Settima settimana di guerra, continuano i violenti scontri tra l'esercito regolare e le Forze di supporto rapido. Inutile il rinnovo del cessate il fuoco fino a sabato
In Sudan infuriano pesanti combattimenti nonostante il cessate il fuoco, prorogato lunedì e in vigore fino a sabato. I rapporti indicano che l'esercito regolare e le Forze di supporto rapido (Rsf) stanno usando un'ampia gamma di armi, tra cui l'artiglieria pesante e l'aviazione, per condurre attacchi nelle città e nelle periferie.
I combattimenti più intensi si registrano nella regione del Darfur meridionale, ma si ha notizia anche di violenti scontri anche nel sud di Khartoum e a Omdurman fino alla tarda serata di martedì.
Secondo una fonte diplomatica sudanese, mercoledì l'esercito ha anche deciso di sospendere i colloqui con la parte rivale intavolati all'inizio di maggio e grazie ai quali si erano raggiunti due accordi di cessate il fuoco, stabiliti principalmente per consentire l'accesso degli aiuti umanitari.
L'ultima, su pressione dell'Arabia Saudita e degli Stati Uniti, Paesi mediatori nel conflitto, era stata rinnovata per altri cinque giorni. Nonostante sia stata ripetutamente violata - come d'altronde la precedente -, ha permesso la consegna di aiuti umanitari a circa due milioni di persone.
In una dichiarazione rilasciata martedì, le Rsf hanno affermato di essere impegnate nel cessate il fuoco "nonostante le ripetute violazioni" da parte dell'esercito. Mentre una fonte dell'esercito, prima del rinnovo dell'accordo, aveva dichiarato che le forze regolari avevano chiesto che le Rsf si ritirassero dalle case e dagli ospedali dei civili come condizione per una proroga. Firmato l'accordo, sarebbero proseguiti i colloqui sui termini della tregua.
"L'esercito è pronto a combattere fino alla vittoria", ha dichiarato il capo dell'esercito Abdel Fattah al-Burhan visitando le postazioni nella capitale Khartoum.
La guerra, alla sua settima settimana, ha costretto quasi 1,4 milioni di persone a fuggire dalle loro case, di cui oltre 350mila hanno cercato rifugio nei Paesi vicini. Secondo l'Oms, sono state uccise almeno 850 persone. L'Armed Conflict Location and Event Data Project conta più di 1800 morti.