Storie di sopravvissuti vittime delle armi, al confine con la Turchia
Abdul Rahman, bambino siriano di nove anni ferito in guerra e per questo amputato, parla con la madre e il medico di fiducia.
"Non voglio la guerra, non posso sopportarla, Assad ha rovinato tutto", dice.
"Vogliamo sicurezza - afferma invece la madre - tutti vorrebbero tornare nella loro città natale".
Un altro sopravvissuto, ma comunque vittima delle armi, è Bashir Ali Hanesh.
"Voglio guadagnarmi da vivere coll mio sudore - dice quest'ultimo - non voglio la pietà di nessuno".
I siriani nella città di Al-Bab, controllata dai turchi, continuano a subire gravi ferite, mentre gli operatori umanitari eliminano gli ordigni inesplosi e le truppe dell'opposizione avvertono che la minaccia dello Stato islamico è tutt'altro che scomparsa.
Le forze dell'opposizione, che tengono la linea contro le forze del regime siriano al confine della zona cuscinetto voluta da Ankara nei pressi della Turchia, usano sacchi di sabbia e pistole turche, le uniche armi a disposizione.
L'ISIS, che un tempo controllava vaste aree dell'Iraq e della Siria, ha perso le ultime roccaforti in loco all'inizio del 2019: tuttavia, la scorsa settimana, il Capo dell'antiterrorismo delle Nazioni Unite, Vladimir Voronkov, ha affermato che più di 10.000 combattenti dello Stato Islamico rimangano attivi nei due Paesi e quest'anno i loro attacchi sono aumentati in modo significativo.