EventsEventi
Loader

Find Us

FlipboardLinkedin
Apple storeGoogle Play store
PUBBLICITÀ

Il Parlamento europeo approva il divieto sui prodotti realizzati con lavoro forzato

Un operaio confeziona bobine di filo di cotone in un impianto di produzione tessile, durante un viaggio organizzato dal governo per i giornalisti stranieri, ad Aksu, nello Xinjiang cinese.
Un operaio confeziona bobine di filo di cotone in un impianto di produzione tessile, durante un viaggio organizzato dal governo per i giornalisti stranieri, ad Aksu, nello Xinjiang cinese. Diritti d'autore Mark Schiefelbein/Copyright 2021 The AP. All rights reserved
Diritti d'autore Mark Schiefelbein/Copyright 2021 The AP. All rights reserved
Di Vincenzo GenovesePaula Soler
Condividi questo articoloCommenti
Condividi questo articoloClose Button
Copia e incolla il codice embed del video qui sotto:Copy to clipboardCopied
Questo articolo è stato pubblicato originariamente in inglese

Il Parlamento europeo ha approvato il divieto di vendita nell'Ue di prodotti realizzati con lavoro forzato

PUBBLICITÀ

Il regolamento, adottato a larga maggioranza, con 555 voti a favore, sei contrari e 45 astensioni, è stato concepito per togliere dal mercato tutti quei prodotti che hanno provocato violazioni dei diritti umani per la loro realizzazione. L’approvazione definitiva da parte degli Stati membri è l’ultimo passo necessario affinché entri in vigore.

"Questo regolamento proteggerà le aziende e i consumatori, ma soprattutto le vite umane"
Samira Rafaela
Eurodeputata olandese del gruppo Renew Europe, relatrice per il regolamento sul divieto ai prodotti realizzati con lavoro forzato

Prodotti vietati

Secondo le nuove norme, le autorità nazionali dei Paesi membri potranno avviare indagini su prodotti con sospetti legami con il lavoro forzato e vietarli nel mercato dell'Ue. In caso di sospetti relativi a Paesi esterni all'Unione, la Commissione europea potrà avviare indagini e invitare i governi dei Paesi terzi a condurre ispezioni sui casi sotto esamme.

I prodotti realizzati con il lavoro forzato rinvenuti sul mercato saranno confiscati e poi donati, riciclati o distrutti, mentre le aziende che non applicano le regole rischiano multe anche molto salate, che saranno definite dagli Stati membri.

La legislazione mira a frenare una preoccupante tendenza di prodotti a basso costo realizzati tramite lavoro forzato e diffusi in tutta l'Ue. Secondo i dati dell’International Labour Organization, 27,6 milioni di persone nel mondo si trovano in una situazione di lavoro forzato e il loro impiego genera un totale di 217 miliardi di euro all'anno.

La Cina nel mirino

Nonostante si applichi a oggetti fabbricati in qualsiasi parte del mondo, la legge sembra puntare soprattutto a Paesi come il Turkmenistan o la Cina, dove sono segnalati casi di lavoro forzato promosso dallo Stato.

Lo ha spiegato a Euronews una delle due relatrici, l'eurodeputata liberale dei Paesi Bassi Samira Rafaela. “Un indicatore è il lavoro forzato imposto dallo stato Questo è ciò che succede in Cina, nello Xinjiang, dove i diritti di molte persone di etnia uigura vengono violati. E noi dobbiamo assolutamente fermare tutto ciò che deve essere fermato“.

Un recente rapporto ha infatti rilevato legami tra decine di importanti marchi europei di abbigliamento e il lavoro forzato nei campi di detenzione della regione cinese dello Xinjiang, dove sono documentati abusi sistematici nei confronti degli uiguri e di altri gruppi etnici minoritari.

Il rapporto conclude che noti marchi come H&M e Zara potrebbero rifornirsi di materiali prodotti dagli uiguri nei famigerati campi di detenzione dello Xinjiang, provincia che secondo le stime produce il 90% del cotone cinese.

Negli Stati Uniti, una legge del 2021 vieta i prodotti fabbricati nello Xinjiang e gli importatori sono obbligati a fornire prove che tutti i prodotti legati alla regione siano realizzati senza lavoro forzato.

Critiche alla legislazione

Nonostante l'ampio sostegno nella votazione finale, in passato alcuni partiti politici si sono opposti alla legge. Tra questi i liberali tedeschi del Freie Demokratische Partei, per cui il regolamento avrebbe comportato un'eccessiva burocrazia e oneri aggiuntivi per le imprese.

Anche le preoccupazioni per le potenziali interruzioni nella fornitura di materie prime critiche hanno rallentato i negoziati tra il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Ue, che riunisce gli Stati membri. I legami tra il lavoro forzato nello Xinjiang cinese e l'industria solare hanno fatto temere che la legge possa portare a una carenza di componenti cosiddetti "sensibili", necessari per la transizione energetica dell'Europa.

Alla fine, il compromesso tra i governi e il parlamento prevede che le autorità nazionali possano trattenere i "prodotti critici" fino a quando le rispettive aziende non dimostreranno di non avere più legami con il lavoro forzato nelle loro attività.

Dall'altra parte, alcune organizzazioni della società civile hanno segnalato alcuni limiti del nuovo regolamento, che non prevede l'obbligo di risarcire le vittime del lavoro forzato.

"I lavoratori forzati rimarranno vulnerabili senza un obbligo esplicito di rimediare al danno", ha dichiarato a Euronews Sian Lea, responsabile per le imprese e i diritti umani di Anti-Slavery International, sostenendo che sarà difficile per i lavoratori presentare denunce contro le aziende che abusano di loro.

Le Ong lamentano anche l'assenza di una "presunzione di lavoro forzato" per determinate aree geografiche o settori dove con ogni evidenza il fenomeno viene praticato. Il regolamento è "debole" in questi casi, afferma il gruppo Clean Clothes Campaign: "Il nostro pensiero va alla popolazione uigura: si potrebbe dubitare che  avrà effettivament un impatto sulle loro vite".

La Commissione europea dovrà stilare un elenco di aree e settori critici, e verrà creata una piattaforma online per consentire alle parti interessate di verificare tutte le informazioni disponibili.

"Gli Stati membri e le istituzioni europee devono fare tutto ciò che è in loro potere per garantire che vengano attuate e fatte rispettare in modo rigoroso", le parole di Steve Trent, a capo della Environmental Justice Foundation.

Condividi questo articoloCommenti

Notizie correlate

Parlamento europeo: a Strasburgo ultima sessione plenaria prima delle elezioni europee

Lavoro forzato, profitti mai così alti: 218 miliardi di euro all'anno

Biennale: tensioni con la Cina per padiglione sugli uiguri