Ucraina, il grano bloccato e i timori di aziende e agricolatori

Campi di grano in Ucraina
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Di Debora Gandini
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I paesi di tutto il mondo premono per il ripristino dell'accordo sui cereali, con gli agricoltori ucraini che si chiedono come sopravvivere

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E’ passato un mese da quando la Russia si è ritirata dall'accordo sul grano mediato dalle Nazioni Unite e dalla Turchia che forniva protezione alle navi che trasportavano il cereale dall’Ucraina attraverso il Mar Nero. 

Da allora Mosca ha intensificato gli attacchi ai porti ucraini e alle infrastrutture del grano, mentre le forse di Kiev hanno colpito uno dei porti russi sul Mar Nero. Ora i paesi di tutto il mondo premono per il ripristino dell'accordo sui cereali, con gli agricoltori ucraini che si chiedono come sopravvivere.

"Non possiamo vendere i nostri prodotti, poiché l'infrastruttura portuale è parzialmente distrutta e bloccata".

Oleksandr Sivogorlo è un agronomo. L'azienda agricola per cui lavora ha raccolto 4.800 tonnellate di grano questo mese. Ma dopo che la Russia è uscita dall'accordo che consentiva all'Ucraina di spedire grano nel mondo, ora teme per il futuro della fattoria e del lavoro di tante persone. 

"Non possiamo vendere i nostri prodotti, poiché l'infrastruttura portuale è parzialmente distrutta e bloccata. L'Egitto ha preso una quantità molto grande di grano. E poi ci sono l'India, la Cina, i paesi del Medio Oriente. L’Ucraina consuma internamente solo il 15-20% di quello che produce. L'80% deve essere esportato".

Attualmente l'unica opzione è quella di usufruire di rotte stradali, ferroviarie e fluviali tra le più costose in tutta Europa, che hanno scatenato le proteste dei paesi vicini. Il trasporto di merci è diventato ormai un'impresa difficile.

L’accordo non rinnovato

L'intesa, che ha permesso l'esportazione dei cerali ucraini dal 2022 è finita "de facto" i 17 luglio, ha dichiarato Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. Gli accordi permettevano il transito delle navi cargo provenienti dai porti di Odessa, Chornomorsk e Yuzhny/Pivdennyi attraverso il mar Nero e verso Africa e Medioriente .

Il patto è considerato cruciale per scongiurare una crisi alimentare globale. Secondo Mosca la parte degli accordi che riguardavano la Russia non è stata rispettata, in particolare la cessione delle derrate ai paesi più poveri, e l'ammorbidimento delle sanzioni occidentale che limitano le sue esportazioni agricole. Ma Peskov non ha escluso di riconsiderare la decisione se le condizioni saranno rispettate.

"Gli accordi del Mar Nero sono arrivati a scadenza naturale il 17 luglio", ha spiegato il portavoce del Cremlino, come detto in precedenza dal presidente russo Vladimir Putin. Un portavoce ha spiegato ai media russi che Mosca ha notificato la decisione a Turchia, Ucraina e Onu.

I canali diplomatici hanno lavorato per giorni, tra l’ottimismo Turco e la cautela di Mosca. L’intesa, infatti, è considerata cruciale per scongiurare una crisi alimentare mondiale.

Il nodo cruciale dell’Ucraina

L'Ucraina è uno dei maggiori esportatori di grano al mondo. Forniva circa 45 milioni di tonnellate ogni anno prima del 2022. Il conflitto ha causato un'impennata dei costi.

Si tratta di un equilibrio precario per quei paesi che sono importatori netti di cereali. Non tutti hanno le risorse per far fronte a questo aumento dei prezzi. 

"Se sei l'Algeria o la Nigeria, hai delle rendite petrolifere che ti permettono di acquistare questo grano anche a prezzo maggiorato", spiega Sébastien Abis, ricercatore associato presso l'Istituto di Relazioni Internazionali e Strategiche (IRIS), e presidente del Déméter Club, un think tank sul settore agricolo.

Quanto ad altri Paesi come "Tunisia, Mali o Sudan, Paese che oggi sono particolarmente instabili ", aggiunge Abis, questi Stati "hanno difficoltà a pagare di più questo grano sul mercato internazionale".

"I principali importatori sono il Medio Oriente, il Nord Africa, l'Africa sub-sahariana e il sud-est asiatico. Queste quattro sottoregioni rappresentano i due terzi, addirittura il 70% dell'import mondiale di grano ogni anno", spiega Abis.

La stabilità dei prezzi è appesa a un filo: dipende dalla continuità delle esportazioni ucraine, e solo il transito in sicurezza delle navi attraverso il mar Nero può garantirle.

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