La Corte internazionale di giustizia deve emettere un parere, chiesto dall'Assemblea generale dell'Onu, sulla legalità dell'occupazione israeliana dei Territori palestinesi
La Corte internazionale di giustizia delle Nazioni Unite ha iniziato lunedì le udienze sulla legalità della situazione nei Territori occupati palestinesi, a poche settimane dall'esame del caso di genocidio a Gaza aperto contro Israele.
Ad adire la Corte de L'Aia è stata questa volta l'Assemblea generale delle Nazioni Unite che ha chiesto un parere sulla questione, che non è vincolante e potrebbe richiedere alcuni mesi.
Una delle questioni all'esame dei giudici internazionali, in questi sei giorni di sessione, consiste nelle "conseguenze della persistente violazione del diritto all'autodeterminazione del popolo palestinese e dell'occupazione, della colonizzazione e della prolungata annessione del territorio palestinese da parte di Israele".
Al-Maliki alla Corte di giustizia: "L'occupazione deve finire"
"Un palestinese può trascorrere l'intera vita come rifugiato" ha denunciato in aula il ministro degli Esteri dell'Autorità nazionale palestinese, Riyad Al-Maliki "e vedere i propri cari gettati nelle carceri israeliane e trattenuti a tempo indeterminato e la propria terra rubata, colonizzata e annessa".
"L'occupazione deve terminare senza condizioni" e così "il genocidio in corso" a Gaza, ha proseguito Al-Maliki.
"Ciò che rende illegale l'occupazione israeliana" dei Territori palestinesi è il suo "carattere permanente" ha dichiarato nel dibattimento il legale della parte palestinese, Paul Reichler, che ha preso come esempio l'annessione di fatto di Gerusalemme Est e di parti della Cisgiordania.
Già nel 2004, la Corte si è pronunciata in materia stabilendo che la barriera di separazione costruita da Israele in Cisgiordania viola il diritto internazionale.
Fuori dalla Corte, si sono radunate in protesta alcune decine di manifestanti pro Palestina, così come a fine gennaio, quando i giudici hanno ordinato a Israele di adottare delle misure cautelari per prevenire un genocidio dei palestinesi.