Il governo britannico rafforza le politiche sull’immigrazione, riducendo i sostegni ai richiedenti asilo abili al lavoro e seguendo il modello danese. Cresce il peso politico di Reform Britain, mentre nel Paese aumenta il sentimento anti-migranti e le domande di asilo toccano livelli record
Il governo britannico, guidato dal Partito Laburista, ha rafforzato le politiche sull’immigrazione, concentrandosi soprattutto sulle traversate illegali delle piccole imbarcazioni che partono dalla Francia.
Parallelamente, il partito populista Reform Britain ha guadagnato un forte consenso e ha reso il tema migratorio il centro del dibattito politico, spingendo l’esecutivo a una linea più severa verso gli immigrati.
Il Ministero degli Interni del Regno Unito ha annunciato che, con le nuove riforme, verrà abolito l’obbligo legale di fornire alloggio e assistenza settimanale ad alcuni richiedenti asilo.
La ministra Nakhtar Mahmoud ha spiegato che le restrizioni riguarderanno chi è abile al lavoro ma non lavora e chi commette violazioni o reati.
Secondo il ministero, i pacchetti di sostegno – finanziati attraverso le tasse dei cittadini – daranno priorità a chi contribuisce realmente all’economia e alle comunità locali.
A breve verranno resi noti vengono ulteriori dettagli, con l’obiettivo dichiarato di ridurre l’attrattività dell’ingresso clandestino e accelerare i rimpatri.
Oltre 100 enti di beneficenza hanno inviato una lettera alla ministra Mahmoud chiedendo di porre fine alla “vittimizzazione dei migranti” e denunciando politiche che, a loro dire, alimentano razzismo e violenza.
Intanto, nei sondaggi, l’immigrazione ha superato l’economia come principale preoccupazione degli elettori britannici.
Il modello danese: permessi temporanei e sequestro dei beni
Nel periodo fino a marzo 2025 più di 109mila persone hanno presentato domanda di asilo nel Regno Unito, un aumento del 17 per cento sull’anno precedente e del 6rispetto al record del 2002.
Le nuove riforme britanniche si ispirano ai modelli della Danimarca e di altri Paesi europei, dove l’asilo è temporaneo, le tutele sono condizionate e ai richiedenti si chiede una vera integrazione nella società.
All’inizio del 2025 una delegazione del Ministero degli Interni ha visitato Copenaghen per studiare il sistema danese, basato su permessi di soggiorno temporanei di due anni, rinnovabili solo con una nuova domanda. Se il governo socialdemocratico valuta il Paese d’origine come sicuro, il richiedente può essere rimpatriato.
Il percorso verso la cittadinanza è stato inoltre allungato e reso più complesso, mentre sono state introdotte regole più rigide sul ricongiungimento familiare. Una legge del 2016 permette persino di sequestrare beni di valore dei richiedenti asilo per coprire le spese di sostegno, una misura che continua a suscitare forti polemiche.
La situazione attuale dell’asilo nel Regno Unito
Attualmente il Regno Unito concede asilo a chi può dimostrare di non essere al sicuro nel proprio Paese e lo status di rifugiato dura cinque anni, al termine dei quali si può richiedere un permesso di soggiorno permanente, se si rispettano determinati criteri.
La Danimarca, nota da oltre un decennio per le sue misure molto restrittive, sostiene che tali politiche abbiano fatto scendere le domande di asilo ai livelli più bassi degli ultimi 40 anni, con il 95 per cento dei richiedenti respinti effettivamente espulso.
Il clima anti-immigrazione cresce anche nel Regno Unito: durante l’estate si sono svolte proteste davanti agli hotel che ospitano richiedenti asilo. Un sentimento condiviso anche nel resto dell’Unione Europea, dove l’arrivo di oltre un milione di persone – soprattutto profughi siriani – tra il 2015 e il 2016 ha messo sotto pressione le infrastrutture di diversi Paesi.
Poiché gli Stati membri dell’Ue non sono riusciti a trovare un’intesa sulla ripartizione delle responsabilità, molti governi si sono concentrati sul rimpatrio dei richiedenti e sulla riduzione degli arrivi.