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Restrizioni sui visti per i paesi terzi che non collaborano al rimpatrio dei migranti

Restrizioni sui visti per i paesi terzi che non collaborano al rimpatrio dei migranti
Diritti d'autore DESIREE MARTIN/AFP
Diritti d'autore DESIREE MARTIN/AFP
Di Euronews
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La nuova proposta della Commissione europea punta a colpire le elites potiche di quei Paesi d'origine che non vogliono riceveree i loro cittadini espulsi dall'UE

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Restrizioni in vista per quei paesi terzi che si rifiutano di rimpatriare i loro connazionali espulsi dall'UE. Nonostante i flussi migratori verso l'Europa siano diminuiti nell'ultimo anno a causa della pandemia, quello dell'immigrazione resta un argomento politico caldo ancora irrisolto per l'Europa. La commissione europa minaccia una stretta sui visti per i paesi di origine che non collaborano, spiegq Margaritis Schinas, vicepresidente della Commissione europea. 

"Si tratta di un nuovo strumento che abbiamo una nostra disposizione, è il cosiddetto codice dei visti. Ci consente di valutare circa 35 paesi terzi per vedere il loro grado di cooperazione e determinare così la nostra concessione di visti. Siamo nella prima fase di valutazione. Abbiamo appena completato la valutazione di questi paesi e a giugno faremo delle proposte. Il processo è in corso. Non vorrei soffermarmi sui singoli paesi, ma sottolineo che è un nuovo strumento importante per costruire la dimensione esterna della politica di immigrazione".

L'elenco Paesi non collaboranti non è stato reso pubblico, ma la Turchia sembra essere su questa lista, specialmente dopo la rottura dell'accordo che ha permesso il respingimento dei migranti dalle isole greche in cambio di miliardi di fondi di fondi europei.

Da agosto, la Turchia non ha accolto alcun rifugiato, ma per Oxfam e altre ONG l`  attenzione dovrebbe essere altrove.

"C'è assolutamente bisogno di cooperazione tra paesi limitrofi e paesi più ricchi - afferma Raphael Shilhav, portavoce di Oxfam-. Il punto della questione è che la maggior parte dei rifugiati del mondo vive in paesi più poveri, vicino a casa nostra. Quelli che si mettono in viaggio verso l'Unione europea lo fanno perché non c'è un meccanismo organizzato che permetterebbe loro di arrivare in Europa in maniera sicura. Non ha senso rendere le loro vite molto più complicate di quanto dovrebbero essere. "

Questo piano dell'UE rappresenta il tentativo di fare pressione sulle elites di alcuni dei paesi più poveri del mondo, mettendole in difficoltà sul piano personale. Ma è anche un segno della pressione che la Commissione deve affontare sul un tema tanto spinoso che spesso ha diviso i 27.

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