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Idee per far rinascere la sinistra. Colloquio con Salvatore Veca

Salvatore Veca
Salvatore Veca Diritti d'autore Festivaldellamente.it
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Di Michele Carlino
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Secondo il professore di Filosofia politica, la ricostruzione di una proposta politica progressista può partire dall' l’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite

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La sinistra in Italia e in Europa, le idee e i progetti per una politica di cambiamento. alla vigilia delle consultazioni europee. Sono i temi al centro di una conversazione con il professore Salvatore Veca, docente di Filosofia politica all'Università di Pavia, che propone di assumere, come guida di questo processo di riflessione, l’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile redatta dalle Nazioni Unite.

Zingaretti ha una missione difficile davanti: da una parte deve presentarsi come europeista convinto, prendendo però le distanze da quello che l'Unione europea ha fatto generando anche una serie disagi sociali. Ha interesse a accreditarsi come soggetto politico capace di generare una azione di rottura, ma dall'altra deve allearsi con Carlo Calenda che dice cose che vanno in altra direzione. Da una parte gli interessa avere un buon rapporto con Macron - tant'è che hanno sperimentato le candidature incrociate tra Pd e En Marche - a dall'altra non può fare affidamento su di lui per una politica originaria, dato che non è nemmeno vicino alla famiglia socialista... Tutte queste ambiguità di fondo precipitano tutte su una questione che il suo libro (Qualcosa di sinistra, idee per una politica progressista, Feltrinelli) rende oggetto di discussione scientifica: perché il centrosinistra in Italia - ma varrebbe anche in Europa il discorso - non riesce a darsi dei parametri rispetto ai quali stabilire “questa è sinistra questa no”...?

È una questione molto difficile. Ho scritto questo libro (che ha un titolo debitore nei confronti di un regista italiano noto molto anche in Francia, che è Nanni Moretti, il celebre “Dì qualcosa di sinistra") motivato dal risultato elettorale del 4 marzo dell'anno scorso in Italia, in cui il centrosinistra o la sinistra hanno subito una debacle significativa e a fronte di questa sconfitta si è chiaramente mostrata la vittoria di un movimento populista come quello dei Cinque Stelle (che come tutti i movimenti populisti è molto difficile da definire nei suoi obiettivi, molto intermittente, molto ondivago e comunque basato sul rifiuto e sul ritiro di fiducia nei confronti delle élites politiche) e un movimento (un partito soprattutto: ricordo che nella Repubblica italiana la Lega ormai è il più antico partito che sussista) di tipo sovranista e in buona parte con striature di forte destra europea e illiberale. Se pensiamo alle frequentazioni Salvini-Orbàn per limitarci a queste. Militando da tanto tempo nella sinistra da quando ero ragazzo e avendo cercato di dare un contributo dal punto di vista scientifico e filosofico a una prospettiva politica di sinistra dagli anni settanta mi sono chiesto se non valesse la pena di tentare di proporre qualche idea a forze politiche di sinistra che in Italia - ma devo dire in Europa - hanno subito impressionanti collassi di fiducia da parte dell'elettorato, di popolo che è fuggito.

...Sinistre che han perso il loro popolo

Sono sinistre che han perso il loro popolo. Naturalmente ci sono le eccezioni, Sanchez è un caso particolare, Corbyn è un altro caso particolare, ma nella nella buona sostanza le grandi tradizioni socialdemocratiche, le grandi tradizioni pro-labour dal punto di vista politico hanno perso popolo. Perché? Per dirla nel modo più semplice possibile: i partiti di sinistra o di centrosinistra europei nell'ultima manciata del cosiddetto “decennio breve” - per riprendere Hobsbawm - hanno dovuto fare i conti con una profonda trasformazione, epocale, del mondo e quindi dell'Europa a fronte di una delle crisi piu pesanti che dal 2007-2008 abbiano ingabbiato, a partire dalle economie finanziarie, le economia reali, causando quindi la distribuzione di costi su ampie frazioni della popolazione di questa parte del mondo. Invece di misurarsi con l'ammontare di sofferenza sociale, di svantaggio sociale che cresceva in questa parte del mondo, si sono dovuti mettere alla prova con altri tipi di constituencies.

Non possiamo che pensare in chiave europea. Questo vuol dire che l’Europa è ineludibile, l’Unione europea è ineludibile. È uno straordinario artefatto politico, che deve poter essere modificato, e deve essere soprattutto completato

Il problema Zingaretti che da un lato è europeista convinto ma dall'altro però deve tenere conto delle critiche, di quello che non va, in una Europa che è inevitabile a mio modo di vedere. Io sono profondamente convinto che dobbiamo ricostruire una sinistra o un centrosinistra europeo. Contrariamente a quello che dicono i sovranisti o i neo-nazionalisti o gli sciovinisti alla “retrotopia” alla Bauman, noi non possiamo che pensare in chiave europea. Questo vuol dire che l’Europa è ineludibile, l’Unione europea è ineludibile. È uno straordinario artefatto politico, che deve poter essere modificato, e deve essere soprattutto completato.

Dove un tempo le forze politiche di sinistra facevano il pieno oggi sono forti le destre e i sovranisti... Parallelamente le politiche economiche della destra hanno spinto una gigantesca redistribuzione del reddito dai poveri ai ricchi, aumentando il malessere sociale. Eppure la fattura di ciò la paga la sinistra...

Le prime avvisaglie in Italia dello smottamento di un elettorato stabile nei confronti del Pci è stato dagli anni '90 in poi nei confronti della Lega. Alle elezioni del 92-93 dopo il collasso del sistema politico italiano dovuto a Tangentopoli tutti ricordiamo che una citta come Milano vedeva tutte le sue perifeire operaie o ex operaie, cioe i luoghi del malessere sociale, rivolgersi e sentirsi piu rappresentate da un movimento allora secessionista e sub-nazionale come la Lega - che non é la Lega di oggi, era la Lega Nord - e ritirare fiducia nei confronti del Pci che era un partito prolabour classico. Poi il blairismo è divetata la malattia senile dei partiti di sinistra. Blair non sarebbe mai stato possibile senza Thatcher, perché Thatcher aveva fatto il lavoro sporco e Blair ha potuto costruire con Antony Giddens l’ipotesi della celebre terza via semplicemente adottando politiche liberiste con qualche concessione, un lib-lab, come si diceva. In realtà questi partiti che derivano dall’esperienza della sinistra in Europa sono stati tutti travolti da un enorme cambiamento e passaggio d’epoca. Sono entrati in un altro mondo ma ci sono entrati mantenendo alcune credenze e convinzioni che avevano ereditato dal mondo perduto. Il mondo ritrovato è un mondo trasformato dai processi di globalizzazione, che originariamente nasce come progetto politico liberista, che poi ha avuto effetti molto diversi sul pianeta, perche ha redistribuito vincenti e perdenti sociali consentendo a chi prima era svantaggiato di avvantaggiarsi e chi prima era relativamente avvantaggiato di svataggiarsi… Se uniamo i processi di globalizzazione, che implicano una radicale finanziarizzazione dell’economia, ai processi di rapidissima innovazione tecnologica, il passaggio dalla era Gutenberg alla era Internet, il “combinato disposto”, l’insieme di queste due cose redistribuisce completamente costi e benefici nelle società. In questo quadro i partiti di centrosinistra che si sono trovati al governo hanno del tutto dimenticato la loro responsabilità nei confronti di chi era svantaggiato, e hanno dovuto negoziare sistematicamente con i poteri sociali, poiché il potere politico degli esecutivi nazionali è indebolito fortemente. È il problema di una politica insediata entro confini e che deve misurarsi con poteri sociali, a partire dai poteri finanziari, ai poteri comunicativi, dai poteri culturali, ai poteri religiosi, che attraversano come vogliono le frontiere; questo rende terribilmente difficile l’elaborazione di politiche ispirate a idee.

La sinistra ha smesso di prendere sul serio il rapporto tra idee e politiche. Le sue politiche sono state dettate dal breve termine, dalla necessità di misurarsi con vincoli, con poteri sociali ubiqui, con sovrani opachi, e questo ha generato quella sorta di ritiro di fiducia

Perché siamo veramente a corto di idee, lo dico con rude semplicità; la sinistra ha smesso di prendere sul serio il rapporto tra idee e politiche. Le sue politiche sono state dettate dal breve termine, dalla necessità di misurarsi con vincoli, con poteri sociali ubiqui, con sovrani opachi, e questo ha generato quella sorta di ritiro di fiducia nei confronti delle formazioni dei partiti di sinistra in Europa ovunque in realta se ci pensiamo. Siamo in una fase di grande trasformazione, per dirla col vecchio Karl Polany, che in molte parti ha caratteri di regressione. Sono valori o idee guida buttati da un canto. E siccome non c’è conquista in termini di diritti e di giustizia che sia irreversibile, anche le più belle cose che uno puo aver combinato possono essere dissolte, investimenti di lungo termine possono dissolversi….

Crollati i modelli del passato, la sinistra non è riuscita a darsene di nuovi. Sulla analisi corretta e conseguente dei fenomeni pare prevalere la volontà di rimediare ai problemi e andare avanti, senza passare per una riflessione autentica...

Con questo libro ho fatto un tentativo di proporre idee da cui siamo partiti. La mia proposta è semplice, e purtroppo non ne sento molto parlare nell’ambito dei discorsi politici nella sinistra. Io sono convinto che un modo nè ipocrita nè autoreferenziale di offrire una visione di futuro - e di quale futuro - possa consistere nell’adottare gli obiettivi di Sviluppo sostenibile dell’Agenda ONU 2015-2030, coma la stella polare che ci guida nella riforma sociale. Sono obiettivi terribilmente esigenti, questo ce lo insegnano i ragazzi come GretaThunberg. Oggi abbiamo un sacco di ricerche e elaborazioni sul grande tema del rethinking capitalism. Stiglitz lo ha detto chiaramente: il capitalismo non si giustitica da sé; non c’è istituzione che si giustifichi da sé dice Noam Chomsky. Bisogna che si giustifichi sulla base di conseguenze nei confronti della qualità di vita delle popolazioni. Oggi non c’è più giustificazione. Quando parliamo di mercati, vorrei dire al mio amico Carlo Calenda: questi non sono mercati; sono mercati che farebbero inorridire Adam Smith. Sono, quando non monopoli, oligopoli globali. Bastano 10 grandi corporation perchè collassi completamente l’idea standard di mercato. Un mercato è parametrico rispetto ai prezzi, una situazione monopolista, duopolistica o oligopolistica è una distorsione del funzionamento dei mercati.

Quando parliamo di mercati, vorrei dire al mio amico Carlo Calenda: questi non sono mercati; sono mercati che farebbero inorridire Adam Smith

Ma partiamo dall’idea che la sostenibilità, che ha molti volti, è multidimensionale, non è meramente economica ma anche sociale e anche culturale, e anche come dice il mio amico Mauro Magatti, sociologo, umana. Se prendiamo un’idea non riduzionistica della sostenibilità e associamo a essa un’idea non riduzionistica di progresso sociale, antico e classico termine, un’idea multimensionale di progresso sociale allora lei vede che se prende i 17 obiettivi della Agenda ONU, sono quelli attorno vale la pena che la sinistra cerchi di delineare una rotta e fare un’offerta di futuro per le persone, tenendo presente la qualità di vita delle persone, l’impatto e gli effetti sulla qualità di vita delle persone di ampie frazioni di popolazione in società come quelle europee, ecco, si vede che c’è un disegno di riforma. Non è una passeggiata, certo, lo scrivo nelle ultime pagine del mio libro. Non è una passeggiata perché apre un conflitto con consolidati interessi con poteri sociali economici finanziari ubiqui con gli effetti che questo ha sulla qualità di vita delle persone. È un problema di giustizia tra generazioni, quello della sostenibilità, riaprire un’ombra di futuro sul nostro presente. Se la sinistra è condannata al presentismo come lo chiamo io, ciccia, non se ne esce.

Il nuovo segretario del Partito democratico Zingaretti afferma la necessità di rilanciare la questione sociale, ora resta da vedere con quali azioni politiche, in Italia e in Europa...

Ho ascoltato alcuni discorsi di Zingaretti nel suo Piazza Grande. Non ci si può limitare a dire “non possiamo avere piu esperienza come la troika” oppure “l’Europa non puo essere quella degli autocrati di Bruxelles”… ti devi dare una prospettiva, non dico un disegno di società, ma di quale idea abbiamo di come convivere non oggi - oggi ovviamente - ma per i nostri figli e i nostri nipoti. Questa prospettiva, se non la comunichiamo in modo veridico, vede arrivare il sovranista che ti dice prima gli italiani – e potrebbe dire prima gli albionici, i catalani, i baschi, i belgi… No, io voglio una prosettiva europea. L’Europa devo dire ha lavorato moltissimo all’elaborazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile; gli accordi di Parigi del COP 21 sono un esempio. Se c’è una prospettiva di civiltà europea è quella dello sviluppo sostenibile, del contrasto alla povertà, della parità di genere, della riduzione delle diseguaglianze non giustificabili, della preservazione della biodiversità e contro la desertificazione… La visione ambientalista non è l’ambientalismo delle “etiche ecologiche” degli anni Settanta, ma è una visione che deriva dal Rapporto Bruntland del 1987 e dagli approfondimenti nei vari Summit, da Rio a Johannesburg, dell’approccio di Amartya Sen e Martha Nussbaum, cioè è una cultura olistica, non riduzionistica, su cui l’unico che abbia detto cose straordinarie è Papa Francesco nel 2015 con Laudato Sii.

Sta dicendo che le idee attorno alle quali rifondare la sinistra potrebbero essere quelle indicate dall’ l’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile dell'ONU?

Facciamo un esempio. Problema migrazioni. Abbiamo come sappiamo dei political refugee, e questo da sempre, ma abbiamo anche dei climate refugee. Perché deve uno lasciare il posto in cui è nato, mica si diverte...? C'è una battuta straordinaria di Albert Camus che diceva: "amo moltissimo il mio paese, dove sono nato, dove sono a casa. Mi piace anche viaggiare". E questo mi sembra da dire ai sovranisti o ai cosmopoliti di lusso. (Siamo sospesi tra i cosmopoliti degli hotel tutti uguali in tutto il mondo, saranno ventimila in tutto, e ovunque siano sono nello stesso posto, e poi i sovranisti cretini che si inventano le identità). Per quello quando dici “obiettivi di sviluppo sostenibile” non ti riferisci solo alla questione sacrosanta delle energie rinnovabili, non ti riferisci solo all'acidificazione degli oceani, o al problema dell'enorme spreco alimentare globale, del trenta e passa per cento su tutto il prodotto globale di cibo... Combina tutti questi aspetti e ti si delinea una prospettiva di “sviluppo umano come libertà delle persone”, per dirla con Amartya Sen.

C'è una battuta straordinaria di Albert Camus che diceva: "Amo moltissimo il mio paese, dove sono nato, dove sono a casa. Mi piace anche viaggiare".

C'è poi una grande incertezza del ceto politico e in particolare del ceto politico della sinistra, che ha una storia di luci e ombre, ma che ha il senso di cosa abbia voluto dire fare politica (altri non ce l'hanno semplicemente perché non l'hanno mai avuta e sono entrati in politica solo per far soldi). La trasformazione della selezione del ceto politico è una cosa importantissima. La revoca di fiducia nei confronti delle competenze, che é pane per tutti i populisti da sempre e oggi in forme nuove naturalmente, é anche il sintomo di un modo di selezione del personale politico completamente deformato rispetto a quelli che tradizionalemte hanno costruito i ceti politici sia conservatori sia progressisti.

Salvatore Veca(Roma, 1943) insegna Filosofia politica alla Scuola Universitaria Superiore Iuss di Pavia, di cui è stato prorettore vicario dal 2005 al 2013. Dal 1999 al 2005 è stato preside della facoltà di Scienze politiche dell’Università di Pavia. Dal 1984 al 2001 è stato presidente della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli di Milano, di cui è presidente onorario. Con Feltrinelli ha pubblicato: Una filosofia pubblica (1986), Cittadinanza. Riflessioni filosofiche sull’idea di emancipazione (1990, 2008), Dell’incertezza. Tre meditazioni filosofiche (1997), Della lealtà civile. Saggi e messaggi nella bottiglia (1998), La bellezza e gli oppressi. Dieci lezioni sull’idea di giustizia (2002, 2010), La priorità del male e l’offerta filosofica (2005), L’idea di incompletezza. Quattro lezioni (2011), Sarabanda. Oratorio in tre tempi per voce sola (2011), L’immaginazione filosofica e altri saggi (2012), Il senso della possibilità. Sei lezioni (2018), Qualcosa di sinistra. Idee per una politica progressista (2019).

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