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Testimoni oculari anche altre due reclusi

La perquisizione non può sfociare in violenza fisica
La perquisizione non può sfociare in violenza fisica
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Di ANSA
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(ANSA) - ROMA, 04 LUG - E' stata confermata dalla Cassazione la condanna per lesioni a carico di un vice ispettore della polizia penitenziaria per aver picchiato pesantemente un detenuto inerme nel carcere 'Marassi' di Genova, in concorso con un assistente capo verso il quale si è proceduto separatamente. Senza successo, la difesa dell'imputato - Salvatore G., genovese di 42 anni - ha provato a sostenere che non si era trattato di una aggressione violenta ai danni di Dziri S. - questo il nome della vittima - ma "dell'esercizio di un dovere di perquisizione, sconfinato involontariamente in lesioni a causa del comportamento di opposizione" assunto dal detenuto. Al vice ispettore della polizia penitenziaria, è contestato di aver condotto il detenuto nella stanza delle perquisizioni "dopo averlo fatto denudare, dapprima colpendolo con schiaffi in faccia, poi dopo che la vittima si era rannicchiata a terra con le braccia sulla testa per proteggersi dai colpi" gli aveva sferrato "calci sulla schiena, sulla testa e sul braccio sinistro". Il pestaggio aveva causato lesioni, edema, escoriazioni, eritema, con circa venti giorni di prognosi. Ad avviso degli 'ermellini', "la tesi dell'adempimento del dovere non riesce ad estendersi alla condotta effettivamente addebitata all'imputato, perchè, anche a voler ammettere che la perquisizione fosse legittima, è la successiva, violenta aggressione fisica contro un soggetto inerme (riferita anche da due testimoni oculari esterni di cui l'imputato sembra dimenticarsi) a non trovare alcuna giustificazione". (ANSA).

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