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FIFDH: la lotta per i diritti umani attraverso il cinema

FIFDH: la lotta per i diritti umani attraverso il cinema
Diritti d'autore 
Di Wolfgang Spindler
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Emancipazione femminile, lotta per la democrazia, o per la sopravvivenza... A Ginevra si è chiusa la diciassettesima edizione del Festival del film sui diritti umani

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Il Festival del film e Forum internazionale sui diritti umani a Ginevra è il maggiore evento legato al cinema e ai diritti umani nel mondo.

Quest'anno ad aggiudicarsi il premio per il miglior documentario è stato "Delphine et Carole: Insoumuses" della francese Callisto McNulty. La regista è la nipote di una delle due protagoniste del film, la svizzera Carole Roussopoulos. Lei e la francese Delphine Seyrig furono le prime video attiviste in Francia, dove documentarono il movimento femminista, usando la camera per riappropriarsi dell'immagine delle donne, sottraendola all'interpretazione maschile e patriarcale. "Penso che le loro lotte passate - ci dice McNulty - diano luce alle nostre lotte presenti. Si riflettono su quel che accade oggi. Volevo anche mostrare che si può imparare molto da quelle lotte".

Nella sezione fiction è stato premiato "Il ragazzo che catturò il vento", del britannico Chiwetel Ejofor, che non è potuto essere presente alla cerimonia di premiazione. A ritirare il premio per lui è stata l'attrice Aïssa Maïga, che nel film interpreta la madre del protagonista, WIlliam, un ragazzo del Malawi che, per salvare gli abitanti del suo villaggio dalla siccità, costruisce una pompa elettrica alimentata da un mulino a vento. È l'esordio da regista per l'ex candidato all'Oscar. Per Maïga "Nel lavorare con un attore che passa alla regia c'è un qualcosa in più, perché siamo fra attori, ci si conosce. Sappiamo esattamente quali sono i meccanismi necessari per funzionare. Un attore regista ci tiene a estrarre dall'attore che ha davanti a sé quello che sa essere là dentro".

Il premio dell'Organizzazione mondiale contro la tortura è andato a "Congo Lucha" di Marlène Rabaud. La regista francese ha seguito per due anni LUCHA, un movimento di giovani che lottano in modo non violento per costruire un futuro democratico per il Congo. Giovani che rischiano ogni giorno il carcere, la tortura e la morte. Qui le condizioni per girare non sono sempre ideali, installare comodamente la telecamera su un treppiede non è la norma, spiega Rabaud, "Ma è questo che rende le sequenze molto vive. Si è costretti a muoversi, a seguire il movimento. Questa camera è fluida, è libera, è in modalità automatica per seguire i momenti dell'azione... I movimenti sono la vita".

Il palmarès integrale del festival

Journalist • Selene Verri

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