Argentina: Camera depenalizza aborto

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Dopo una seduta fiume i deputati hanno votato la legge per introdurre il diritto all'interruzione volontaria di gravidanza: 129 voti a favore, 125 contrari e un astenuto. Ora la legge passa al vaglio del Senato

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131 voti a favore, 123 contrari e una astensione. Così, la Camera dei Deputati argentina ha approvato oggi la depenalizzazione dell'aborto. Una proposta che ha diviso i cittadini esattamente come il parlamento: migliaia di manifestanti sia contro che a favore, si sono radunati per ore vicino alla camera bassa. Finora in Argentina l'aborto è stato concesso solo alle vittime di stupro o la cui vita era messa in pericolo dalla gravidanza.

La proposta di legge - che ora passerà al vaglio del Senato - introdurrebbe la possibilità di abortire legalmente entro la 14esima settimana in qualunque caso. Il presidente Mauricio Macri, pur essendo contrario all'aborto ha invocato la libertà di coscienza e poi si è congratulato con tutti: "C'è stato un dibattito storico, come avviene nelle democrazie. Siamo stati capaci di gestire le diverse visioni con rispetto e tolleranza, ascoltandoci e comprendendo che la via del dialogo è l'unica che fa bene al futuro. Dunque congratulazioni a tutti, ora la discussione continua al senato".

Attualmente in Argentina l'aborto è vietato, concesso solo alle donne vittime di stupro o la cui vita è messa in pericolo dalla gravidanza. La legge al vaglio della camera introdurrebbe la possibilità di abortire legalmente entro la 14esima settimana in qualunque caso.

Secondo un rapporto di Human Rights Watch ogni anno in Argentina vengono effettuati circa 500 mila aborti clandestini; nel Paese, secondo le statistiche, le complicazioni dovute agli aborti clandestini sono la principale causa di morte delle donne incinte. Il presidente Mauricio Macrì, pur essendo antiabortista, ha detto che non porrà veti sulla legge.

A riscaldare il clima, nelle stesse ore del voto, in Argentina diverse sigle sindacali hanno programmato sciopero nazionale e mobilitazione a Buenos Aires contro la politica economica del governo Macrì.

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