Autisti, fattorini e collaboratrici domestiche devono essere inquadrati come impiegati dalle piattaforme digitali per cui lavorano, a patto di rispettare tre dei sette criteri stabiliti
Dopo mesi di trattative, i Paesi dell'Unione europea hanno raggiunto un accordo sui diritti dei lavoratori della cosiddetta gig economy: 28 milioni di persone in totale, tra autisti, rider, fattorini e collaboratrici domestiche.
Lavoratori subordinati, ad alcune condizioni
L'intesa sancisce la presunzione del lavoro subordinato: di base gli addetti del settore devono essere considerati dipendenti delle piattaforme digitali per cui lavorano, a patto di rispettare almeno tre dei sette criteri stabiliti.
Saranno inquadrati come tali, con diritto a ferie, congedi per malattia e altri vantaggi dell'impiego da dipendente, se ad esempio non possono fissare autonomamente il prezzo del proprio servizio, oppure scegliere quando e quanto lavorare.
Verrà ridotto anche il potere degli algoritmi che sulle piattaforme distribuiscono compiti e fasce orarie: dovranno essere garantiti trasparenza e supervisione da parte di una persona reale per le decisioni più importanti, come la sospensione di un lavoratore.
Battaglia per il testo finale
La posizione concordata dal Consiglio, comunque, sarà ora oggetto di ulteriori negoziati con il Parlamento comunitario prima di trasformarsi in legge.
La regolamentazione del settore e la lotta ai cosiddetti "falsi autonomi" continuerà dunque nei prossimi mesi, con le aziende come Uber pronte a un'intensa attività di lobbying per incidere sulla normativa.
Alcuni Paesi, tra cui Spagna e Germania, e i sindacati sperano in un testo finale ancora più ambizioso, come spiega Ludovic Voet, segretario della Confederazione europea dei sindacati.
"Sicuramente questa posizione è meno ambiziosa, perché la presenza di tre criteri anziché due pone ulteriori ostacoli nazionali", afferma il sindacalista facendo riferimento alla proposta originaria della Commissione.
Che nella sua direttiva indicava due condizioni su cinque da rispettare per considerare il lavoratore come assunto: la determinazione di un tetto massimo al compenso; la supervisione del lavoro tramite mezzi elettronici; la limitazione nella possibilità di scegliere orari di lavoro, rifiutare incarichi o ricorrere a sostituti; la necessità di rispettare regole precise nella presentazione ai clienti finali e le restrizioni alla facoltà di costruire una propria clientela o lavorare per altri committenti.
"Quindi, non si rispetta il primo principio della proposta della Commissione: garantire ai lavoratori i diritti che meritano", afferma Ludovic Voet.