L'Unione europea può difendersi da sola?

Proiettili di artiglieria in una fabbrica di munizioni svedese
Proiettili di artiglieria in una fabbrica di munizioni svedese Diritti d'autore EbS
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Di Vincenzo Genovese
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I Paesi dell'Unione europea destinano 240 miliardi all'anno in spese militari, ma per molti aspetti sono ancora dipendenti dagli Stati Uniti

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Le parole di Donald Trump durante un comizio in South Carolina sono state una "doccia gelata" per l'Unione europea, come ha detto il primo ministro polacco Donald Tusk.

L'ex presidente degli Stati Uniti e possibile candidato repubblicano alla Casa Bianca nelle elezioni di novembre ha sostanzialmente promesso, se eletto, di non soccorrere in caso di attacco quei Paesi della Nato che non investono almeno il 2% del proprio bilancio in spese militari: una categoria in cui rientrano molti Stati membri dell’Unione, tra cui l’Italia.

Secondo i dati dell'Agenzia europea per la difesa, relativi al 2022, solo cinque Paesi dell'Ue superano questa soglia: Grecia, Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania.

"Se non adesso, quando la difesa europea comincerà davvero a essere presa in seria considerazione?"
Nathalie Loiseau
Eurodeputata di Renew Europe

La dipendenza  dagli Stati Uniti

Se Trump venisse rieletto, dunque, la sicurezza europea potrebbe essere a rischio. Tanto più che la dipendenza militare dagli Stati Uniti è ancora marcata sotto molti aspetti secondo molti esperti del settore, tra cui Mihai Sebastian Chihaia, analista dello European Policy Center.

"Nello specifico capacità strategiche che sono estremamente necessarie a livello dell'Ue, come le capacità di trasporto militare, le capacità satellitari, la sorveglianza marittima e aerea e, allo stesso tempo, la logistica congiunta".

Tralasciando il complesso tema della deterrenza nucleare garantita all'Europa dagli Stati Uniti, Chihaia individua tre priorità per l'azione militare dell'Ue al momento. "Supportare l'Ucraina, riempire nuovamente i magazzini di scorte di munizioni e sviluppare le capacità militari europee".

Le spese militari dell'Unione

Non è soltanto una questione di soldi. La spesa militare combinata degli Stati membri dell’Unione, infatti, ha raggiunto i 240 miliardi di euro nel 2022, molto meno degli Stati Uniti (794 miliardi), ma più del doppio della Russia (92 miliardi) e quasi quanto la Cina (273 miliardi).

Il problema è piuttosto la frammentazione: ogni Stato spende per sé senza coordinarsi troppo con gli altri, spiega l'analista dell'Epc.

Secondo l’Agenzia europea per la difesa, nel 2021 meno del 20% dei fondi per l'acquisto di attrezzature militari è stato destinato a progetti congiunti a livello europeo, mentre la soglia minima concordata sarebbe del 35%.

"È anche importante sottolineare che nel 2022 solo nove Stati membri hanno fornito i dati, quindi è difficile dire a che punto siamo".  

In realtà dei passi in avanti sull'armonizzazione della produzione militare ci sono. Il lancio del Fondo europeo per la difesa (Edf), con un bilancio di quasi otto miliardi di euro per il periodo 2021-2027 e l'Edirpa (European defence industry reinforcement through common procurement act), con un budget di 500 milioni.

Ma soprattutto il fondo istituito tramite il regolamento Asap(Atto a sostegno della produzione di munizioni), che stanzia 500 milioni di euro dal bilancio comunitario per supportare l'industria militare dei Paesi membri nella produzione di missili e munizioni d'artiglieria: per la prima volta nella storia, l'Ue impiega il suo budget per finanziare direttamente la produzione di armamenti.

Il miraggio dell'esercito europeo

Un altro elemento rilevante della difesa europea si chiama European Union Rapid Deployment Capacity, una forza armata di 5mila uomini da utilizzare nei teatri di crisi, concordata nell'ambito della "Bussola strategica", un piano concordato dagli Stati membri a marzo 2022.

"La European Union Rapid Deployment Capacity dovrebbe diventare operativa dal 2025 e potrà essere utilizzata in missioni di evacuazione e soccorso, o di stabilizzazione di un Paese", spiega Mihai Sebastian Chihaia. "Ma perché funzioni servono le truppe, comprese le catene di comando, le tecnologie strategiche come i satelliti, e i fondi. Al momento non è chiaro da dove questi fondi arriveranno".

La prima esercitazione di questo contingente ha avuto luogo a ottobre a Cadice, in Spagna, con l'impiego di 2.800 soldati. Per alcuni, potrebbe essere considerato il primo passo verso un esercito europeo vero e proprio.

Ma il nodo più problematico è il processo decisionale che regola questa forza militare: per dispiegare la European Union Rapid Deployment Capacity serve il consenso di tutti gli Stati membri dell'Ue, trattandosi si una decisione di politica estera: condizione difficile da ottenere nei tempi rapidi in cui serve rispondere a una crisi, come ammette Chihaia. "Ci sarebbe la possibilità di usare l'Articolo 44 del Trattato sull'Unione europea: la realizzazione di una missione può essere affidata a un gruppo di Stati membri. Ma per attivare questo articolo serve comunque l'unanimità".

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La costituzione di un esercito europeo è ipotesi remota anche per Nathalie Loiseau, eurodeputata francese di Renew Europe. "Le forze armate nazionali sono sotto il comando dei Capi di Stato o di governo dell'Unione". L'obiettivo realistico di una difesa comune, secondo l'eurodeputata, dovrebbe essere piuttosto migliorare l’interoperabilità, l’approvvigionamento e la fornitura di armi a livello europeo.

Un'idea avanzata dal suo presidente, Emmanuel Macron, è l'emissione di debito comune europeo per finanziare le spese militari, sulla scia di quanto fatto per la ripresa dalla pandemia di Covid19. Sicuramente, dice Loiseau, serve un cambio di passo, in un contesto geopolitico sempre più incerto per l'Europa.

"Con una guerra di aggressione in Europa contro l'Ucraina e una guerra ibrida, da parte della Russia contro gli Stati membri dell'Ue, è il momento non di intraprendere una guerra, ma di scoraggiare il rischio di una aggressione. 

Se non adesso quando la difesa europea comincerà davvero a essere presa in seria considerazione?"

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