In Tunisia ancora scontri per le strade tra lockdown e rimpasto di governo

La scena dopo la notte di scontri a Ben Arous, Tunisia, domenica 17 gennaio 2021
La scena dopo la notte di scontri a Ben Arous, Tunisia, domenica 17 gennaio 2021 Diritti d'autore Hassene Dridi/Copyright 2021 The Associated Press. All rights reserved.
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Di Lillo Montalto Monella
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Questi delinquenti sono il risultato del fallimento della politica, secondo una delle voci raccolte nel quartiere. 10 anni dopo le proteste che hanno incendiato il mondo arabo, poco o nulla è cambiato per la maggior parte dei tunisini.

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Terza notte consecutiva di scontri in Tunisia tra giovani e forze di sicurezza.

I disordini sono scoppiati nell’ultima delle quattro notti di lockdown decise dal governo per frenare l’epidemia di Covid nel Paese.

In diverse città, inclusa la capitale Tunisi e la località turistica Susa, gruppi di giovani hanno lanciato pietre, petardi ed oggetti contundenti verso gli agenti. Sono state decine gli arresti, per lo più ragazzi tra i 14 e i 17 anni.

I giovani hanno sfidato il coprifuoco notturno, già in vigore prima di questo mini-lockdown, e che per 4 giorni è stato esteso anche alle ore pomeridiane a partire dalle 16. Le forze di sicurezza hanno risposto sparando gas lacrimogeni per disperdere i gruppi di giovani.

I tumulti sono iniziati giovedì scorso, in occasione del decimo anniversario del rovesciamento del presidente Ben Ali, che nel 2011 aprì la stagione della cosiddetta "primavera araba".

Questa volta però tra le strade tunisine non si sono sentiti slogan di natura politica, come 10 anni fa.

Tra copertoni dati alle fiamme e negozi saccheggiati, nel quartiere operaio di Ettadhamen, alla periferia di Tunisi, i residenti bollano i giovani riottosi come “adolescenti annoiati”.

Questi delinquenti sono il risultato del fallimento della politica, secondo una delle voci raccolte nel quartiere dall’agenzia AFP.

10 anni dopo le proteste che hanno incendiato il mondo arabo, poco o nulla è cambiato per la maggior parte dei tunisini.

L’anno scorso, il PIL è diminuito del nove per cento, mentre i prezzi al consumo sono aumentati vertiginosamente. Qui in Tunisia un terzo dei giovani è disoccupato, e il settore turistico, già in ginocchi dopo gli attacchi jihadisti del 2015, ha subito un colpo devastante dalla pandemia.

In Tunisia si sono finora registrati 180mila casi di positività al coronavirus e 5.600 decessi.

Nel weekend costellato di scontri, il premier Hichem Mechichi ha nominato 12 nuovi ministri, tra cui quello degli interni e quello della Sanità. Un rimpasto di governo voluto per cercare di arginare la crisi economica e far passare le necessarie riforme strutturali per evitare la bancarotta.

Le elezioni del 2019 hanno restituito un parlamento frammentato e il governo non gode del necessario sostegno politico per incidere. Si tratta del nono esecutivo in 10 anni.

La crisi sanitaria ha fatto sprofondare un numero ancor maggiore di tunisini nella miseria. 

Un numero crescente di giovani qui non vede più alcun futuro nella propria terra e crede che l’unica soluzione sia quella di andarsene.

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