In Bulgaria la fuga di cervelli medici

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Di Hans von der Brelie
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Medici e infermieri bulgari stanno andandosene in massa, in cerca di retribuzioni migliori nell'Europa occidentale. Un'epidemia che lascia il paese in una situazione di forte carenza di personale medico

Medici e infermieri bulgari stanno andandosene in massa, in cerca di retribuzioni migliori nell'Europa occidentale. Un'epidemia che lascia il paese in una situazione di forte carenza di personale medico.

Cervelli medici in fuga

A Sofia ambulanze nuove di zecca sono pronte per correre in aiuto dei pazienti. Qui le infrastrutture mediche sono state da poco rimodernate grazie a finanziamenti dell'Unione europea. Ma in Bulgaria l'emergenza riguarda la manodopera, non le macchine: tre studenti di medicina su quattro sono tentati di lasciare il paese, e molti medici e infermieri l'hanno già fatto. Le destinazioni principali sono la Germania, l'Austria e i paesi scandinavi.

Incontriamo Kristina Mancheva e Rudi Josif Yener von Fergutz, il "dream team" delle emergenze di Sofia. Kristina da piccola intubava le sue bambole e infilzava le siringhe nei suoi pupazzi. Ha lavorato per 20 anni in ospedale prima di passare, sei anni fa, ai servizi d'emergenza, dove Rudi lavora da quattro anni. Prima guidava camion. Hanno deciso di restare e di lottare per far funzionare un servizio di emergenza a corto di personale. Rudi crede nella libertà di movimento, ma per Kristina la fuga di cervelli nel settore della sanità è una questione prioritaria: "Il problema principale - insiste - è la mancanza di personale medico, in tutti i servizi ma soprattutto nelle unità di emergenza. Ne abbiamo un enorme bisogno. Lavoriamo con meno della metà degli effettivi necessari". 

La Bulgaria è un paese che invecchia, con conseguente aumento dei bisogni medici. Nel frattempo, i giovani se ne vanno. Secondo stime delle Nazioni Unite, la Bulgaria è destinata a perdere il 23 per cento della sua popolazione attuale entro il 2050. Un flusso incoraggiato dalla facilità di trovare lavoro in paesi come la Germania, che ha già "importato" circa 50 mila medici e, si stima, fra i 100 e i 300 mila infermieri da altri paesi, soprattutto dell'Est Europa.

Secondo i sindacati, circa 30 mila infermieri hanno lasciato la Bulgaria negli ultimi 10 anni: nell'Europa occidentale possono guadagnare fino a 10 volte più che in patria. In Germania mancano 80 mila infermieri e si stima che da qui al 2025 avrà bisogno di altri 200 mila infermieri in più per far fronte all'invecchiamento della popolazione.

Conseguenze "terribili" per i pazienti

Vidin è una cittadina che si sta svuotando. Si trova nella regione della Bulgaria con l'età media più elevata. Le farmacie prosperano.

Tsvetelina Miloslavova è sopravvissuta a un cancro, diagnosticato nel 2002. Per riuscirci, ha dovuto sottoporsi a pesanti terapie, che hanno avuto come effetto collaterale l'apparizione di una forma di elefantiasi. Per questa ragione dovrebbe sottoporsi a massaggi terapeutici più volte alla settimana, ma a Vidin questo non è possibile. Ha deciso allora di fondare un'associazione per pazienti che soffrono della stessa patologia. Perché prendersi cura di sé, quando si è da soli, dice, è un inferno: "Passo almeno tre ore al giorno a cambiare le bende. Un'ora e mezza al mattino, un'ora e mezza la sera. Non ci sono abbastanza specialisti in Bulgaria per prendersi cura di me. E anche i fisioterapisti in grado di alleviare la mia sofferenza mi dicono apertamente che ne restano molto pochi con le loro competenze nel paese, si possono contare sulle dita di una mano".

A confermarlo è anche il direttore della clinica Omega di Vidin. Prima di entrare nel settore privato, il dottor Kirashki ha lavorato 24 anni nel locale ospedale pubblico. Un ospedale privo di un reparto di urologia e dove quello di neurologia ha chiuso proprio il giorno prima del nostro arrivo. Gli chiediamo quali siano le conseguenze della fuga di cervelli per i pazienti. "Le conseguenze sono terribili - risponde -. Perché non abbiamo abbastanza personale medico specializzato. Ci mancano importanti reparti medici. Gli ospedali che offrono ancora queste specializzazioni fondamentali si trovano a 60-100 chilometri da qui. Quando i miei colleghi iniziarono ad andarsene in massa, avevamo 300 medici a Vidin, oggi ne restano circa 120".

Alla ricerca di riconoscimento professionale

Torniamo a Sofia. Qui incontriamo una di questi medici che hanno lasciato il paese, in questi giorni in patria per un breve soggiorno in famiglia. La dottoressa RumyanaTodorova, 31 anni, è una specialista forense che vive ormai da cinque anni in Germania, dove lavorano altri 2 mila medici bulgari. Per lei non è solo una questione di soldi. Dice che non ne poteva più dei reportage sensazionalistici sulla malasanità, che accusavano ogni tipo di medico, dal pronto soccorso alla ginecologia, di lavorare male sistematicamente e di essere quindi responsabili della sofferenza e della morte dei pazienti. È quest'atmosfera pesante che l'ha spinta ad avviare una carriera all'estero, afferma: "I medici non sono sufficientemente riconosciuti nella società bulgara. Allora mi sono chiesta se volevo davvero espormi a questo disprezzo che c'è nei confronti della professione. Con tutto l'impegno che ci vuole per diventare medico, avevo paura di perdere il mio entusiasmo per la professione o la mia motivazione, visto che abbiamo a che fare con un sistema malato dove non siamo pagati come dovremmo e dove non siamo rispettati o riconosciuti come dovremmo".

Una speranza per il futuro

Ma c'è ancora speranza per il sistema sanitario bulgaro. La troviamo nel modernissimo ospedale universitario di Sofia. La dottoressa Gergeltcheva è la primaria del reparto di neurologia. La sua ricetta per curare la sanità malata in Bulgaria: pagare meglio i medici, investire in tecnologie all'avanguardia, garantire ai giovani una prospettiva di carriera decennale, in linea con i concorrenti dell'Europa occidentale. Ma secondo lei un'esperienza all'estero è una cosa positiva: "Penso che i giovani medici dovrebbero avere la libertà di scegliere. Per diventare un buon specialista può essere positivo lavorare in un altro paese, accumulare conoscenze ed esperienze all'estero, perché no? Io stessa ho lavorato per due anni in Germania, a Monaco, poi sono tornata in Bulgaria".

Lo scorso autunno i lavoratori della sanità sono scesi in piazza. Fra di loro c'era Alexander, un brillante neurologo venticinquenne. I manifestanti chiedevano un salario minimo di 460 euro per gli infermieri e almeno 600 euro come stipendio iniziale per i medici. Il governo ha promesso di stanziare circa 100 milioni di euro per la sanità, gran parte dei quali destinati ad aumenti di stipendio.

Il giovane stagista dice di voler rimanere in Bulgaria, ma anche che il sistema va cambiato: secondo lui ci vorrebbero assicurazioni sanitarie private e i giovani medici dovrebbero avere opportunità di ricerca e di carriera in tutto il paese: "Il maggiore problema è che e le zone rurali sono pesantemente a corto di personale. Dobbiamo rendere le regioni rurali più interessanti per i giovani, in modo che possano cominciare da lì. Non solo per quanto riguarda la sanità, ma anche in ambito sociale".

Per rallentare la fuga di cervelli, l'Organizzazione mondiale della sanità ha emesso un codice di condotta in cui si raccomanda di non assumere personale medico proveniente da regioni con scarse infrastrutture sanitarie. Ma "a occidente" questo importa poco, le agenzie di reclutamento prosperano e l'esodo continua.

Journalist • Selene Verri

Risorse addizionali per questo articolo • Fixer: Damian Vodenitcharov

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