Un raro sistema stellare a 100 anni luce dalla Terra: ecco le scoperte della missione Cheops dell'ESA

L'ESA studia le stelle alla ricerca di esopianeti
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Di Luke Hurst
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Questo articolo è stato pubblicato originariamente in inglese

Una missione spaziale dell'Agenzia europea ha trovato un sistema di risonanza orbitale, che potrà fornirci infor,azioni preziose.

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L'Agenzia spaziale europea (ESA) ha in corso una serie di missioni per scoprire e studiare gli esopianeti, ovvero i pianeti al di fuori del nostro sistema solare.

Una di queste missioni, Cheops (CHaracterising ExOPlanet Satellite), ha scoperto un raro sistema stellare che si trova a circa 100 anni luce di distanza dal nostro pianeta.

Si tratta di una scoperta importante perché, secondo l'ESA, lo studio di questo sistema stellare potrebbe permetterci di capire meglio la formazione e soprattutto l'evoluzione del sistema planetario.

Cheops ha scoperto che la stella centrale, denominata HD110067, ha almeno sei pianeti in orbita e la configurazione orbitale di questi pianeti mostra che il sistema è rimasto in gran parte invariato da quando si è formato, più di un miliardo di anni fa.

"Pensiamo che solo l'uno per cento di tutti i sistemi rimanga in risonanza", ha detto Rafael Luque del dipartimento di astronomia dell'Università di Chicago. Ecco perché HD110067 è speciale e merita ulteriori studi.

A rare family of six exoplanets has been unlocked with the help of ESA’s Cheops mission
A rare family of six exoplanets has been unlocked with the help of ESA’s Cheops missionESA

I cali di luminosità della stella sono stati rilevati per la prima volta dal Transiting Exoplanet Survey Satellite (TESS) della NASA nel 2020. I cali di luminosità sono stati il primo indizio della possibile presenza di pianeti che si frappongono tra la stella e la Terra, alterando la nostra visione della luce.

Inizialmente, gli astronomi pensavano che i dati indicassero la presenza due possibili pianeti, ma due anni dopo, i nuovi dati di TESS hanno suggerito un altro scenatio possibile. "A quel punto abbiamo deciso di usare Cheope", ha detto Luque.

Pianeti in "risonanza orbitale"

I pianeti sono in risonanza orbitale, il che significa che i loro periodi orbitali possono essere espressi come un rapporto di due numeri interi.

Nel caso di HD110067, si è scoperto che il pianeta più esterno impiega 20,519 giorni per orbitare, quasi esattamente 1,5 volte il periodo orbitale del pianeta successivo, pari a 13,673 giorni. Questo, a sua volta, è quasi 1,5 volte il periodo orbitale del pianeta più interno, pari a 9,114 giorni.

Confrontando questi dati con quelli ancora non chiari, il team è stato in grado di identificare la presenza di altri tre pianeti nel sistema.

"Cheope ci ha fornito questa configurazione risonante che ci ha permesso di prevedere tutti gli altri periodi. Senza questi dati fondamentali rilevati da Cheope, sarebbe stato impossibile", ha spiegato Luque.

I sistemi planetari in risonanza orbitale sono molto rari, perché nella stragrande maggioranza dei sistemi l'evoluzione naturale delle orbite planetarie è stata interrotta, a causa per esempio di un pianeta più grande degli altri che influenza quelli più piccoli con il suo maggiore effetto gravitazionale, di un incontro ravvicinato con una stella di passaggio o persino a causa di un impatto su uno dei pianeti.

"Come dice il nostro team scientifico: Cheope fa sembrare ordinarie le scoperte eccezionali. Dei soli tre sistemi risonanti a sei pianeti conosciuti, questo è il secondo trovato da Cheops, e in soli tre anni di attività", ha dichiarato Maximilian Günther, project scientist dell'ESA per Cheops.

Le altre missioni ESA dedicate agli esopianeti sono Plato e Ariel.

Plato, il cui lancio è previsto per il 2026, utilizzerà la sua serie di telecamere per studiare esopianeti simili alla Terra in orbite fino alla zona abitabile di stelle simili al Sole, misurando le dimensioni del pianeta e scoprendo esomoni e anelli intorno ad essi.

Il lancio di Ariel, invece, è previsto per il 2029 e la missione analizzerà la composizione chimica delle atmosfere degli esopianeti.

I risultati delle tre missioni dovrebbero permetterci di saperne di più sugli esopianeti e i loro sistemi.

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