Lunga la trattativa per la liberazione, le forze libiche hanno provato a ricattare l'Italia
Sirene e urla di gioia hanno accolto i 18 pescatori di Mazara del Vallo al loro sbarco in Sicilia il 20 dicembre alle ore 10. Gli uomini sono stati 108 giorni nelle mani di Haftar, con l'accusa di essere entrati in acque libiche per pescare.
I pescatori - otto tunisini, sei italiani, due indonesiani e due senegalesi - sono tornati a casa a bordo dei due pescherecci, Antartide e Medinea, sequestrati dalle motovedette libiche di Khalifa Haftar lo scorso settembre.
Ne è seguita una lunga trattativa. Le forze di Haftar hanno persino provato a incastrare i pescatori accusandoli di detenzione di stupefacenti. Poi hanno giocato l'arma del ricatto contro il governo italiano, chiedendo in cambio la liberazione dei quattro calciatori libici, condannati in Italia come scafisti.
Negli ultimi mesi i familiari avevano lanciato vari appelli per il loro rilascio, organizzando diverse iniziative tra cui una marcia che si era conclusa davanti a Montecitorio.
L'annuncio della liberazione dei pescatori è arrivato giovedì dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Questo giovedì il premier era andato a Bengasi assieme al ministro degli Esteri Luigi Di Maio per seguire da vicino il caso.