Striscia di Gaza, continuano i raid: "C'è una data" per l'attacco a Rafah dice Netanyahu

Un carro armato israeliano
Un carro armato israeliano Diritti d'autore Tsafrir Abayov/Copyright 2024 The AP. All rights reserved.
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Di Andrea Barolini
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Malgrado l'annuncio di un parziale ritiro delle truppe da parte di Israele, sulla porzione meridionale della Striscia di Gaza continuano a piovere bombe. Mentre si negozia al Cairo su una tregua nei prossimi giorni, il premier Netanyahu garantisce ancora che l'offensiva a Rafah si farà

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I raid israeliani sulla porzione meridionale della Striscia di Gaza continuano, nonostante l'annuncio di un parziale ripiegamento da parte delle truppe di Tel Aviv. L'aviazione ha infatti bombardato Rafah e il campo profughi di Nuseirat. 

L'Egitto continua a tentare una mediazione

La guerra, dunque, non accenna a placarsi, così come i tentativi da parte dell'Egitto di tentare di trovare un'intesa tra le parti per un cessate il fuoco prima della fine del Ramadan. In questo senso, fonti israeliane parlano di passi avanti, ma Hamas nega. 

Si lavora all'ipotesi di una tregua di tre giorni in concidenza con la fine del Ramadan, in cambio del rilascio di 40 ostaggi. "La proposta è stata consegnata ad Hamas, ora aspettiamo la loro risposta", ha detto il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americana, John Kirby.

La conditio sine qua non per Benjamin Netanyahu, tuttavia, è il rilascio degli ostaggi israeliani rapiti lo scorso 7 ottobre. 

I familiari di alcuni di loro sono stati ricevuti in Vaticano dal Papa, che ha garantito il suo impegno per il ritorno dei loro cari. Successivamente, hanno anche incontrato le autorità italiane e le comunità ebraiche, alle quali hanno chiesto sostegno. 

Netanyahu ha ricordato che l'avanzata su Rafah è necessaria per eliminare i battaglioni di Hamas e che "c'è una data" per farlo.

Il Nicaragua alla Germania: "Stop al sostegno militare a Israele"

Il governo di Israele appare però sempre più isolato. Il Nicaragua ha chiesto alla Corte suprema dell'Aia di bloccare il sostegno militare concesso dalla Germania a Tel Aviv, sostenendo che Berlino, di fatto, in questo modo agevola un possibile genocidio e violazioni del diritto umanitario internazionale .

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