Libia: il crocevia dei migranti

Libia: il crocevia dei migranti
Di Euronews
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La Libia, con 2.000 km di costa e 4.000 km di frontiere terrestri, è diventata il principale punto di partenza dei migranti.

Cinque anni dopo la caduta di Gheddafi la Libia resta nell’istabilità più assoluta.
Il Paese, impossibilitato nel controllare duemila chilometri di costa e quattromila chilometri di frontiere terrestri, è diventato il crocevia per l’emigrazione clandestina.

La nostra inviata Valerie Gauriat ha filmato questo reportage per testimoniare le condizioni di migliaia di persone, il cui unico obiettivo è raggiungere l’Europa.

I migranti, ufficialmente 300.000, provengono da diversi Stati africani. Fuggono da guerre o carestie ma, una volta in Libia, finiscono nei centri di detenzione. Qui trascorrono diversi mesi perché la legge locale prevede che i cittadini stranieri, entrati nel paese irregolarmente, possono essere detenuti a tempo indeterminato in attesa dell’espulsione. Ma loro disperazione è tale che sono disposti a tutto pur di affrontare il pericolo di un viaggio verso l’Italia, che da qui dista meno di 300 chilometri.

La guardia costiera libica prova a fermare gli scafisti ma i mezzi a sua disposizione sono ridicoli. A Tripoli, ad esempio, la squadra incaricata di pattugliare 120 chilometri di coste ha soltanto sei gommoni da dodici metri a disposizione. Sono imbarcazioni totalmente inadatte alla navigazione in alto mare e a percorrere lunghe distanze.

Secondo il responsabile della Guardia Costiera libica la presenza di navi europee nel Mediterraneo, italiane in primis, non ha fatto altro che aumentare il numero di traversate. Perché i migranti sanno che appena superate le acque territoriali libiche trovano le imbarcazioni dell’operazione Sophia che li trasporterà sulle coste europee. Il problema è che spesso i gommoni affondano prima di oltrepassare le dodici miglia marittime. La traversata in gommone costa 16.000 euro, 130.000 per un’imbarcazione da pesca.

Secondo le Nazioni Unite circa 4.700 persone hanno perso le vita quest’anno nel Mediterraneo, una cifra record. Da gennaio più di 14.000 migranti sono stati soccorsi in mare. Quattro volte di più rispetto al 2015.

Anche il Dipartimento per la lotta contro l’immigrazione clandestina non ha fondi sufficienti. Molti uomini sono a Sirte per lottare contro l’ISIL e gli stipendi non vengono pagati da più di tre mesi.

Sul banco degli imputati c‘è l’intera comunità internazionale: l’Unione europea, l’Organizzazione Mondiale per le Migrazioni, Frontex e le Nazioni Unite. Secondo i libici l’immigrazione per tutti questi organismi sembra essere un business o un mezzo di pura propaganda.

In Libia ci sono 22 centri di detenzione. Centinaia le persone stipate in luoghi di fortuna. Le condizioni igieniche sono disastrose. Il cibo scarseggia e le persone cercano di sopravvivere, nella speranza di poter uscire da queste strutture.

Le violenze, da parte della guardie, in diversi centri sono all’ordine del giorno. Così come gli stupri.

Tra i migranti c‘è qualcuno che chiede semplicemente di poter tornare a casa. Ma tutti gli altri non vogliono o non possono: la loro meta è l’Europa. Il loro unico ostacolo: il Mediterraneo.

Link Utili:

UE: schede informative sulle migrazioni

Frontex: esercitazioni con la Guardia Costiera libica

Amnesty International: in Libia migranti e rifugiati in fuga da violenze sessuali, persecuzioni e sfruttamento

Amnesty International: l’UE rischia di alimentare le violenze contro migranti e rifugiati

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