Malta: aborto, un diritto ancora negato. Storie di donne divise tra valori religiosi e voglia di emancipazione

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Di Valérie Gauriat
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A Malta l’aborto è ancora illegale. Chiunque lo pratichi, medico o paziente, rischia da 18 mesi a 3 anni di carcere

Oggi l’aborto in Europa è legale in 25 Stati membri, tra cui l’Italia. L’unico paese europeo che ancora resiste all’introduzione dell’aborto è Malta che non ha ceduto alle pressioni degli altri paesi della comunità. Molte donne sono costrette a recarsi all’estero per effettuare un’interruzione di gravidanza, spesso in centri poco specializzati e in condizioni difficili.

“Avevo 17 anni quando sono rimasta incinta. Ho deciso di andare in Inghilterra per abortire. Qualcosa però è andato storto, a un certo punto mi sono svegliata e volevo scendere dal tavolo operatorio. Hanno detto no e mi hanno rimessa sul lettino. Hanno fatto in fretta a procedere con l’operazione. Il giorno dopo avevo un forte dolore, ero in aereo e ho iniziato a sanguinare, a perdere molto sangue, coaguli di sangue”, racconta una donna.

“Stavo per compiere 44 anni. Ho discusso con mio marito e abbiamo deciso che per il bene dei nostri 4 figli la cosa migliore sarebbe stata quella di abortire. E’ stato molto duro perché non è possibile parlare di questa cosa con chiunque qui a Malta. Bisogna farlo in segreto, come se si facesse qualcosa di veramente sbagliato”, ci fa notare un’altra signora.

A Malta l’aborto è illegale e chiunque lo pratichi, medico o paziente, rischia da 18 mesi a 3 anni di carcere. E’ l’unico paese dell’Unione europea che lo proibisce senza eccezioni.

Valérie Gauriat, euronews: “L’aborto a Malta, è ancora un tabù. Ho passato ore nella mia camera d’albergo cercando di convincere la gente a parlare con noi, soprattutto coloro che vogliono ridurre le pene per l’interruzione di gravidanza. Ci sono gruppi molto attivi sui social network ma è molto complicato.”

Paul Vincenti non ha problemi a parlare. Questo uomo d’affari è il Presidente del movimento Gift of Life a favore della vita. Il suo messaggio è chiaro: “Per me e la maggior parte delle persone qui a Malta, che ritengono che la vita abbia inizio dal concepimento, è impensabile che si possa uccidere un altro essere umano. Ci consideriamo a favore della vita ma non contro l’aborto. E’ sbagliato uccidere un bambino, noi vogliamo solo aiutare una madre che si trova in questa situazione.”

In questo arcipelago del Mediterraneo vivono circa 450.000 persone e la maternità è qualcosa di sacro. Sotto la sorveglianza del Ministero dell’Educazione sono stati istituiti dei centri di sostegno per donne e adolescenti che si trovano ad affrontare una maternità non cercata o voluta. “Il programma aiuta queste giovani a comprendere meglio il loro futuro ruolo di madri, ma anche il loro ruolo di studentesse e donne, le aiuta nelle relazioni con il partner e con la famiglia”, fa notare Melanie Bonavia, responsabile del programma del Ministero.

Deborah Bartolo, è un’insegnante e da 5 anni frequenta uno di questi centri, dove fa la volontaria. “Abbiamo frequentato un programma completo in cui siamo uscite più forti come persone. Credo che ogni vita merita di essere apprezzata. E’ stata solo mia la responsabilità, cosa potevo fare? Se cercate aiuto lo troverete e sarete in grado di sostenere tutto”.

Certo non tutte le donne optano per questa questa strada. Ovvero tenere il loro bimbo. E così decidono di abortire all’estero, nel Regno Unito o in Sicilia, in Italia, paese molto più vicino. Ma niente aborti clandestini, sono rarissimi a Malta, viste le pene molte severe. Per la maggior parte dei medici praticare le interruzioni di gravidanza significherebbe andare anche contro il loro codice deontologico. Per molti ma non per tutti.

“La maggior parte delle persone che sono convinte di abortire alla fine lo fanno. Ho conosciuto donne che hanno viaggiato sedate, con emorragie. Uno dei punti sui quali si può discutere più facilmente è quello sull’aborto negato a donne che sanno già che i loro feti non hanno alcuna possibilità di sopravvivenza. Ho visto nascere bambini con anencefalia, ovvero senza quasi il cervello, oppure piccoli con la sindrome di Edwards, una malattia degenerativa che non lascia scampo. C’erano madri che hanno visto morire i loro piccoli nelle incubatrici. Come si può permettere questo? Come si fa a far finta di nulla?”, sottolinea una Dottoressa.

Eleanor Borg è una psicoterapeuta. Dirige un programma messo a punto dall’organizzazione per la vita “Gift of Life” per sostenere le donne incinte in difficoltà. Ma anche per sostenere le donne che vogliono abortire. Una decisione dove il trauma psicologico è inevitabile. “A Malta l’aborto è illegale perché si ha paura del giudizio altrui, lo dico per esperienza, si ha spesso paura di condividere di aver vissuto un’esperienza come quella dell’aborto. Allora le donne si tengono tutto dentro e non hanno la possibilità di guarire. Un’esperienza nascosta, ma i sintomi del trauma peggiorano nel corso degli anni, con diverse implicazioni sulla loro vita.”

“Si fa tutto tutto di nascosto, per paura delle conseguenze, di ciò che le persone potrebbe pensare specie in una piccola comunità. Ecco questi sono i traumi! Non è una scelta facile e non dobbiamo essere messe in una posizione come quella in cui mi sono trovata io a 17 anni! Ero vulnerabile, avevo paura e mi vergognavo. E’ stata la decisione più giusta allora. Non rimpiango quello che ho fatto”, torna sul tema una delle nostre due testimoni.

“Non mi pento. Sono sempre stata a favore della vita. Non avrei mai pensato potesse accadere anche a me. Ma l’ho fatto. Può accadere a chiunque. Non sono una criminale. Sono una madre molto dolce, l’ho fatto soprattutto perché mi preoccupo per i miei quattro figli”, aggiunge l’altra signora.

Per ora il governo maltese esclude qualsiasi revisione della legge sull’aborto. Anche se il dibattito si sta surriscaldando. “Nel corso degli anni sono nati diversi gruppi di discussione. Anche se il 60% degli abitanti di Malta è contro l’aborto, qualcosa si muove. Alcuni anni fa la percentuale era più alta. Certo entrambi i partiti politici hanno la stessa posizione . Abbiamo bisogno di avere un vero dibattito pubblico. La nostra organizzazione si batte per un cambiamento, lavoriamo per questo”, dichiara Renee Laiviera del National Commission for the Promotion of Equality.

Il Parlamento di Malta ha approvato leggi che consentono le unioni civili per le coppie omosessuali e il diritto di scegliere l’identità di genere. Ma per quanto riguarda l’aborto la sfida è dura. Come abbiamo già ricordato la maternità è sacra a Malta, non solo per un forte credo religioso, come ci ha spiegato Andrea Dibben, una ricercatrice sociale. Pesano anche tradizione e valori di un Paese, parte dell’UE, mai persi.

“Malta è molto piccola. Gli elementi di controllo sociale tendono ad essere molto più pregnanti rispetto a società più grandi. E’ un’isola che è stata colonizzata per 7000 anni. Resta quella di paura di essere invasi, e quando dico invasi non intendo solo un’invasione fisica ma anche un’invasione concettuale. C‘è questa idea che il nostro stile di vita e la nostra identità nazionale potrebbero essere intaccati dalle influenze dei paesi più liberali”, racconta Andrea Dibben.

Non solo aborto. Altro nodo da sciogliere è quello della pillola del giorno dopo. Altra pratica vietata. Francesca ha formato su Facebook un gruppo di donne per discutere di questo tema. “La pillola del giorno dopo, la contraccezione di emergenza, e i diritti delle donne sono temi sui quali dobbiamo discutere”, ci spiega l’amministratrice del gruppo FB, Francesca Fenech Conti.

“Abbiamo bisogno del supporto di più donne, donne che decidono di parlare. Credo che se vogliamo davvero un cambiamento si debba discutere. Al momento le scelte disponibili sono pericolose, perché la maggior parte delle donne, invece di usare metodi di contraccezione di emergenza, come la pillola venduta liberamente in altri paesi, usano la classica pillola contraccettiva per anni, ma anche questa può essere dannosa. Vogliamo avviare un dibattito serio. Speriamo di essere all’inizio di alcuni cambiamenti qui a Malta, per il nostro futuro. Per le donne di Malta”, conclude Francesca.

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