Afghanistan: la difficile sfida di Ashraf Ghani

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Di Salvatore Falco Agenzie:  Rws
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Le riforme sono sempre una sfida difficile, un’opera titanica se si tratta dell’Afghanistan. Toccherà al neo presidente, Ashraf Ghani, ex tecnocrate

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Le riforme sono sempre una sfida difficile, un’opera titanica se si tratta dell’Afghanistan. Toccherà al neo presidente, Ashraf Ghani, ex tecnocrate della Banca Mondiale imporre il suo stile definito “modernista” e dare attuazione alla promessa di privilegiare il merito rispetto all’onore e alla lealtà verso i clan, politica portata avanti dal suo predecessore, Hamid Karzai.

Dopo mesi di dispute elettorali, Ghani dividerà il potere con Abdudllah Abdullah, nominato coordinatore del governo di unità nazionale. Entrambi si dichiarono filo occidentali e contro la corruzione nella politica, ma devono superare lo scoglio di formare un governo.

L’instabilità politica ha paralizzato l’economia, mentre l’Afghanistan ha la disperata necessità di attrarre fondi e Ghani promette ai partner occidentali il ‘decennio della trasformazione’.

L’ultima spiaggia per un Paese che registra appena 6,2 miliardi di entrate, due terzi delle quali provengono dagli aiuti internazionali.

Inoltre, le entrate provenienti dal fisco, quest’anno sono in calo del 24% tra gennaio e ottobre, rispetto allo stesso periodo del 2013.

Ma il problema più grande è la guerra contro i taleban. Nonostante 3,2 miliardi di euro di aiuti militari solo durante l’ultimo anno, i soldati afgani e la polizia lamentano la mancanza di risorse per combattere i fondamentalisti, che sono sempre più forti dopo la caduta del loro regime nel 2001.

Nel 2014 sono stati uccisi 4600 membri delle forze di sicurezza con il 10% di attentati in più del 2013, anche le vittime civili sono aumentate del 13% rispetto all’anno precedente.

In questo contesto, la Nato ritirerà la maggior parte delle sue truppe entro il 31 dicembre, data di conclusione della missione.

I 12.500 soldati che rimarranno si concentreranno sulla formazione delle forze afgane, spiega il segretario generale dell’Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg: “Hanno una forza di 350mila uomini tra soldati e poliziotti – afferma l’ex premier norvegese – sono addestrati e hanno ricevuto tutti gli equipaggiamenti. Inoltre, le nostre forze rimangono per condurre la missione di supporto”.

Ma con un ordine segreto firmato nelle scorse settimane, il presidente statunitense, Barack Obama, ha prorogato di un anno la missione di combattimento delle sue truppe.

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