L'attacco su larga scala di Israele a Gaza frenato dalla diplomazia?

Esercito israeliano vicino all'ordine di invadere Gaza, ma continua il lavoro diplomatico di Ue e Usa
Esercito israeliano vicino all'ordine di invadere Gaza, ma continua il lavoro diplomatico di Ue e Usa Diritti d'autore AP Photo/Tsafrir Abayov
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Di Gianluca Martucci
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Il governo israeliano reitera gli annunci sull'iniziativa imminente, ma l'Occidente lavora per evitare un pericoloso conflitto a livello regionale

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Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha ribadito che l'ordine di entrare a Gaza per avviare un'iniziativa sul larga scala "è vicino". "Ora vedete Gaza da lontano, presto la vedrete dall'interno", ha detto Gallant alle truppe della Brigata Givati mentre era in visita a una base sul confine.

Anche il primo ministro Benjamin Netanyahu ha detto alle truppe della brigata Golani sul confine che presto avranno modo di "colpire pesantemente" il nemico per arrivare a una vittoria.

L'avvertimento si ripete da giorni, ma diversi fattori fanno da contraltare agli annunci. La necessità di gestire i riservisti, mobilitati in 360 mila, è uno di questi, ma anche la diplomazia dell'Occidente sta avendo un ruolo nel frenare le ambizioni di Israele.

L'Unione europea e gli Stati Uniti hanno espresso solidarietà allo Stato ebraico sin dai primi massacri ai kibbutz al confine, ma lavorano dietro le quinte per evitare un conflitto su scala regionale che coinvolgerebbe l'Iran e i suoi alleati nella regione, primo fra tutti il gruppo paramilitare Hezbollah.

Il sostegno di Washington

Muovendosi su due fronti, l'amministrazione statunitense lavora per la consegna rapida soprattutto di "sistemi di difesa aerea e munizioni in risposta alle urgenti richieste di aiuto da parte di funzionari israeliani". “Gli Usa stanno aumentando l’ulteriore assistenza militare a Israele, comprese munizioni e intercettori per rifornire lo scudo anti aereo Iron Dome”, ha confermato ieri Biden parlando dalla Casa Bianca.

I contatti tra Washington e Tel Aviv riguardano soprattutto una varietà ampia di attezzature militari e munizioni sofisticate. Il Wall street journal ha riportato anche le parole di un funzionario americano che avvertiva sulla necessità per gli Stati Uniti di schierare una seconda portaerei vicino a Israele. E il presidente Joe Biden ha promesso un pacchetto di aiuti militari "senza precedenti", al ritorno dalla sua recente visita in Medio oriente.

Ma un dirigente del Dipartimento di Stato nell'ufficio che sovrintende ai trasferimenti di armi si è dimesso per protestare contro la decisione dell'amministrazione di Joe Biden di continuare a inviare armi e munizioni a Israele nella sua guerra con Hamas.

Nella sua lettera di dimissioni, Josh Paul ha affermato che il "cieco sostegno a una parte" dell'amministrazione Biden sta portando a decisioni politiche "miopi, distruttive, ingiuste e contraddittorie rispetto agli stessi valori che sosteniamo pubblicamente".

Evacuazioni e incursioni

Sul campo di battaglia la situazione è sempre più delicata. Le basi americane in Iraq e Siria sono state bersaglio di attacchi di droni. Un portavoce del Pentagono ha dichiarato che i missili erano "potenzialmente" diretti verso Israele, ma le valutazioni sulla destinazione dei razzi non sono ancora completati. Alcuni missili intercettati provenivano dallo Yemen, dove i ribelli Houthi, sostenuti dall'Iran, hanno annunciato il loro supporto ad Hamas.

Le autorità israeliane hanno ordinato intanto l'evacuazione dei residenti della città di Kiryat Shemona, situata a circa 10 chilometri dal confine con il Libano, dove nell'ultima settimana ci sono stati pesanti scambi di fuoco con il gruppo sciita Hezbollah e altre milizie palestinesi. 

"L'Autorità nazionale per la gestione delle emergenze (NEMA) del Ministero della Difesa e le Forze di difesa israeliane annunciano l'evacuazione dei residenti della città in pensioni sovvenzionate dallo Stato", si legge in una dichiarazione congiunta delle due istituzioni.

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