I soldi dell'Ue per tenere i migranti lontani

I finanziamenti dell'Unione ai Paesi terzi comprendono spesso le operazioni di ricerca e salvataggio in mare
I finanziamenti dell'Unione ai Paesi terzi comprendono spesso le operazioni di ricerca e salvataggio in mare Diritti d'autore AP Photo/Joan Mateu Parra
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Di Vincenzo Genovese
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L'accordo annunciato con la Tunisia è l'ultimo di una lunga serie: ma i fondi europei destinati ai Paesi stranieri per la gestione dei flussi sono complicati da conteggiare e possono finaziare violazioni di diritti umani

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La politica migratoria europea procede spedita nella direzione dell'esternalizzazione.

L'ultimo accordo con un Paese straniero per controllare i flussi è quello annunciato  con la Tunisia, che verrà firmato a breve: nel quadro di un'intesa complessiva, ci saranno 105 milioni di euro per il controllo dei confini, le operazioni di ricerca e salvataggio in mare ed il rimpatrio di persone migranti nel Paese.

La partnership strategica con Tunisi è stata presa a modello dai leader europei, che sperano di svilupparne altre simili in futuro. Ma già ora l'Unione elargisce parecchio denaro in giro per il mondo per progetti legati alla gestione delle migrazioni: il problema è tenere traccia di tutti i finanziamenti, sia per le differenti linee di budget a cui afferiscono, sia per la difficoltà di affettuare un monitoraggio efficace del loro utilizzo.

"È fondamentalmente impossibile per chiunque capire cosa sta finanziando l'Ue e dove"
Sergio Carrera
Ricercatore del Centre for European Policy Studies

Un problema, tanti fondi diversi

“Il panorama dei fondi europei per la migrazione è ampio, frammentato ed estremamente complesso", spiega a Euronews Sergio Carrera, ricercatore senior del Centre for European Policy Studies.

Nel bilancio pluriennale dell'Unione sono dedicati al tema il Fondo asilo e migrazione (Fami, da 10 miliardi) e l'Integrated Border Management Fund (7 miliardi): finanziano  programmi specifici sia nei Paesi dell'Unione che all'esterno.

Poi ci sono i fondi per i Paesi del vicinato e quelli per la cooperazione allo sviluppo, non di rado impegnati in progetti legati alle migrazioni. Che infatti sono menzionate al terzo punto della European Neighbourhood Policy, la strategia dell'Ue per le relazioni con i suoi vicini. 

Il risultato è una matassa difficile da sbrogliare: "Diventa fondamentalmente impossibile per chiunque capire cosa finanzia l'Ue e dove. E soprattutto riconoscere l'impatto di questi fondi hanno sul rispetto dei diritti umani, lo stato di diritto e la democrazia", spiega l'esperto.

Concorda sul punto anche Tineke Strik, eurodeputata olandese del gruppo Verdi/Ale: "C'è una grande diversità di linee di finanziamento, che rende molto complicato anche per noi tenere traccia di dove vanno a finire i soldi".

Strik cita ad esempio la cooperazione con gli Stati dei Balcani occidentali (Serbia, Albania, Montenegro, Macedonia del Nord, Bosnia-Erzegovina e Kosovo), che possono spendere nella gestione delle migrazioni fino al 10% dei fondi ricevuti in quanto Paesi candidati all'accesso all'Ue.

Soldi per tutti

Proprio i 60 milioni di euro per un "paccheto migratorio" destinato ai Balcani occidentali, composti da 54 milioni per controllo delle frontiere e gestione dei flussi e sei milioni per la lotta ai trafficanti, figurano tra i finanziamenti specifici menzionati in una recente lettera della presidente della Commissione Ursula von der Leyen ai governi dell'Ue prima dell'ultimo Consiglio europeo.

Con molti altri Paesi, non necessariamente vicini all'Unione, ci si concentra sulla prevenzione delle partenze e sugli accordi di riammissione dei migranti rimpatriati.

La dote per Egitto e Marocco, altri due Paesi partner del Nord Africa come la Tunisia è rispettivamente di 120 e 152 milioni di euro, mentre alla Nigeria sono già andati 28,4 milioni per la governance delle migrazioni e "altri fondi saranno considerati" in caso di esito positivo dei negoziati per gli accordi di rimpatrio.

In Asia, Pakistan e Bangladesh ricevono rispettivamente 59 e 55 milioni: i loro cittadini rientrano nella top 10 delle nazionalità più richiedenti fra i richiedenti asilo e l'Ue prova a risolvere la questione finanziando programmi di formazione e di reinserimento delle persone rimpatriate dall'Europa (oltre a 30 milioni di euro specificamente previsti per i rifugiati di etnia Rohingya).

Un quadro già ricco, ma non certo esauriente: il singolo esborso più grosso rimangono i sei miliardi destinati alla Turchia dal 2016 al 2023, a seguito di un accordo molto contestato e comunque rinnovato.

"Secondo l'Onu, l'Unione europea contribuisce con i suoi soldi ai crimini contro l'umanità"
Tineke Strik
Eurodeputata dei Verdi/Ale

Libia: una situazione critica

Una delle situazioni più complicate riguarda la Libia: 90 milioni di euro erogati tra il 2021 e il 2022 e altri 95 promessi dal commissario Olivér Várhelyi. Dal 2017 è attiva la missione Sibmmil ("Support for Integrated Border and Migration Management in Libya), realizzata dal ministero dell'Interno italiano, che prevede la consegna di cinque navi per operazioni di ricerca e soccorso in mare e l'addestramento della Guardia costiera libica, un organismo opaco, accusato di gravi violazioni dei diritti umani anche da un rapporto delle Nazioni Unite.

L'Unione, tuttavia, continua di fatto a finanziarla, soprattutto tramite l'Italia: "La Commissione fornisce navi alla Guardia costiera libica per intercettare più migranti e riportarli nei centri di detenzione libici", afferma Tineke Strik.

"Il rapporto della missione di maggio delle Nazioni Unite è molto chiaro: la Guardia costiera libica e altre entità statali finanziate dall'Ue sono strettamente coinvolte in crimini contro l'umanità, nel contrabbando, nella tratta di esseri umani e nella schiavitù. Mantengono persone in carcere, le torturano per ricattare i famigliari e ottenere riscatti e traggono enormi profitti dalla tratta di esseri umani". 

La conclusione della missione delle Nazioni Unite, secondo la deputata, è lapidaria: "L'Unione europea conribuisce con i suoi soldi ai crimini contro l'umanità".

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Il monitoraggio, del resto, è complicato proprio dalla mancanza di trasparenza nei flussi di denaro: "Quando chiediamo informazioni alla Commissione, ci risponde che tocca all'Italia monitorare. L'Italia dice che tocca a qualcun altro..."

Alla Libia, e al Nord Africa in generale, intanto arriveranno presto altri finanziamenti. La Commissione è pronta a stanziare 40 milioni per combattare le reti criminali nella regione, nell'ambito delle sue partnership anti-trafficanti. 

In totale, ci sono a disposizione 208 milioni di euro all'anno dal budget europeo per "affrontare le sfide migratorie" nella regione, ma vista la pressione degli ultimi mesi l'esecutivo comunitario spingerà per aumentare i finanziamenti e nel 2023 si aspetta di raggiungere i 318 milioni.

 Con la speranza che tutti questi soldi non si trasformino in un boomerang.

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