescenti tensioni tra le due maggiori economie mondiali possono causare danni anche nel resto del mondo, vanificando la pausa di 90 giorni concessa da Trump alle altre nazioni.

Aumenta la domanda per l'oro, rendimenti dei bond statunitensi in crescita

Il prezzo dell'oro - considerato per eccellenza un bene rifugio - è salito di oltre il 2 per cento a 3.250 dollari l'oncia dopo l'ultima escalation tra Washington e Pechino. Altri asset che storicamente sono stati visti come sicuri non stanno però vivendo la stessa dinamica. Il dollaro Usa ha perso ancora terreno rispetto a euro e yen giapponese, così come al dollaro canadese.

La tensione non risparmia neppure le obbligazioni del Tesoro a lungo termine emesse dal governo statunitense: un dato che appare in contrasto con le tendenze storiche, che vedevano i bond americani come uno degli investimenti più sicuri. I rendimenti sono di conseguenza saliti, il che rende più caro per lo Stato finanziare il proprio debito: i titoli decennali sono passati dal 4,40 al 4,50 per cento, aumentando di quasi mezzo punto dal 4,01 per cento della settimana scorsa.

Diverse ragioni potrebbero essere alla base di tale dinamica: tra queste la decisione di vendere i bond da parte di investitori stranieri, proprio a causa della guerra commerciale. Difficile indicare tuttavia con certezza una causa. Ciò che si sa però è che in questo modo aumenta la pressione sia sul mercato azionario che quello del credito.

Le banche statunitensi registrano solidi profitti, ma non riescono a rasserenare gli investitori

Nemmeno l'annuncio di utili superiori alle attese da parte di alcune delle maggiori banche statunitensi è riuscita a risollevare la Borsa. JPMorgan Chase, Morgan Stanley e Wells Fargo hanno riportato utili per i primi tre mesi dell'anno più alti del previsto. Se JPMorgan Chase guadagna per ora 2 punti percentuali, il titolo di Morgan Stanley è in calo di oltre mezzo punto, mentre Wells Fargo perde il 3,5 per cento.

Anche un altro rapporto sull'inflazione migliore del previsto, non ha giovato all'umore degl investitori, benché tali dati possano almeno in teoria convincere la Fed a ritoccare al ribasso i tassi d'interesse, al fine di sostenere l'economia. A prevalere è la paura che i dazi possano spingere al rialzo i prezzi, vanificando l'andamento dell'ultimo periodo.

Nei mercati azionari esteri, gli andamenti sono stati contrastati in tutto il mondo. Il DAX tedesco ha perso l'1,6 per cento, ma il FTSE 100 di Londra ha guadagnato lo 0,3 per cento dopo che il governo ha rivelato che l'economia del Regno Unito ha registrato un aumento della crescita a febbraio. Il Nikkei 225 del Giappone è sceso del 3 per cento, mentre l'Hang Seng di Hong Kong è salito dell'1,1 per cento.

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