Manifestazione davanti alla Corte Suprema contro la normativa che dà maggiori poteri all'esecutivo nei confronti del potere giudiziario
Migliaia di manifestanti antigovernativi israeliani si sono radunati davanti alla Corte Suprema alla vigilia di un'udienza storica.
Al vaglio dei magistrati ci sono i ricorsi contro la limitazione dei poteri dell'Alta Corte da parte del governo di estrema destra del premier Benjamin Netanyahu.
Per la prima volta nella storia di Israele, l'intero collegio di 15 giudici si riunirà per ascoltare gli appelli di associazioni e singoli cittadini contro la prima parte della riforma, che il governo ha fatto passare in parlamento a luglio.
In pratica, la Corte dovrà decidere se è legittimo che i suoi poteri di controllo vengano ridotti. Si tratta di uno dei più laceranti scontri a livello istituzionale nel Paese.
Nell'Aula di giustizia saranno presenti i membri di organismi di controllo e di organizzazioni della società civile determinati a dare battaglia contro quello che definiscono "un affondo mortale contro la democrazia israeliana". Sul fronte opposto, i rappresentanti governativi che negano il diritto/dovere della Cortedi porre il veto sulle modifiche alle Leggi Fondamentali.
La norma che dà maggiori poteri al governo
La riforma intende limitare il cosiddetto principio di “ragionevolezza”, grazie al quale la Corte Suprema può bloccare alcune misure dell'esecutivo. Secondo gli analisti, la norma indebolisce il sistema giudiziario del Paese, dando un potere quasi illimitato all’esecutivo.
Una delle ultime decisioni della Corte, prese sulla base del principio di ragionevolezza e che hanno avuto un grande impatto sulla vita politica, è quella che ha impedito ad Aryeh Deri, leader del partito ultraortodosso Shas, di ricoprire il ruolo di ministro della Salute e dell’Interno. Il veto dei giudici era stato posto in seguito ad una condanna per evasione fiscale, corruzione, tangenti e frode. La sua nomina era stata dunque ritenuta “estremamente irragionevole”: la decisione aveva reso la vita difficile a Netanyahu, costringendolo a voltare le spalle a uno dei suoi alleati più potenti.
Secondo l’Israel Democracy Institute, la norma garantiva un equilibrio fra interessi pubblici e politici.