Centinaia di manifestanti sono scesi in piazza per protestare contro l'accordo tra il Psoe e Junts che prevede l'indulto per i protagonisti della tentata secessione catalana del 2017 in cambio dell'appoggio per un nuovo governo Sanchéz
Feroci proteste sono scoppiate in diverse città spagnole giovedì a seguito dell'accordo tra il Partito socialista spagnolo (Psoe) e i separatisti catalani di Junts per Catalunya. Decine di manifestanti si sono scontrati con la polizia in quella che è la quarta notte di protesta davanti alla sede del Partito Socialista Spagnolo.
Bottiglie, lattine di birra e fuochi d'artificio sono stati lanciati contro un cordone di agenti che proteggeva la sede del partito e gli agenti hanno usato manganelli sulla folla per interrompere le proteste.
Le sommosse sono iniziate dopo che il partito di Pedro Sánchez ha raggiunto un accordo con una frangia del partito separatista catalan****o per concedere un'amnistia ai protagonisti della tentata secessione della Catalogna nel 2017 in cambio dell'appoggio per formare un nuovo governo.
Le critiche più dure sono arrivate dai leader dell'opposizione che hanno accusato il premier di "ignorare la legge e la giustizia" pur di rimanere al potere.
Alberto Nuñez Feijóo, capo del Partito Popolare, ha detto che l'accordo tra i partiti è "vergognoso e non risolverà alcun problema, ma li aggraverà".
Mentre il capo del partito di estrema destra Vox, Santiago Abascal, ha detto che sta per "inizare un periodo nero nella storia della Spagna".
"È un colpo di stato contro la nazione, contro la democrazia e contro la legge".
Un nuovo governo di Sánchez
L'accordo è stato firmato il 9 novembre a Bruxelles dai rappresentanti del Partito socialista spagnolo e del partito indipendentista catalano Junts per Catalunya e apre le porte a una nuova investitura di Sánchez, che ha bisogno dei voti dei parlamentari catalani per ottenere un altro mandato.
La coalizione deve essere formalmente approvata entro il 27 novembre e, in caso contrario, sarà fissata una nuova elezione per metà gennaio. Sánchez ha ancora bisogno dell'appoggio di un piccolo partito basco.
L'accordo raggiunto a Bruxelles punta a "aprire una nuova tappa" e "risolvere il conflitto" innescato dal tentativo di secessione da parte della Catalogna nel 2017, come ha spiegato il firmatario per i socialisti Santos Cerdán.
Per farlo si includono un patto di collaborazione politica che duri tutta la prossima legislatura, e una legge di amnistia per i protagonisti della tentata secessione, che includa sia gli esponenti politici che i cittadini che hanno partecipato alla consultazione del 2014 e al referendum indipendentista del primo ottobre 2017.
È proprio questo il punto più indigesto per i critici dell'accordo: i partiti di destra annunciano un'opposizione decisa, con il Partido popular che lo definisce una "delegittimazione della democrazia", per usare le parole della sua segretaria Cuca Gamarra.
Anche l'Unione europea è intervenuta sul tema, con una lettera indirizzata dal commissario europeo alla Giustizia, Didier Reynders, ai ministri spagnoli Félix Bolaños Pilar Llop, chiedendo informazioni sulla legge di amnistia, che potrebbe generare "serie preoccupazioni".
Accordi e differenze
L'intesa, comunque, non elimina le differenze fra i socialisti, fermamente contrari all'indipendenza, e i secessionisti catalani. Nel testo del patto si legge infatti che i partiti si accordano per garantire l'investitura di Sánchez "nonostante profonde differenze" e una "mutua diffidenza".
Da un lato, Junts per Catalunya riconosce il risultato del referendum separatista, e la conseguente dichiarazione di indipendenza del 27 ottobre 2017. Dall'altro il Psoe nega ogni legittimità alla consultazione e "respinge qualsiasi azione unilaterale". Nonostante ciò, i due partiti si impegnano a "raggiungere accordi importanti senza rinunciare alle rispettive posizioni".
Oltre alla legge di amnistia e al sostegno all'investitura di Sánchez, socialisti e indipendentisti hanno concordato un meccanismo per sviluppare i negoziati tra loro, l'obiettivo di raggiungere accordi specifici sulle aspirazioni della società catalana e una serie di modifiche sulla condizione dell'autonomia catalana. L'accordo sembra più una cornice, con molti dei contenuti ancora da definire.
"Entreremo in una fase inedita, che dovrà essere esplorata e sfruttata. Una fase il cui percorso e la cui ambizione dipenderanno in gran parte da noi, dalla nostra capacità di utilizzare gli strumenti concordati, ai quali non abbiamo messo nessun limite se non la volontà del popolo catalano", le parole di Carles Puigdemont da Bruxelles dove è scappato dopo il fallito referendum.
Il futuro politico della Catalogna, tuttavia, rimane oggetto di scontro: Junts proporrà un nuovo referendum di autodeterminazione, questa volta secondo i dettami dell'Articolo 92 della costituzione spagnola. Il Psoe invece punta al pieno sviluppo dello Statuto catalano del 2006, una legge autonoma contestata e sospesa dal Tribunale costituzionale spagnolo.