Trattato di Schengen, accordi bilaterali, vecchie convenzioni tra Agenzia delle dogane francese e autorità italiane: proviamo a trovare il bandolo della complessa matassa giuridica che sta mettendo a dura prova le relazioni fra Roma e Parigi
L'Italia accusa, la Francia non retrocede. Chi ha ragione sui fatti di Bardonecchia? Il bandolo della matassa va ricercato in un rebus giuridico, andatosi a intricare negli anni di pari passo con il moltiplicarsi degli accordi sul tema.
Il trattato di Schengen: sì all'intervento degli agenti stranieri (ma a determinate condizioni)
All'interrogativo circa il diritto o meno, da parte dei doganieri francesi, di intervenire sul territorio italiano, rispondono anzitutto gli articoli 40 e 41 del Trattato di Schengen, che autorizzano sì la prosecuzione della "osservazione" di un soggetto e "l'intervento" oltrefrontiera degli agenti, ma solo ad alcune, precise, condizioni.
Nel primo caso, l'art. 40 stabilisce che il sospetto debba essere sospettato di un reato che possa dar luogo all'estradizione dal Paese in cui è stato commesso. Nel secondo, quello dell'intervento, che il soggetto sia stato colto in flagranza di reato e che quest'ultimo rientri fra quelli elencati paragrafo 4 dell'art. 41: assassinio, omicidio, stupro e diversi altri, ma non lo spaccio o la detenzione di stupefacenti, che hanno dato la perquisizione del cittadino nigeriano al centro del caso.
In entrambi i casi, l'intervento degli agenti stranieri deve in linea generale essere autorizzato dalle autorità del Paese interessato, in questo caso l'Italia. Qualora l'urgenza lo richieda è tuttavia prevista, ma sempre a determinate condizioni, la possibilità di derogare a questo principio. L'art. 41, che autorizza l'intervento, specifica tuttavia che "al più tardi al momento di attraversare la frontiera, gli agenti impegnati nell'inseguimento avvertono le autorità competenti della Parte contraente nel cui territorio esso avviene".
Qui il testo integrale del Trattato di Schengen
A complicare l'interpretazione di quanto avvenuto a Bardonecchia è poi il fatto che la disciplina in merito non si esaurisce negli articoli sopra citati. In proposito alla "Cooperazione tra forze di polizia", sempre il trattato di Schengen stabilisce infatti all'art. 39, c.4 che "nelle regioni di frontiera, la cooperazione può essere disciplinata da accordi tra i Ministri competenti delle Parti contraenti".
Trattati, accordi bilaterali e addirittura una vecchia convenzione degli anni '60: l'ingarbugliata matassa degli altri testi di riferimento
I più recenti di questi accordi sono quello di Chambery del 1997, il Trattato di Prüm del 2005 e l’Accordo tra Italia e Francia in materia di cooperazione bilaterale per l'esecuzione di operazioni congiunte di polizia del 2012. In merito alla fruibilità di locali al confine, come quello della Ong Rainbow4Africa, negli anni '60 erano però state siglate delle convenzioni, che non è ancora chiaro se siano da considerarsi tutt'ora in vigore.
Italia e Francia: quell'accordo del 2012 che sembra dar torto a Parigi
Tra i primi a tentare di districare il bandolo di questa matassa è stata l'ASGI, l'Associazione Studi Giuridici sull'Immigrazione, che a poche ore dal verificarsi dei fatti ha diffuso un comunicato con un suo parere. Quest'ultimo mette anzitutto in luce quella che appare come una fragrante violazione dell'Accordo tra Italia e Francia in materia di cooperazione bilaterale (poi recepito dalla legge n. 215/15) che, al suo art. 3, c.1 stabilisce: "Gli agenti dello Stato di invio operano sotto il controllo e, generalmente, in presenza di agenti dello Stato di destinazione".
Centri di cooperazione e funzionari stranieri: l'accordo di Chambery
Più incerte sono invece le interpretazioni in merito al rispetto o meno dell'Accordo di Chambery del 1997. Sempre l'ASGI sostiene che l'intervento dei doganieri francesi abbia configurato una sua violazione, in quanto stabilirebbe che i "funzionari di collegamento" non siano "in nessun caso competenti per eseguire personalmente misure di polizia". Gli artt. 6 e 8 sembrano in effetti escludere un intervento autonomo degli agenti stranieri, come avvenuto a Bardonecchia, in quelli che il testo definisce "Centri di cooperazione di polizia e dogana". In particolare, l'art. 8 specifica che, "in seno ai centri di cooperazione" e nel quadro definito dall'art. 6, gli agenti "contribuiscono all'assistenza del personale impegnato nelle operazioni di osservazione e di inseguimento oltre frontiera (...)".
Sì alle eccezioni, ma in "situazioni d'emergenza": il trattato di Prüm
Il trattato di Prüm, nel suo art. 24 dedicato alle "Forme di intervento comuni", stabilisce poi che "le competenze di pubblica autorità" possono essere esercitate "unicamente sotto il comando e, in via generale, alla presenza di funzionari dello Stato di accoglienza". Deroghe a questo principio sono previste dal successivo art. 25, che le limita però alle "situazioni d'emergenza" e autorizza i funzionari dell'altro stato ad adottare le sole "misure provvisorie necessarie" a "scongiurare ogni pericolo imminente per la vita o l’integrità fisica delle persone".