Parenti degli ostaggi israeliani e familiari di detenuti palestinesi sono stati ricevuti in Vaticano, in concomitanza con l'annuncio di un cessate il fuoco di quattro giorni tra Israele e Hamas e dell'imminente rilascio di 50 ostaggi in cambio di prigionieri palestinesi
La notizia dell'accordo mercoledì di una tregua e di uno scambio di prigionieri tra Israele e Hamas ha raggiunto alcune delle famiglie degli ostaggi a Roma, dove una delegazione è stata ricevuta giovedì da Papa Francesco.
"Sono passati 47 giorni e sono solo. Ogni giorno mi sveglio ed è lo stesso giorno" ha detto in una conferenza stampa dopo l'incontro Moshe Leimberg, uno dei dodici israeliani che hanno visto il Papa a Casa Santa Marta.
Leimberg, 59 anni, ha la moglie Gabriela e la figlia Mia di 17 anni in ostaggio dentro la Striscia di Gaza. Le due donne sono state sequestrate il 7 ottobre nel kibbutz Nir Yitzhak, dove erano in visita da alcuni parenti.
Sono tra le 237 persone ancora in mano a Hamas, al Movimento per il Jihad islamico palestinese e ad altri gruppi armati di Gaza.
"L'incontro è stato efficace, il Papa ci ha ascoltato" ha dichiarato Yair Rotem, un altro dei familiari israeliani ricevuti da Francesco "per quanto non c'è stato il tempo di raccontargli la nostra storia".
Altri invece si sono lamentati del fatto che il Pontefice abbia messo sullo stesso piano Israele e Hamas, senza definire quest'ultimo un organizzazione terroristica.
Bergoglio, che a seguire ha incontrato nell'aula Paolo VI anche una delegazione di familiari di detenuti palestinesi in Israele, ha fatto un appello affinché finisca la sofferenza da entrambe le parti.
"Qui siamo andati oltre la guerra. E' terrorismo. Pregate per la pace, pregate molto per la pace" ha detto Bergoglio.
Autorità e gruppi di pressione palestinesi descrivono quanto sta accadendo a Gaza piuttosto come un genocidio.
"Il Papa ha riconosciuto che viviamo un genocidio e che è una buona idea una sua visita a Gaza quando sarà possibile" ha detto Shrine Halil, una cristiana palestinese di Betlemme presente all'incontro con il Papa.
Il Pontefice negli incontri con le delegazioni di familiari "non mi risulta che abbia usato tale parola" ha precisato il portavoce del Vaticano, Matteo Bruni.
In Israele la preoccupazione per la sorte dei familiari rapiti è cresciuta proporzionalmente alla distruzione e alle vittime, ormai oltre 13 mila secondo le autorità sanitarie locali, causate dai bombardamenti di Israele su Gaza.
Almeno due degli ostaggi rapiti il 7 ottobre sono morti. Sulle condizioni di salute degli altri non c'è certezza, alla luce anche di varie dichiarazioni di Hamas in queste settimane circa la morte di decine di loro nei raid aerei israeliani.
Per questo le famiglie degli ostaggi hanno manifestato ripetutamente in Israelechiedendo al governo Netanyahu di fare tutto il possibile per la liberazione dei loro cari, incluso appunto uno scambio di prigionieri.
Secondo quanto si sa dell'accordo, Hamas libererà 50 ostaggi in cambio di 150 detenuti palestinesi in Israele.
Verranno liberati solo donne e minori, scelti all'interno di liste di nomi che le parti si sono scambiate. Le identità di chi verrà rilasciato sarà resa nota nelle prossime ore.
L'accordo, arrivato dopo settimane di negoziati e con la mediazione soprattutto di Qatar e Stati Uniti, entrerà in vigore giovedì mattina alle 10 del mattino (le 9 in Italia) secondo la canale pubblico egiziano Qahera.
COSA PREVEDE L'ACCORDO RAGGIUNTO TRA ISRAELE E HAMAS
Ogni giorno di cessate il fuoco dovrebbe vedere il rilascio di una dozzina di ostaggi. Israele ha dichiarato che la tregua sarà prolungata di un giorno per ogni dieci ostaggi in più rilasciati.
Tra i palestinesi dovrebbero uscire dal carcere molti adolescenti arrestati quest'anno per avere lanciato pietre contro le forze dell'ordine, come lascia intendere un elenco di prigionieri idonei al rilascio pubblicato dal ministero della Giustizia israeliano.
Israele detiene oltre ottomila palestinesi condannati, o solo accusati, per reati legati alla sicurezza secondo la ong Palestinian Prisoners Club.
LE REAZIONI ALL'ACCORDO IN ISRAELE
La conclusione dell'accordo, che prevederebbe anche l'entrata a Gaza dall'Egitto di carburante e altri aiuti umanitari durante la tregua, ha suscitato reazioni contrastanti in Israele.
Il Paese ha condiviso il trauma delle 1200 vittime civili confermate e la pena delle famiglie degli ostaggi, insieme con il sollievo per il rilascio delle prime quattro persone nelle scorse settimane.
Rimangono tuttavia i timori sulla sorte degli altri ostaggi e divisioni su come risolvere definitivamente la crisi apertasi con gli attacchi di Hamas del 7 ottobre.
"Ho sentimenti contrastanti perché a Gaza ci sono ancora molti rapiti e non sappiamo come, quando o a che punto arriveranno" dice un residente di Tel Aviv.
"Questo accordo non basta e accetta le loro condizioni. Faranno come vogliono, riporteranno le madri senza i loro figli, o con un solo figlio, lasciando indietro tutti i padri" dice un'altra passante riferendosi, all'identità degli ostaggi che saranno liberati da Hamas, non ancora note.
Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, il Comitato internazionale della Croce Rossa visiterà gli ostaggi rimasti e fornirà loro le medicine di cui hanno bisogno. Né Hamas né Israele hanno confermato questo dettaglio.