I cristiani di ritorno in Siria chiedono pace, ma anche la fine dell'ingerenza delle potenze straniere

I cristiani di ritorno in Siria chiedono pace, ma anche la fine dell'ingerenza delle potenze straniere
Di Selene VerriAissa Boukanoun
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Dal 2011 più della metà dei cristiani di Siria hanno lasciato il paese. Stanno lentamente tornando, ma temono le violenze dei jihadisti.

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Prima della guerra, i cristiani in Siria rappresentavano il 10 per cento dei 18 milioni di abitanti. Si stima che la metà abbia lasciato il paese dal 2011. Le ragioni, secondo il rapporto stilato quasi un anno fa dalle ong cristiane Open Doors, Served e Middle East Concern, vanno ricercate non solo nella violenza del conflitto, ma in una serie di fattori accumulatisi nel tempo, tra cui l'aumento dei prezzi e la perdita di opportunità lavorative. 

Ma anche se Isil oggi è sconfitto, e i cristiani stanno tornando, rischiano ancora di finire vittime dei vari gruppi e gruppuscoli estremisti islamici nati dal caos della guerra civile, dice Karen Tadevosyan, presidente del Comitato degli Armeni del Belgio: "I cristiani sono in prima linea proprio perché sono cristiani. Immaginiamo allora che cosa potrebbero fare di loro i jihadisti. L'abbiamo già vissuto un secolo fa, nel 1915. Se molti cristiani d'Anatolia sono stati massacrati è proprio perché erano cristiani".

Se questa è l'alternativa al regime, non c'è da meravigliarsi se molti preferiscono il governo attuale. Almeno, questo è il caso di Peter Petrossian, un cristiano di Aleppo residente a Bruxelles. È vice presidente del Comitato di sostegno ai cristiani d'Oriente, ma dice che parla solo a proprio nome, non in quanto rappresentante dei cristiani di Siria. Per lui "I cristiani della Siria sono per uno Stato siriano, per l'unità della Siria e dei suoi territori. Sono per la pace in Siria e contro il conflitto armato in Siria. Quello che facciamo oggi è collaborare con il nostro Stato per l'instaurazione della pace a beneficio del popolo siriano".

Il che non significa che non vedano la necessità di instaurare un sistema più democratico. Ma - dice Tadevosyan - i cambiamenti devono venire dai siriani, non dagli interessi delle potenze straniere in conflitto: "Certo, una parte della popolazione della Siria chiedeva cambiamenti, ma non hanno mai chiesto la guerra, e non hanno mai chiesto di subire tutte queste atrocità... abbiamo avuto decine di migliaia di morti, di profughi, di sfollati, intere città bombardate, non hanno chiesto questo. Le potenze hanno deciso al posto loro, ed è stato un fallimento".

Journalist • Selene Verri

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