Ursula von der Leyen nell'hub belga dei microchip: no comment sulle restrizioni cinesi

Il Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha visitato venerdì mattina il Centro interuniversitario di microelettronica (IMEC), con sede a Lovanio, in Belgio.
Il Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha visitato venerdì mattina il Centro interuniversitario di microelettronica (IMEC), con sede a Lovanio, in Belgio. Diritti d'autore European Union, 2023.
Diritti d'autore European Union, 2023.
Di Jorge LiboreiroMéabh Mc Mahon
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Questo articolo è stato pubblicato originariamente in inglese

La presidente della Commissione europea si è recata nel Centro interuniversitario di microelettronica (Imec) di Lovanio, finanziato con fondi comunitari. Ma nessuna possibilità di commentare l'ultima decisione sul tema del governo di Pechino

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La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha visitato il Centro interuniversitario di microelettronica (Imec) di Lovanio, in Belgio, con lo scopo di promuovere l'European Chips Act, un'iniziativa legislativa presentata per incrementare la produzione di semiconduttori nell'Ue e raggiungere il 20% della quota di mercato globale entro il 2030.

Un obiettivo complicato

La legge, che entrerà in vigore in autunno, mira a mobilitare oltre 43 miliardi di euro di investimenti entro la fine del decennio, la maggior parte dei quali dovrebbe provenire dal settore privato.

"I chip sono essenziali per le nostre transizioni verdi e digitali e per le nostre economie. La nostra economia non funzionerebbe senza chip", ha dichiarato von der Leyen, parlando accanto al primo ministro belga Alexander De Croo.

Solo pochi giorni fa, tuttavia, la Cina ha colto di sorpresa Bruxelles annunciando restrizioni commerciali sulle esportazioni di gallio e germanio, due metalli utilizzati nella produzione di semiconduttori, microelettronica e smartphone, oltre che di pannelli solari.

La mossa complica i piani europei: si stima che la Cina controlli l'80% della produzione globale di gallio e il 60% di quella di germanio. La Commissione europea ha identificato entrambi i materiali come "strategici" e "critici" per la transizione verde e digitale dell'Unione.

Secondo il Ministero del Commercio cinese, le aziende nazionali che intendono esportare articoli contenenti gallio e germanio dovranno prima ottenere una licenza di esportazione, che il governo centrale potrebbe rifiutare di rilasciare, imponendo di fatto un divieto. Le regole si applicheranno a partire dal primo agosto.

"Dobbiamo promuovere la progettazione, i test e la produzione qui in Europa. Per questo, il Chips Act è un punto di svolta"
Ursula von der Leyen
Presidente della Commissione europea

Nessun commento

Ursula Von der Leyen però non ha risposto alle domande della stampa durante la sua visita all'Imec, evitando del tutto l'argomento durante le sue osservazioni pubbliche e parlando invece del "contesto geopolitico" in modo più generale.

"Dobbiamo ridurre la nostra dipendenza da un numero troppo limitato di fornitori dell'Asia orientale, dobbiamo  ridurre il rischio delle nostre catene di fornitura di chip: è fondamentale", le parole della presidente.

"Dobbiamo promuovere la progettazione, i test e la produzione qui in Europa. Per questo, il Chips Act è un punto di svolta".

La Commissione europea ha dichiarato un'analisi in corso sulla decisione cinese, le sue ripercussioni economiche e la sua possibile incompatibilità con gli standard stabiliti dall'Organizzazione mondiale del commercio (Wto).

Sembra che il governo di Pechino sta diventando disposto a sfruttare la sua posizione dominante sul mercato delle terre rare per vendicarsi delle limitazioni tecnologiche introdotte sempre più spesso dai Paesi occidentali.

Ma le materie prime non possono essere equiparate ai beni ad alta tecnologia, sostiene Jacob Kirkegaard, senior fellow del German Marshall Fund, perché questi ultimi sono molto più sofisticati e difficili da sostituire.

"Il motivo per cui la Cina è così dominante in questi materiali non è perché si trovano solo in Cina, ma perché la Cina ha sempre sovvenzionato pesantemente la loro estrazione e produzione. Quindi ha semplicemente messo fuorigioco il resto del mercato", spiega Kirkegaard a Euronews. "È chiaro che si tratta di una dichiarazione politica da parte della Cina, ma è anche miope perché le costerà quote di mercato nel medio termine".

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