Entra in vigore il Digital Services Act, la stretta online sui contenuti dannosi in Europa

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Tik Tok Diritti d'autore Michael Dwyer/Copyright 2023 The AP. All rights reserved
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Di Ilaria Cicinelli
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La normativa europea per la regolamentazione dei contenuti online impone alle Big Tech di prevenire la diffusione di discorsi che incitano all'odio e di rendere più accessibili, per l'utente, i criteri per la moderazione dei contenuti

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Scatta oggi il giro di vite per il controllo dei contenuti sulle grandi piattaforme online. Entra in vigore questo venerdì 25 agosto, il Digital Services Act (Dsa), il regolamento approvato dall'Unione europea (Ue) per la regolamentazione dei contenuti nel mondo digitale.
Sono al momento 19 i colossi del web, definiti "Very large online platforms (Vlop)", quelli con oltre 45 milioni di utenti al mese, a cui si chiede di adeguarsi subito alla normativa.

Tra le Vlop si trovano Aliexpress di Alibaba, TikTok, l'App Store di Apple,  Facebook e Instagram di Meta, YouTube, Google Play, Google Maps e Google Shopping di Alphabet, nonché Pinterest, Amazon e Zalando. Nei motori di ricerca, inoltre, figurano anche Bing di Microsoft e Search di Google. L'enciclopedia online Wikipedia, Snapchat, LinkedIn, Booking e X  completano l'elenco.

Le piccole-medio imprese avranno tempo, invece, fino a febbraio, ma tutte le aziende che forniscono servizi digitali ai cittadini dell'Ue dovranno, infine, adeguarsi. Secondo le stime della Commissione europea il numero di compagnie interessate dalla legge sarebbero oltre 10mila. 

L'obiettivo è rendere la navigazione più sicura per gli utenti, combattendo la diffusione di contenuti illegali, discorsi di odio e disinformazione attraverso dei controlli più mirati, sorvegliando più da vicino i sistemi che si basano sugli algoritmi per la diffusione e personalizzazione dei contenuti. Anche agli utenti viene garantita una maggiore trasparenza rispetto ai criteri scelti dalle compagnie per la moderazione online, con le aziende che dovranno dotarsi di un sistema per spiegare perché un certo contenuto è stato rimosso.

Ursula von der Leyen nel tweet: stiamo portando i nostri valori europei nel mondo digitale. Con severe regole sulla trasparenza, il nostro Digital Services Act mira a proteggere i nostri bambini, le nostre società e le nostre democrazie. Da oggi la legge deve essere applicata

Il principio dietro al disegno di legge, approvato dalla Commissione europea lo scorso 25 aprile, era quello di rendere "ciò che è illegale offline illegale online nell'Ue", secondo quanto dichiarato dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen. 

Il Dsa è stato concepito per bloccare la diffusione di contenuti dannosi, illegali o che violano i termini di servizio di una piattaforma, come, ad esempio, la promozione del genocidio, della violenza o dell'anoressia. Promuove una maggiore trasparenza per le pubblicità e i contenuti raccomandati, e proibisce anche la diffusione di alcune pubblicità mirate a categorie di utenti vulnerabili, come i minori. Anche le pubblicità basate sui dati sensibili come la religione o l'orientamento sessuale saranno vietate. Inoltre, mira a proteggere i diritti fondamentali degli europei, come la privacy e la libertà di parola, chiedendo alle aziende una maggiore trasparenza sulle modalità di raccolta e conservazione dei dati degli utenti
In caso di violazione le Big Tech rischiano una multa che può arrivare fino al 6% del fatturato mondiale dell'azienda in questione, oppure, nei casi più estremi, il divieto di accesso al mercato digitale dell'Ue. La normativa nascerebbe anche per controbilanciare il predominio dei colossi Tech di Stati Uniti e Cina in Europa.

"In sostanza, i consumatori possono aspettarsi che non siano più solo le piattaforme online a dettare le regole. Ci sono regole vincolanti a livello europeo", afferma Julian Jaursch, direttore del progetto "Policy Platform regulation", dell'istituto di ricerca tedesco Stiftung Neue Verantwortung. 

Resta da definire come verranno gestiti i singoli casi che nasceranno a livello nazionale. Si parla di istituire, dal 2024, organismi indipendenti per sovrintendere i possibili ricorsi.
In Italia la Commissione europea è al lavoro per la sottoscrizione di un memorandum d'intesa con l'Autorità garante per le comunicazioni (Agcom) affinché gestisca a livello locale l'applicazione delle regole del Dsa. 

Tuttavia sorgono alcuni dubbi sugli effetti negativi, che includono la possibilità che l'applicazione della legge si trasformi in una forma di censura e l'efficacia degli approcci per tutelare gli utenti, che potrebbero essere facilmente aggirati dalle Big Tech. Ad esempio, alcune Ong per i diritti umani, come Eko e Global Witness, contestano l'efficacia delle misure contro la violenza online.

Alcune aziende hanno avviato dei ricorsi legali

Uno dei problemi è stato quello di determinare i criteri per stabilire la dimensione delle piattaforme coinvolte e il numero di utenti. Gli addetti ai lavori di Bruxelles hanno sottolineato alcune omissioni di rilievo dall'elenco dell'Ue, come eBay, Airbnb, Netflix e persino PornHub. Tuttavia, l'elenco non è definitivo ed è possibile che altre piattaforme vengano aggiunte in seguito.

Meta, Snapchat e TikTok hanno già apportando dei cambiamenti per usufruire di maggiori controlli, ma Amazon e Zalando si stanno opponendo."Quello che contestiamo non è il Dsa. Contestiamo la nostra designazione di piattaforma online di grandi dimensioni. Questa nuova categoria specifica di rischio sistemico", afferma Aurelie Caulier, responsabile degli affari pubblici dell'Ue di Zalando. L'azienda sostiene che gli articoli che vende sono altamente curati e che quindi nulla di illegale può essere venduto attraverso la sua piattaforma.

"Se il rischio di contenuti illegali o di prodotti illegali è nullo, semplicemente non rientra nella categoria dei rischi sistemici per la società, e Zalando non lo fa. Offriamo prodotti di alta qualità di marchi partner affermati, quindi il rischio di prodotti illegali è pari a zero. Ecco perché diciamo che semplicemente non apparteniamo alla categoria", aggiunge Caulier. Per questo motivo, Zalando ha presentato un ricorso legale per la sua inclusione nell'elenco delle maggiori piattaforme online, sostenendo di essere trattata in modo ingiusto.
Anche Amazon ha dato il via a una causa legale davanti a un tribunale dell'Ue.

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