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L'Ue può sanzionare anche le aziende straniere?

Diverse società cinesi sono sospettate di vendere alla Russia merci sotto embargo
Diverse società cinesi sono sospettate di vendere alla Russia merci sotto embargo Diritti d'autore Mark Schiefelbein/Copyright 2018 The AP. All rights reserved.
Diritti d'autore Mark Schiefelbein/Copyright 2018 The AP. All rights reserved.
Di Jorge LiboreiroVincenzo Genovese
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Per combattere l'aggiramento delle misure restrittive imposte alla Russia, l'Unione si prepara a colpire le imprese di altri Paesi che le vendono merci sotto embargo. Ma il quadro giuridico per farlo non è chiaro

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Con il suo undicesimo pacchetto di sanzioni, la Commissione europea ha proposto nuove misure per combattere l'aggiramento delle misure restrittive, come ha affermato Ursula von der Leyen durante il suo viaggio a Kiev in occasione della Giornata dell'Europa.

Sebbene i dettagli della proposta non siano stati resi pubblici, l'obiettivo è chiaro: Bruxelles punta il dito contro persone, aziende e persino interi Paesi sospettati di aiutare la Russia a eludere le sanzioni, vendendole quelle merci e quei prodotti che per via delle sanzioni non potrebbe acquistare direttamente dagli Stati dell'Unione.

"Recentemente abbiamo assistio a una crescita di flussi commerciali molto insoliti tra l'Unione europea e alcuni Paesi terzi: queste merci finiscono poi in Russia", ha affermato von der Leyen.

Il problema dell'extraterritorialità

La questione però è complessa, perché finora l'Ue ha sanzionato persone fisiche di cui poteva congelare i beni tenuti all'interno del proprio territorio, oppure aziende europee proibendo loro di avere interazioni commerciali con la Russia: ad esempio, da agosto 2022, è proibito nell'Ue importare il carbone russo.

Invece adesso si vorrebbero colpire realtà che operano in altri Stati, dove le autorità europee non hanno giurisdizione.

Negli ultimi anni, tuttavia, è emersa una nuova strategia sanzionatoria, in particolare da parte degli Stati Uniti, che hanno promosso l'uso dell'extraterritorialità nelle loro misure. Le cosiddette "sanzioni secondarie" ricadono infatti su entità poste al di fuori della giurisdizione del Paese che le emette.

Uno di questi casi è stato il noto ritiro deciso dall'amministrazione di Donald Trump dall'accordo sul nucleare iraniano. Il governo statunitense ha reintrodotto sanzioni che erano state precedentemente revocate e ha minacciato di punire le società in affari con Teheran, indipendentemente dalla loro collocazione geografica.

Ai tempi, l'Ue non la prese bene, contestando il fatto che imprese e investitori europei dovessero pagare il prezzo di una decisione presa unilateralmente a Washington. Ma alla fine ha prevalso la realpolitik: il mercato statunitense è troppo grande e importante per rischiare una disputa commerciale.

"Le sanzioni extraterritoriali scoraggiano principalmente società e individui a fare affari con i Paesi coinvolti", spiega a Euronews Viktor Szép, professore di Diritto all'Università di Groningen.

"Gli Stati Uniti riescono sostanzialmente a estendere la propria giurisdizione a persone non statunitensi su scala piuttosto ampia: dato che molte grandi aziende hanno legami con gli Stati Uniti, le leggi statunitensi hanno una portata considerevole, specialmente nel campo delle banche internazionali".

Tradizionalmente, L'Ue si è opposta a qualsiasi tipo di sanzione extraterritoriale, sostenendo che incida sulla sua sovranità e indipendenza. Sul tema è stata pure formulata una legge specifica nel 1996, nota come Blocking Statute, in risposta alle sanzioni statunitensi imposte a Iran, Cuba e Libia.

La legislazione vieta agli operatori comunitari di ottemperare a sanzioni extraterritoriali, annulla le sentenze emesse da tribunali stranieri e consente di chiedere il risarcimento dei danni. Successivamente è stata aggiornata per contrastare le ritorsioni statunitensi sul caso dell'Iran, sebbene l'esodo delle aziende europee da Teheran fosse ormai incontenibile.

"L'Ue ha sempre visto le sanzioni extraterritoriali come qualcosa che va contro il diritto internazionale: le sanzioni europee non sono mai state applicate a società o individui non europei, che svolgono attività interamente al di fuori dell'Unione", afferma Viktor Szép. 

Strumenti di pressione

Questa opposizione di lunga data ha vacillato quando il G7 ha introdotto il price cap sul petrolio russo, che funziona con un meccanismo particolare. Oltre a imporre un prezzo massimo per le importazioni nell'Ue e negli altri Paesi del G7, viene infatti anche applicato un tetto alle compravendite effettuate da Paesi terzi, grazie al fatto che le compagnie di assicurazione del trasporto marittimo, quasi tutte di Paesi del G7, non possono fornire servizi per scambi commerciali che eccedono la soglia prestabilita.

Per costringere le entità extra-europee a rispettare le sanzioni, servirebbe una leva simile: un meccanismo che obbliga indirettamente le aziende ad adeguarsi per proseguire il proprio business.

Gli Stati Uniti, ad esempio, applicano le loro sanzioni a livello globale impiegando il dollaro come strumento di pressione, ma è improbabile che l'Euro da solo possa replicare questo effetto deterrente.

"L'Unione europea è, in una certa misura, un nuovo arrivato nell'arena delle sanzioni secondarie", dice Tom Ruys, professore di diritto internazionale all'Università di Gand.

"L'Ue non ha la stessa influenza degli Stati Uniti, l'accesso al cui sistema finanziario è ancora vitale per una vasta gamma di istituzioni finanziarie in tutto il mondo. Direi che questo è qualcosa di unico”.

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Secondo Ruys, l'Ue ha tre possibili strade per reprimere l'elusione: limitare l'accesso al suo ricco mercato interno, avviare procedimenti penali nei tribunali nazionali contro coloro sospettati di aggiramento delle sanzioni e aggiungere altre società alla lista nera.

La black list europea è vista come l'opzione più sicura: in pratica, si traduce in congelamento dei beni all'interno dell'Ue e divieti di viaggio, ma implica anche una pessima pubblicità per le imprese coinvolte. Semplicemente aggiungendo società non russe alla lista delle sanzioni, dicono gli esperti, l'Ue potrebbe evitare l'uso di misure extraterritoriali.

Siamo contrari agli Stati che introducono sanzioni extraterritoriali o unilaterali. Se ciò dovesse accadere, reagiremmo in modo rigoroso e fermo"
Qin Gang
Ministro degli Esteri della Cina

La Cina non ci sta

Ma i Paesi dove queste società hanno sede non saranno contenti. La Cina, ad esempio, ha già lanciato un chiaro monito a Bruxelles.

"Siamo contrari agli Stati che introducono sanzioni extraterritoriali o unilaterali alla Cina o a qualsiasi altro Paese secondo le proprie leggi interne. E se ciò dovesse accadere, reagiremmo in modo rigoroso e fermo", le parole di Qin Gang, ministro degli Esteri cinese, in un visita a Berlino.

Il timore di controsanzioni cinesi, simili a quelle che l'UE ha subito in passato, potrebbe orientare gli Stati membri verso un approccio incentrato sul contenimento di esportazioni specifiche, piuttosto che sulla punizione di società o paesi, spiega Maria Shagina, ricercatrice presso l'International Institute for Strategic Studies.

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"Germania e Francia sono allergiche a qualsiasi uso di sanzioni extraterritoriali. Aggiungere un Paese terzo all'elenco delle sanzioni sarebbe prova di un'Ue disposta a spingersi molto oltre sul piano geopolitico". Ma quali paesi finirebbero nella lista? Secondo l'esperta, Kazakistan e Armenia sono più probabili di Cina o Turchia.

Non a caso Urusla Von der Leyen ha già anticipato che il meccanismo sarà usato "con cautela", come "ultima risorsa" e dopo una "analisi dei rischi molto diligente". Ciò riflette la posizione scomoda in cui si trova l**'Ue, stretta tra la sua tradizionale avversione all'extraterritorialità e la necessità di rendere più efficaci le proprie sanzioni**.

"Ogni volta che vengono adottate nuove misure sanzionatorie, i soggetti sanzionati si adeguano, cercando in modo creativo modi per aggirarle", chiarisce Tom Ruys. "Soprattutto ora che la posta in gioco è alta, perché viene coincolta una delle principali economie del mondo e quindi sfruttare le lacune del sistema sanzionatorio è ancora più attraente".

Quando la proposta della Commissione sarà pubblicata, gli Stati membri dell'Ue dovranno trovare un modo per far quadrare i conti.

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