Il premier belga De Croo al Parlamento europeo: "Se torna Trump l'Europa andrà da sola"

Il primo ministro belga Alexander de Croo al Parlamento europeo di Strasburgo
Il primo ministro belga Alexander de Croo al Parlamento europeo di Strasburgo Diritti d'autore Eric VIDAL/ European Union 2024 - Source : EP
Diritti d'autore Eric VIDAL/ European Union 2024 - Source : EP
Di Mared Gwyn JonesGianluca Martucci
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Questo articolo è stato pubblicato originariamente in inglese

Il potenziale ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca nel 2024 potrebbe lasciare l'Europa "da sola", ha avvertito martedì il primo ministro belga Alexander De Croo.

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Intervenuto al Parlamento europeo per la prima sessione plenaria dell'anno il premier belga Alexander De Croo ha esordito parlando delle sfide elettorali a cui vanno incontro diversi Paesi occidentali nel 2024. L'Unione europea guarda alle elezioni per il nuovo Parlamento che si svolgeranno tra il 6 e il 9 giugno, ma deve essere pronta a prepararsi alle elezioni presidenziali statunitensi che si svolgeranno il 5 novembre.

Per De Croo il ritorno di Donald Trump alla guida degli Stati Uniti l'Europa "non deve far temere". "Se il 2024 ci porterà di nuovo al motto 'America First', l'Europa dovrà più che mai prepararsi a procedere da sola", ha detto De Croo a Strasburgo, dove si sta svolgendo la sessione plenaria del Parlamento europeo.

Il premier è intervenuto per presentare le priorità del suo governo, incaricato di guidare i lavori del Consiglio dell'Ue fino al 30 giugno 2024. Ma la vittoria di Donald Trump alle primarie in Iowa ha aperto ufficialmente il dibattito anche tra i Paesi della sponda orientale dell'Atlantico.

"Come europei, non dovremmo temere questa prospettiva", ha aggiunto, "ma accettarla, ponendo l'Europa su una base più solida, più forte, più sovrana, più autosufficiente".

Un'eventuale vittoria repubblicana alle elezioni presidenziali statunitensi di novembre, a favore di Trump o di un altro candidato, minaccia di creare turbolenze nella cooperazione comune dell'Occidente sull'Ucraina. Gran parte dei deputati repubblicani nel Congresso statunitense continuano a fare pressioni affinché si riducano le risorse del bilancio federale a favore dell'assistenza militare all'Ucraina

La battuta d'arresto negli Stati Uniti ha avuto un effetto anche nell'Ue, dove si lavora per accelerare l'approvazione del pacchetto di 50 miliardi di euro in prestiti e sovvenzioni all'Ucraina annunciato dalla Commissione europea a giugno 2023. Il veto annunciato dal premier ungherese Viktor Orbán blocca gli aiuti che sarebbero erogati fino al 2027. Commissione e Stati membri sono in contatto per studiare alcune concessioni da fare a Orbán prima del vertice d'emergenza del 1° febbraio dal quale ci si aspetta una decisione.

"Per l'America e per gli altri alleati, il sostegno all'Ucraina è una questione strategica, una considerazione geopolitica, mentre per noi europei, il sostegno all'Ucraina è esistenziale", ha detto De Croo al Parlamento.

L'approccio cauto nei confronti dei rapporti con gli Stati Uniti è dovuto anche alle recenti dichiarazioni del commissario per il Mercato interno Thierry Breton, secondo il quale Trump avrebbe detto nel 2020 alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen che gli Stati Uniti non avrebbero aiutato l'Europa se fosse stata attaccata.

Ai Bruxelles si teme anche che un ritorno di Trump possa segnare la fine della tregua nelle tensioni commerciali tra Ue e Usa e dare un colpo all'economia europea.

Nel 2018 l'amministrazione Trump ha imposto una serie di dazi sull'acciaio e sull'alluminio esportati dall'Ue verso gli Stati Uniti, definendo le due materie una minaccia per la sicurezza nazionale. L'amministrazione Biden ha sospeso i dazi prorogando lo stop per altri 15 mesi.

Trump ha già annunciato che in caso di rielezione aumenterà la tassa del 10% su tutte le importazioni straniere, con misure ancora più aspre nei confronti dei prodotti provenienti dalla Cina.

Nel frattempo, gli Stati del Colorado e del Maine gli hanno impedito di candidarsi alla presidenza per il suo coinvolgimento nell'assalto di Capitol Hill del gennaio 2021. Se rieletto, il suo status di capo della federazione potrebbe essere messo in discussione nel caso in cui altri Stati seguissero l'esempio di Colorado e Maine.

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