La lunga strada del ritorno dei rifugiati afghani

La lunga strada del ritorno dei rifugiati afghani
Di Monica Pinna
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Sono mezzo milione gli afghani tornati in patria nella seconda metà del 2016. Un ritorno forzato dopo l'aut aut del Pakistan

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Il dramma dei rifugiati afghani

Saranno oltre mezzo milione gli afghani a tornare in patria entro la fine dell’anno dal Pakistan.

Un ritorno forzato dopo l’aut aut di Islamabad: dal 15 novembre gli afghani non registrati dovranno lasciare il Pakistan. Quasi 300.000 sono gli sfollati registrati da gennaio a settembre all’interno dell’Afghanistan.

Siamo nella provincia di Nangarhar, sul principale asse di ritorno degli afghani provenienti dal Pakistan. Questa strada è ormai costantemente bloccata per l’afflusso di mezzi di ogni tipo carichi di rifugiati. Il controllo alle frontiere è diventato un problema. Il Pakistan vuole rimpatriare gli oltre due milioni e mezzo di rifugiati afghani presenti da tempo nel paese. Circa 300 famiglie al giorno si recano all’ufficio del registro di Samarkhel vicino a Jalalabad. Tra i tanti c‘è Mohamad Qadur che aveva 8 anni quando fuggì in Pakistan, durante l’invasione sovietica.

“Siamo scappati in Pakistan perché c’era la guerra, la nostra casa era stata distrutta, alcuni dei nostri parenti uccisi. Per questo abbiamo vissuto lì per 38 anni. Non siamo riusciti a comprare casa perché le proprietà costano troppo, sia nei villaggi che nelle città. Prima non riuscivamo a tornare in Afghanistan ma ora siamo stati costretti”, ci racconta Mohamad Qadur.

Rimpatri volontari e rimpatri forzati

Gli afghani non registrati in Pakistan ricevono aiuti solo per un mese alla frontiera a Torkham. Quelli con i documenti a posto sono invece incentivati a tornare volontariamente con una borsa di rimpatrio di 400 dollari ciascuno. Donazione che, nella regione, è distribuita nel centro di Samarkhel, gestito dall’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati”:https://www.unhcr.it/:“L’assistenza comprende servizi legati alle attività di rimpatrio, programmi di vaccinazione, una formazione anti-mine, assistenza sanitaria. Oltre a questo, siamo qui per offrire alle famiglie anche una consulenza legale per esempio in caso di contenziosi riguardanti le proprietà”, ci spiega uno dei volontari, Abdul Wali.

Il picco di rimpatriati ormai presenti nei centri urbani e nelle vicinanze, soprattutto a Nangarhar, sta creando una situazione difficile da gestire, specialmente in vista dei mesi invernali. Il flusso di rifugiati è senza precedenti. “In questo momento stiamo registrando più ritorni quotidiani che in tutti i primi 6 mesi dell’anno, e questo a partire da luglio. Abbiamo oltre 230 mila rifugiati e parliamo di quelli ufficiali, ovvero coloro che hanno ricevuto uno status di rifugiato in Pakistan. Ma ci sono oltre un milione mezzo di afghani in Pakistan, che non hanno questo status e che stanno tornando”, dichiara Pierre Prakash, del programma di aiuti umanitari della UE.

https://www.flickr.com/photos/euronews/sets/72157675266876776

Assistenza e aiuti umanitari

Il problema non riguarda solo i rimpatriati, ma anche le persone in fuga dalle zone calde dell’Afghanistan, dove attentanti e scontri sono all’ordine del giorno. Da gennaio a settembre sono stati registrati 276.000 nuovi sfollati. Una cifra che aumenterà ancora secondo gli esperti e che si somma a oltre un milione di profughi di lunga data. Nel villaggio di Gande Chichma, vicino a Jalalabad, abbiamo incontrato Alam Gul. È venuto qui tre mesi fa, quando ha dovuto abbandonare il distretto di Achin, al confine con il Pakistan. “Dopo i talebani è arrivato Daesh. L’Isil ha bloccato l’intero quartiere di Achin. Negozi e attività sono state completamente chiuse. La maggior parte dei nostri vicini sono stati uccisi o feriti dai miliziani e i loro beni sono stati saccheggiati”, racconta Alam Gul.

Alam e la sua famiglia hanno ricevuto circa 200 euro dall’ONG Danish Refugee Council. Aiuti usati per comprare farina e medicinali. Abbiamo seguito un’operatrice dell’Ong danese anche in un altro quartiere vicino a Jalalabad. Zahra ha incontrato qui una delle famiglie che avevano ricevuto assistenza qualche settiman prima. “E’ importante sapere se il denaro distribuito è abbastanza o no. Noi chiediamo a tutti di dirci se hanno problemi con gli aiuti, se li hanno ricevuti in tempo o no. Chiediamo agli sfollati se incontrano un qualunque tipo di problema”, dice Zahra Stanikzai.

L’Afghanistan non è ancora organizzato per effettuare uno screening delle proprietà da destinare a chi ritorna o a chi si sposta. E i finanziamenti sono insufficienti soprattutto per gestire i rifugiati afghani non registrati.

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