Niente barriere a scuola

Niente barriere a scuola
Di Monica Pinna
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Vent’anni dopo la fine delle ostilità nella ex Yugoslavia i Balcani sono ancora segnati dal conflitto. Le cicatrici sulle facciate dei palazzi sono

Vent’anni dopo la fine delle ostilità nella ex Yugoslavia i Balcani sono ancora segnati dal conflitto. Le cicatrici sulle facciate dei palazzi sono solo più evidenti di quelle che le persone hanno ancora dentro. Le tensioni etniche sono latenti. La segregazione nelle scuole è una realtà. http://www.balkaninsight.com/en/article/bosnia-s-segregated-schools-maintain-educational-divide
Per questo l’educazione per così dire “inclusiva” è stata al centro di un progetto di tre anni dell’Unione Europea, coordinato dal Consiglio d’Europa. http://pjp-eu.coe.int/en/web/inclusive-education
Saud Haljkovic ha 13 anni, è orfano di madre e vive da sette anni nell’orfanotrofio di Mostar con due sorelle e un fratello:

“Non mi importa da dove viene la gente. L’importante è avere degli amici. Non importa chi siano, l’importante è come sono dentro. Siamo tutti uguali”.

Saud frequenta la scuola elementare Mustafa Ejubovic, uno degli istituti pilota del progetto sull’educazione inclusiva.
http://pjp-eu.coe.int/en/web/inclusive-education/primary-school-mustafa-ejubovic-sejh-jujo-mostar
Qui Saud ha trovato insegnanti formati ad hoc per rispondere alle sue necessità di studente potenzialmete vulnerabile, pur essendo in realtà un alunno modello.

“Vorrei essere ministro della Sanità – ci racconta Saud – e se non ci riesco, un giocatore di calcio”.

Ci sono 740 studenti nella scuola. Ventisette sono Rom, altri appartengono a varie minoranze etniche. Venticinque vivono nell’orfanotrofio. La scuola ha sviluppato il progetto “Istruzione per un insegnamento di qualità”, con l’obiettivo di fornire agli insegnanti delle tecniche per lavorare con studenti con necessità specifiche, come spiega il direttore Mustafa Džafic:

“Una scuola inclusiva è una scuola che accetta ogni studente, quelli bravi e quelli con difficoltà. Inclusiva significa che le lezioni vengono adattate alle capacità di ognuno”.

Attività extra-scolastiche come le lezioni multimediali si tengono una volta alla settimana. Sono gestite da tutor, studenti che aiutano altri studenti con la supervisione dei professori. La “lavagna intelligente” è arrivata appena una settimana prima della nostra visita, ma era l’ultimo elemento mancante di un ben organizzato meccanismo di sostegno.

“Sono tutor da qualche mese – ci racconta Emina Brkan – mi piace sentirmi utile, è per questo che sono qui. Succede a tutti di trovarsi in una situazione in cui non si sa fare qualcosa”.

Vari studenti con necessità particolari hanno avuto dei piani di sostegno sviluppati ad hoc. Adisa, 9 anni, Rom, partecipa ai workshop e a lezioni di recupero perché i suoi genitori non riescono ad aiutarla. Adisa Haseljic ha un sogno nel cassetto:

“Voglio finire la scuola per trovare un lavoro. E quando finiro’, vorrei andare all’Università. Se riesco a finire la scuola e l’università, correi diventare un dottore”.

I workshop di genitori e insegnanti fanno parte delle pratiche di inclusione della scuola. I seminari hanno permesso di coinvolgere nel processo educativo sempre più genitori. Qui, insegnanti e genitori stanno lavorando assieme per capire come identificare un bambino con necessità particolari e come relazionarsi a lui come genitore e come insegnante. Fuad Salkanovic era l’unico papà presente al workshop:

“La cooperazione tra genitori e scuola -ha dichiarato – in modo che i genitori incontrino gli insegnanti più spesso, è la chiave per il successo scolastico del bambino”.
“Il compito che dovevamo svolgere – precisa una mamma, Amira Trbonja – era come parlare ai nostri bambini delle differenze con altri ragazzi, che fossero differenze fisiche, etniche o socio-economiche”.
Per la mamma di Adisa, Azra Biberov, è stato il primo workshop:
“Non so né leggere né scrivere e voglio che i miei figli imparino tutto quello che io non ho potuto imparare”.

Il progetto sulla scuola inclusiva ha coinvolto 49 istituti dei Balcani e terminerà quest’anno. Abbiamo incontrato a Sarajevo il Segretario Generale del Consiglio d’Europa ThorbjØrn Jagland per capire a cosa porterà questa esperienza.

“Avete usato un approccio “dal basso” – dichiara Monica Pinna – significa che da questo progetto volete sviluppare una vera e propria strategia politica?”

-“Stiamo effettivamente usando questi progetti – precisa Jagland – per eleborare linee politiche nel campo dell’istruzione da applicare anche ad altri Paesi. L’idea è di avere scuole in cui si possa lavorare assieme”.

L’Unione Europea ha finanziato il progetto con 212 milioni. Più o meno la stessa cifra verrà stanziata per programmi di istruzione nei Balcani anche per il prossimo periodo budgetario 2014-2020. Abbiamo incontrato Andy McGuffie, portavoce dell’Unione nell’istituto Bosniacco di Sarajevo:

“Per l’Unione europea l’educazione inclusiva è una questione di diritti universali dell’uomo. Siamo convinti che un’inclusione totale di tutti i membri della società, e particolarmente dei gruppi più vulnerabili e marginalizzati, sia essenziale per una democrazia sana”.

Abbiamo lasciato Sarajevo per raggiungere un’altra scuola pilota a Pljevlja, in Montenegro. Nella scuola superiore Tanasije Pejatovic gli studenti arrivano dalla campagna e dalla città.
http://pjp-eu.coe.int/en/web/inclusive-education/general-secondary-school-tanasije-pejatovic-tanasije-pejatovic-project

Questo istituto ha sviluppato una serie di programmi sull’inclusione per insegnanti e studenti. Tra quseti, il progetto radiofonico “Let’s open the door”, “Apriamo la porta”. Vi partecipano 15 studenti e vari insegnanti, tra cui Ljiljana Bajcetic, Prof. di Storia:

“La preparazione del programma è iniziata lo scorso dicembre e più intensamente in aprile. Abbiamo cominciato i programmi il 23 aprile, in occasione della giornata internazinale del libro. Da allora andiamo in onda ogni giorno”.

Sono gli studenti a preparare il programma. Scelgono i temi, principalmente di attualità, e una volta al mese si parla di inclusione. Per la coordinatrice della radio, Amina Brahic, è un’esperienza divertente e istruttiva:

“Come vedete lo spazio non è molto, quindi abbiamo qualche problemino, ma è tutto molto interessante e tutto è molto spontaneo”.

“Mi piace lavorare con gli altri, interagire -dice Kanita Sabanovic, tra le speaker – voglio poter avere qualche influenza sui giovani e sulla gente. Voglio condividere le mie esperienze”.

Ogni giorno questi studenti vanno in onda per mezz’ora. Il programma si riceve solo tra le pareti scolastiche, ma in ogni classe è un momento di ascolto e di riflessione.

“Il futuro della radio -aggiunge la coordinatrice – è cercare di ottenere le nostre frequenze in modo da trasmettere anche su Internet. Vogliamo raggiungere non solo gli studenti, ma tutta la città”.

L’educazione inclusiva non significa cambiare lo studente per adattarsi a un sistema cristallizzato, ma cambiare il sistema in modo che sia abbastanza flessibile per adattarsi a ogni alunno.

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