Arci Solidarietà sta lavorando senza sosta per garantire tranquillità a chi è fuggito dalla guerra, portando anche il fardello di familiari con disabilità. I traumi psicologici restano e l'integrazione in un paese considerato "di transito" non è agevole
ROMA - Per molti rifugiati, fuggire dall'Ucraina è stata un'impresa ancora più disperata.
In ognuna delle famiglie ospitate all'Hotel Marriot di Roma, c'è almeno una persona disabile, ma grazie all'aiuto di una ONG italiana - Arci Solidarietà - ora sono al sicuro.
Hanno affrontato un viaggio inimmaginabile per arrivare fino in Italia. Diversi pazienti oncologici che hanno viaggiato con loro sono stati ricoverati in ospedale appena arrivati.
Boris e suo padre Mekolai sono entrambi non vedenti. Hanno impiegato un mese per lasciare Mariupol, la città più colpita dell'Ucraina, con la loro famiglia.
"Ricordo ogni suono di questa guerra"
"Ricordo ogni dettaglio del nostro viaggio e ogni suono di questa guerra", racconta Mekolai.
Anche se sa che non ci sono bombardamenti dove si trova ora, dice che è ancora perseguitato da quel suono. Va nel panico ogni volta che sente un rumore forte. Dice: "Se Dio ha deciso che io debba sopravvivere, significa che la mia vita ha uno scopo".
Suo figlio Boris ha solo 14 anni e ne ha già passate tante. Non riesce ancora a credere a quello che è successo.
"200 cittadini ucraini alloggiati in questo hotel di Roma"
Spiega Giorgia Orlandi, corrispondente di Euronews da Roma:
"Circa 200 cittadini ucraini sono attualmente alloggiati in questo hotel nel centro di Roma. La maggior parte di loro proviene dal sud-est dell'Ucraina, la parte del paese più colpita dalle forze russe. Ci hanno detto che si sentono fortunati, perché sono riusciti a fuggire appena in tempo, prima che le forze russe intensificassero i loro attacchi militari in quella parte dell'Ucraina. Ci hanno anche detto che conoscono amici, vicini o altri civili che sono rimasti indietro, perché non sono riusciti a scappare".
Per molti, serve un aiuto psicologico
Molti dei rifugiati hanno accettato un supporto psicologico, come Margarita Zokpko. Insieme al figlio disabile Maxime e a sua moglie Anna, sono riusciti a lasciare il Donbass.
Margarita racconta che quando hanno sentito il rumore dei bombardamenti nelle vicinanze hanno sollevato Maxime e lo hanno portato sottoterra, nel bunker.
Margarita mostra le foto di ciò che è rimasto del loro condominio quando sono partiti.
La famiglia ha passato due settimane nel rifugio, senza elettricità, cibo e acqua.
"L'integrazione non è così semplice"
Il team di Arci Solidarietà, che ha portato in salvo queste persone, lavora senza sosta da giorni. Aiutare gli sfollati a integrarsi è la priorità, ma non è sempre facile.
Mariangela de Blasi, Arci Solidarietà:
"Queste persone pensano che l'Italia sia soltanto un luogo transitorio, di passaggio. Quindi non c'è una reale necessità di integrazione, di inclusione e di conoscenza del territorio di accoglienza".
Qui nell'hotel, i bambini guardano i cartoni animati in lingua ucraina e la famiglia di Margarita guarda fuori dalla finestra.
Non hanno scelto di partire, sono stati costretti.
Pensano che un giorno torneranno nella loro patria, ma non sanno se e quando accadrà.