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Le richieste degli ambientalisti per il piano sul ripristino della natura dell'Ue

Un volontario raccoglie un sacchetto di plastica da un ruscello durante una raccolta di rifiuti nella zona umida di Kolovrechtis, sull'isola di Eubea, 3 febbraio 2018
Un volontario raccoglie un sacchetto di plastica da un ruscello durante una raccolta di rifiuti nella zona umida di Kolovrechtis, sull'isola di Eubea, 3 febbraio 2018 Diritti d'autore AP Photo/Thanassis Stavrakis
Diritti d'autore AP Photo/Thanassis Stavrakis
Di Alice Tidey
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Gli esperti chiedono alla Commissione obiettivi vincolanti per il ripristino della natura in almeno il 15% della superficie terrestre dell'Ue, il 15% della superficie marina e il 15% della lunghezza dei fiumi entro il 2030

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In ritardo di diversi mesi la Commissione europea dovrebbe finalmente svelare nel corso di questo mese il suo piano per ripristinare alcuni degli ecosistemi più degradati dell'Ue, un fattore chiave nella lotta contro il cambiamento climatico. Una misura attesa con impazienza da ong e attivisti per il clima.

"Il continente è talmente degradato e abbiamo deteriorato la natura a tal punto che è necessario iniziare a ripristinarla", ha sottolineato a Euronews Sergiy Moroz, responsabile delle politiche per la biodiversità e l'acqua presso l'Ufficio europeo per l'ambiente (Eeb), un'organizzazione che raggruppa varie ong ambientaliste.

Secondo l'Agenzia europea per l'ambiente circa l'80% degli habitat protetti e due terzi delle specie nell'Ue hanno uno stato di conservazione scarso o pessimo. Eppure la natura è il miglior alleato nella lotta contro il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici, poiché i diversi ecosistemi, dalle torbiere alle foreste, passando per i fiumi e gli oceani, hanno la capacità di immagazzinare l'anidride carbonica.

"Esiste un beneficio molto grande in termini di sequestro di Co2 in queste aree -  ha sottolineato Moroz -. Quindi, se non le distruggiamo come le torbiere, continueranno a immagazzinare Co2 e se le ripristiniamo, permetteremo loro di immagazzinare nuovamente l'anidride carbonica".

Stando agli attivisti stabilire degli obiettivi giuridicamente vincolanti per il ripristino di questi ecosistemi naturali aiuterebbe il blocco a raggiungere l'obiettivo di diventare neutrale dal punto di vista delle emissioni di carbonio entro il 2050. Gli attivisti però devono fare i conti con i detrattori che sostengono che, con una guerra alle porte e una crisi alimentare all'orizzonte, l'Ue dovrebbe rimandare ulteriormente la sua regolamentazione.

Che cos'è il ripristino della natura?

Ripristinare la natura significa essenzialmente eliminare le diverse pressioni esercitate su specifici ecosistemi. Si può trattare di interrompere il disboscamento delle foreste per consentire loro di raggiungere lo stato di vecchia crescita, di bloccare il drenaggio per ripristinare le torbiere e le zone umide, di rimuovere le dighe dai fiumi per consentire il ritorno degli stock ittici e di altre specie di flora e fauna, o di vietare la pesca nelle zone di mare.

Finora l'Ue non aveva legiferato su questo tema specifico, invitando gli Stati membri a fissare volontariamente degli obiettivi. Una decisione che si è rivelata fallimentare. "I nostri attuali sforzi per proteggere la natura nell'Ue non sono sufficienti. Non stiamo riuscendo ad arrestare questa perdita", ha dichiarato a Euronews Sabien Leemans, responsabile delle politiche per la biodiversità del Wwf per l'Ue.

Le torbiere e gli ecosistemi d'acqua dolce sono stati particolarmente colpiti. Circa la metà delle torbiere nell'Ue è degradata, alcune in modo così drastico da essere irrecuperabili. In Germania, ad esempio, è rimasto solo il 5% delle torbiere.

Obiettivi volontari e obiettivi giuridicamente vincolanti

Gli esperti chiedono alla Commissione obiettivi vincolanti per il ripristino della natura in almeno il 15% della superficie terrestre dell'Ue, il 15% della superficie marina e il 15% della lunghezza dei fiumi entro il 2030.

"Questo è importante perché abbiamo davvero una finestra di opportunità - questo decennio - sia per affrontare la perdita di natura che per affrontare il cambiamento climatico. Dobbiamo realizzare la maggior parte delle azioni di ripristino entro il 2030 e non rimandare troppo al 2040 o al 2050 - ha detto Leemans -. C'è un grande potenziale e potrebbe davvero cambiare le carte in tavola".

Gli Stati membri, sottolineano le ong, dovrebbero avere un margine di manovra quando si tratta di scegliere le aree su cui concentrarsi, purché coprano il 15% del loro territorio, anche se la Commissione dovrebbe supervisionare il tutto per garantire la conformità. La chiave è che le misure devono essere attuate rapidamente.

"Pensiamo sia sufficiente mettere in atto le giuste misure per dimostrare che l'obbligo è stato rispettato - ha sottolineato Moroz -. Alcuni di questi ecosistemi avranno bisogno di tempo per riprendersi, altri si riprenderanno in modo eccezionalmente rapido. Sappiamo che quando si rimuovono le barriere in un fiume, ci vuole un anno perché la vita ritorni".

Gli studi hanno dimostrato che nelle zone umide riumidificate lo stoccaggio di Co2 due decenni dopo il ripristino rimane inferiore a quello delle zone umide incontaminate. Alcune saline ripristinate avranno bisogno di più di un secolo per raggiungere i tassi di accumulo di carbonio delle loro controparti naturali.

Anche il gruppo dei Verdi/Ale al Parlamento europeo chiede che venga fissato l'obiettivo del 15%, con un aumento al 30% entro il 2040. "Le ong dovrebbero essere in grado di portare gli Stati membri in tribunale, ad esempio, se l'obiettivo non è stato raggiunto", ha sostenuto Moroz.

L'agricoltura e la silvicoltura si oppongono

Non tutti però sono entusiasti. Ripristinare la natura potrebbe significare porre fine all'attività umana ed economica in alcune aree, tra cui l'agricoltura, il disboscamento e la pesca. "Ci sono molte spinte da parte di alcuni gruppi che stanno cercando di abusare della guerra in Ucraina e di argomenti legati alla sicurezza alimentare per opporsi a questo progetto e agli impegni di Farm to Fork, che mirano a rendere la nostra agricoltura più resiliente e a tenere maggiormente conto della biodiversità - ha detto Leemans -. Dicono che il regolamento sul ripristino della natura dovrebbe essere rimandato perché non è più una priorità. Sia il settore agricolo che quello forestale hanno esercitato una forte azione di lobby contro il ripristino della natura legalmente vincolante". 

Gli esperti hanno addotto molti altri vantaggi per sostenere la loro tesi. Il ripristino degli habitat naturali terrestri degradati nell'Ue potrebbe eliminare circa 300 milioni di tonnellate di Co2 all'anno - "più o meno le emissioni di gas serra delle contee del Benelux", ha sottolineato Leemans - ma potrebbe avere anche molti benefici economici e sanitari.

Una natura in grado di intrappolare e immagazzinare più carbonio potrebbe portare a una migliore qualità dell'aria, che probabilmente si tradurrebbe in un minor numero di persone affette da malattie respiratorie e decessi. Il Wwf stima inoltre che i servizi ecosistemici forniti dalla biodiversità - dall'impollinazione delle colture alla purificazione dell'acqua, dalla protezione dalle inondazioni al sequestro del carbonio - abbiano un valore stimato di 125-140mila miliardi di dollari (102-115mila miliardi di euro) all'anno.

Per il Wwf circa 4,4 milioni di posti di lavoro nell'Ue dipendono direttamente dal mantenimento di ecosistemi sani, con una quota significativa legata ai siti Natura 2000, una rete di aree naturali protette nell'Ue. "Colmare il deficit di finanziamento necessario per una gestione efficace della rete potrebbe generare 500.000 posti di lavoro aggiuntivi", si legge in un comunicato dell'ong.

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Per Moroz l'impegno di Bruxelles a raggiungere obiettivi giuridicamente vincolanti del 15% avrebbe un ulteriore vantaggio. "Darebbe all'Ue la credibilità necessaria per promuovere accordi globali più ambiziosi", tra cui il piano per vietare le importazioni di prodotti alimentari e agricoli legati alla deforestazione.

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