I veti sull'Ucraina sfidano la credibilità dell'Ue sull'allargamento

Il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó ha dichiarato che sarebbe "irresponsabile" se l'UE decidesse di aprire i negoziati di adesione con l'Ucraina.
Il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó ha dichiarato che sarebbe "irresponsabile" se l'UE decidesse di aprire i negoziati di adesione con l'Ucraina. Diritti d'autore Virginia Mayo/Copyright 2023 The AP. All rights reserved
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Di Jorge LiboreiroSandor Zsiros
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Questo articolo è stato pubblicato originariamente in inglese

Tra i ministri degli Esteri cresce il disappunto per l'opposizione di Budapest all'allargamento a Kiev e allo stanziamento dei fondi a favore del Paese in guerra. Si attende un vertice di fuoco

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Il primo ministro ungherese Viktor Orbán continua con risolutezza la sua campagna di opposizione per impedire l'apertura all'Ucraina dei negoziati di adesione all'Ue. Il governo di Budapest si oppone anche allo stanziamento di un fondo speciale di 50 miliardi di euro per il sostegno finanziario a Kiev e per ostacolare ulteriori forniture di aiuti militari al Paese che da febbraio 2022 cerca di rispondere all'invasione su larga scala della Russia.

Nell'ambito dell'attuale programma di assistenza macrofinanziaria da 18 miliardi di euro, all'Ue rimane solo un pagamento del valore di 1,5 miliardi di euro da erogare a Kiev. Se i leader non approveranno un'integrazione del bilancio, la Commissione europea non sarà in grado di reperire nuovi fondi sul mercato, ponendo bruscamente fine al sostegno.

I trattati istitutivi dell'Unione europea chiedono che su materie come l'allargamento e il bilancio le decisioni siano prese all'unanimità. In una telefonata con il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez, Orbán ha affermato di non gradire una nuova discussione sull'Ucraina.

L'atteggiamento sempre più spavaldo del primo ministro magiaro ha alimentato i timori di Bruxelles sul pericolo di uno sfaldamento dell'unità politica mostrata all'indomani dell'invasione russa su larga scala. Attualmente 60 miliardi di dollari del bilancio statunitense destinati inizialmente all'Ucraina sono bloccati a causa della battaglia legislativa tra democratici e repubblicani.

Durante la riunione dei ministri degli Esteri a Bruxelles, si è avuto già un assaggio del disappunto espresso da gran parte dei governi europei nei confronti dell'ostruzionismo di Orbán.

"L'unica spiegazione che posso darmi nel leggere la posizione ungherese, non solo sull'Ucraina ma su molte altre questioni, è che si tratta di un governo contrario all'Ue e a tutto ciò che l'Europa rappresenta", ha dichiarato ai giornalisti il ministro lituano Gabrielius Landsbergis, secondo cui lo stallo è ormai uno "scontro di ideologie".

Il suo omologo lettone, Krišjānis Kariņš, ha detto con più cautela che i ministri e i leader devono esaminare tutte le opzioni disponibili per superare lo stallo e garantire che i colloqui di adesione ricevano il via libera politico.

"La posizione dell'Ungheria in questo momento è, per così dire, una sfida", ha dichiarato Kariņš ai giornalisti, "ma sottolinea anche i pro e i contro delle decisioni all'unanimità". Per il rumeno Luminița Odobescu il sostegno dell'Ue all'Ucraina è di "importanza critica" e una "questione di responsabilità" e "credibilità". Secondo il ministro estone Margus Tsahkna l'Ungheria non ha "nessuna ragione" e "nessun argomento" per bloccare né l'apertura dei colloqui di adesione né la fornitura di sostegno finanziario e militare all'Ucraina.

Non possiamo mostrare alcun segno di debolezza

È probabile che l'opposizione di Orbán sia legata a questioni completamente estranee alla guerra di Russia: i miliardi di fondi Ue che Bruxelles ha congelato per questioni di stato di diritto.

Dalla fine dello scorso anno, la Commissione europea ha trattenuto quasi 22 miliardi di euro di fondi di coesione e i 10,4 miliardi di euro del piano di ripresa e resilienza dell'Ungheria.

In primavera Budapest ha approvato una riforma per rafforzare l'indipendenza giudiziaria e limitare l'influenza politica sui tribunali, in linea con le "super pietre miliari" imposte dalla Commissione.

L'iniziativa ha indotto l'esecutivo a erogare 920 milioni di euro di prefinanziamento dal piano di ripresa e resilienza e ad avviare i preparativi per l'erogazione di 10 miliardi di euro dai fondi di coesione. Ma Orbán, che ha spesso parlato di "ricatto finanziario", ha chiesto il rilascio dell'intera somma di denaro.

"Non dovrebbe essere un gioco di contrattazione, ma ovviamente, in questa situazione dobbiamo trovare tutti i canali possibili per trovare una soluzione", ha dichiarato la ministra finlandese Elina Valtonen ai giornalisti che le chiedevano come fare per far cambiare idea a Orbán.

Le richieste degli alleati europei sono finora cadute nel vuoto.

Parlando ai media ungheresi a Bruxelles, il ministro degli Esteri Péter Szijjártó ha ribadito che il suo Paese avrebbe continuato a porre il veto.

"I tempi non sono maturi per l'avvio dei negoziati di adesione, non si tratta di una mossa tattica", ha dichiarato il ministro.

Szijjártó ha definito "sbagliata" la valutazione della Commissione europea sulla domanda di adesione dell'Ucraina, secondo cui Kiev ha soddisfatto quattro dei sette prerequisiti per l'apertura dei negoziati, pur dovendo ancora da fare passi in avanti nel campo della lotta alla corruzione, della de-oligarchizzazione e dei diritti delle minoranze.

L'Ungheria ha affermato che l'Ue dovrebbe concentrarsi su una strategia di "cooperazione più stretta" con l'Ucraina senza avanzare nell'allargamento.

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"I negoziati di adesione o l'adesione stessa hanno implicazioni per l'Unione Europea che per noi sono ancora ignote", ha detto Szijjártó in una conferenza stampa con i giornalisti. "Sarebbe semplicemente irresponsabile aprire i negoziati di adesione ora, non solo dal punto di vista nazionale ma anche dal punto di vista dell'Unione Europea", ha aggiunto.

Il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, intervenuto a Bruxelles per partecipare all'incontro con gli omologhi europei, ha contestato la tesi ungherese, affermando che Kiev ha fatto i suoi "compiti a casa", anche modificando la legislazione sull'uso delle lingue minoritarie "nel modo in cui l'Ungheria voleva che fosse modificata".

Kuleba ha descritto l'apertura dei colloqui di adesione come "la madre di tutte le decisioni" e ha previsto che un risultato negativo durante il vertice "avrebbe avuto conseguenze devastanti" per l'Europa.

"Non riesco nemmeno a immaginare alle conseguenze a cui va incontro l'Europa se il Consiglio non dovesse prendere questa decisione: non ne è a rischio solo il futuro dell'Ucraina, ma la questione dell'allargamento nel suo complesso", ha detto Kuleba. "La posta in gioco è molto alta", ha ammonito.

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