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Vaccino: c'è chi dice no. Fra obbligo, timori e ritardi

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Di Alberto De Filippis
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Secondo alcuni giuslavoristi è possibile licenziare il lavoratore che non vuole vaccinarsi. Per ora però le regole sono confuse

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Mentre in Italia la campagna vaccinale procede a rilento, s'ignora ancora se il vaccino diventerà un obbligo o meno. Alcuni giuslavoristi hanno detto che il datore di lavoro potrebbe imporlo ai dipendenti. Proprio quanto accaduto in un ospedale a Vicenza dove i lavoratori sono stati minacciati con decurtazioni salariali e licenziamenti.

Il timore di molti è che si sia arrivati troppo presto a un vaccino rispetto ad altri preparati che hanno richiesto anni per ottenere i permessi. Oltre a questo ci sono anche numerosi problemi logistici e organizzativi. Regioni come la Calabria hanno comunicato di non avere personale né mezzi per ottemperare alle operazioni. In mezzo alla grande confusione qualche buona notizia con il vaccino tutto italiano Reithera. Dopo 28 giorni dalla vaccinazione oltre il 94% dei soggetti nella fascia d’età 18-55 anni vaccinati con una sola dose ha prodotto anticorpi, ed oltre il 90% ha sviluppato anticorpi con potere neutralizzante nei confronti del virus. Inoltre non ci sono state reazioni avverse.

Eppure i dubbi nei confronti di questi preparati restano fortissimi. Claudia Alivernini, prima infermiera ad essersi vaccinata ha smentito di aver ricevuto minacce di morte, ma è stata offesa da migliaia di no vax sulle reti sociali.

Sul territorio la Lombardia è una delle regioni con i numeri migliori. Lunedì erano state vaccinate circa 10.000 persone. Numeri comunque molto al di sotto di quelli che ci si aspetterebbe per ottenere una doppia vaccinazione di tutta la popolazione italiana entro la fine dell'anno

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