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Il paradosso della "sconfitta" di Vittorio Veneto e della "vittoria" di Caporetto

Il paradosso della "sconfitta" di Vittorio Veneto e della "vittoria" di Caporetto
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Di Paolo Alberto Valenti
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Come oggi il problema della Grande Guerra (1915 1918) non è stato quello nazionale. Solo una visione sopranazionale delle cose salverà il pianeta. Lo ha indicato bene anche il grande scrittore Giuseppe Prezzolini nel 1919

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Le abitudini mentali con le quali ci rappresentiamo la Grande Guerra sono ormai distoniche con una rappresentazione adeguata della modernità. Lo scrisse anche uno degli intellettuali più lucidi del Novecento, Giuseppe Prezzolini: "Se volessi esprimermi paradossalmente, direi che Caporetto è stata una vittoria, e Vittorio Veneto una sconfitta per l'Italia. Senza paradossi si può dire che Caporetto ci ha fatto bene e Vittorio Veneto del male; che Caporetto ci ha innalzati e Vittorio Veneto ci ha abbassati, perchè ci si fa grandi resistendo ad una sventura ed espiando le proprie colpe, e si diventa invece piccoli gonfiandosi con le menzogne e facendo risorgere i cattivi istinti per il fatto di vincere". (Quarta di copertina del volume "Dopo Caporetto ~`Vittorio Veneto").

La vittoria morale

Sul piano morale l'Italia aveva già vinto quando le note del Nabucco di Verdi parlavano del "patire virtù". Prezzolini ha applicato alla sua lucida lettura della guerra la profondità dello spirito risorgimentale che voleva replicare per il paese uno slancio così potente come quello che nel Rinascimento aveva proiettato l'Italia ben al di là delle sue frontiere assicurandogli una serie di indiscussi record.

"Dopo Caporetto - Vittorio Veneto"

Nel recentemente ripubblicato pamphlet "Dopo Caporetto - Vittorio Veneto" (Edizioni di Storia e Lettertura - Civitas), a cura dello storico di fama internazionale Emilio Gentile, Prezzolini mette a punto un dispositivo che non è cambiato dai primi del Novecento ad oggi e conferma quanto le classi sociali dominanti - in primis la borghesia italiana - siano state clamorosamente inferiori ai loro compiti; sono state inette.

L'inettitudine della classe dirigente italiana

Lo certifica il "suicidio" dei primati europei che la guerra significò lasciando agli italiani, che non sono mai stati un popolo a vocazione guerriera, il merito di diventare degli eroi (dopo essere stati disprezzati dal Generale Cadorna) davanti a un nemico più potente e organizzato, espressione di una delle superpotenze dell'epoca, e questo solo dopo la rotta di Caporetto e con le successive sanguinose vittorie italiane sul Monte Grappa e sul fiume PIave.

La lezione della storia

La questione nazionale, oggi come allora, non è il problema chiave perchè soltanto una visione sovranazionale delle cose (come indicava giustamente Prezzolini) salverà l'umanità ma intanto la guerra resta sempre quella lezione della storia che i popoli non apprendono mai abbastanza!

Va, pensiero - dal Nabucco di Verdi

"Va, pensiero, sull'ali dorate;

Va, ti posa sui clivi, sui colli,

Ove olezzano tepide e molli

L'aure dolci del suolo natal !

Del Giordano le rive saluta.

Di Sïonne le torri atterrate

Oh mia patria si bella e perduta !

Oh membranza si cara e fatal !

Arpa d'òr dei fatidici vati,

Perche muta dal salice pendi ?

Le memorie nel petto raccendi,

Ci favella del tempo chefu !

O simìle di Solima ai fati

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Traggi un suono di crudo lamento,

O t'ispiri il Signore un concento

Che ne infonda al patire virtu, x 3

Al patire virtu !"

LEGGI ANCHE: "MOMENTI di VITA" di Francesco Ronco, Edizioni Helicon, Arezzo.

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